Raffinata e, nel contempo, popolare è l’arte delle icone russe; ieratica e toccante. Da qui è inevitabile iniziare per raccontare della magnifica mostra “Divine e Avanguardie. Le donne nell’arte russa” allestita al Palazzo Reale di Milano. Dalla Madonna, madre dolente, amorosa e benedicente, e dalle sante della straordinaria devozione degli umili alle contadine di una sterminata terra, dalle zarine alle operaie e alle intellettuali, si dipana un fascinoso viaggio nell’universo femminile del Paese di Dostoevskij e Tolstoj.
Non vi è scarto, in fondo, fra la Madonna Odigitria Smolenskaja del XV secolo (tempera su tavola, 58 x 47,2 x 2,8 cm) alle Ragazze nel campo (1928-29, olio su tela, 106 x 125 cm) del geniale Kazimir Severinovič Malevič, o fra la Madonna della Tenerezza della prima metà del XV secolo (tempera su tavola, 124 x 98 x 3,3 cm) e la Mietitrice (1928, olio su tela, 85 x 106 cm) di Aleksej Pakhomov. Peraltro il soggetto non è solo “passivo”, dal momento che le artefici presenti in mostra non sono affatto trascurabili per numero né per qualità. Di clamorosa levatura e valentia sono: Zinaida Evgen’evna Serebrjakova, con il superbo affollamento di nudi femminili in Banja (1913, olio su tela, 136 x 177 cm), una scena di grande sapienza compositiva e di soffuso erotismo, o il magistrale delicatissimo Paesaggio invernale (Il villaggio di Neskučnoe) (1910, tempera su carta, 56 x 47 cm); Marija Konstantinovna Baškirceva, con l’impressionistico Ombrello (1883, olio su tela, 93 x 74 cm); Natal’ja Sergeevna Gončarova, con Fabbrica (Futurismo) (1912, olio su tela, 102,5 x 80 cm), opera che volge lo sguardo al nuovo mondo che si prospetta (nelle speranze foriero di emancipazione e progresso: sarà una delusione?).
Tradizione e sperimentazioni si avvicendano in un cammino artistico oltremodo ricco e in un itinerario storico-sociale tormentato, culminato poi nella Rivoluzione del 1917, che spazzò via il vecchio mondo. L’arte si adegua, anticipa, preconizza, sottolinea... “Kazimir Malevič è uno dei più lucidi interpreti dei difficili cambiamenti. Si rende conto che il Suprematismo, avviato a metà degli anni Dieci, non è più la forma idonea per comunicare con il nuovo pubblico della Russia post-rivoluzionaria (operai e contadini), e torna a immagini riconoscibili. Nasce il Supronaturalismo, definizione che Malevič stesso indica sul retro della cornice delle Ragazze nel campo: dipinti figurativi in cui personaggi non sono ritratti in modo realistico, ma proiettati fuori da un tempo e un luogo definiti”.
Autentici capolavori sono le tre opere di Boris Kustodiev: Lillà (1906, olio su tela, 108 x 126,5 cm), Mattino (1904, olio su tela, 183 x 136 cm), Bagnante (1921, olio su tela, 62,4 x 72 cm): il primo carico di simbolismo, il secondo di amorevolezza, l’ultimo di sensualità; tutti di una sublime e lucente vaporosità. Commuove il Ritratto di Anna Achmatova (1922, olio su tela, 54,5 x 43,5 cm) di Kuz’ma Petrov-Vodkin: una intensità struggente si sprigiona dallo sguardo che la poetessa rivolge all’osservatore. Colpiscono potentemente anche Modella sullo sfondo di drappeggio azzurro (1940 circa, olio su tela, 190,7 x 105,2 cm) di Vladimir Malagis, Maternità (1937, olio su tela, 100 x 80 cm) di Kliment Red’ko e La madre (1915, olio su tela, 106,5 x 107,4 cm) di Boris Grigor’ev.
La mostra è divisa in otto sezioni, che comprendono una novantina di opere, per lo più mai esposte in Italia, provenienti dal Museo di Stato Russo di San Pietroburgo: Il cielo-La Vergine e le Sante; Il Trono-Zarine di tutte le Russie; La Terra-L’orizzonte delle contadine; Verso l’indipendenza-Donne e società; La Famiglia-Rituali e convenzioni; Madri-La dimensione dell’amore; Il Corpo-Femminilità svelata; Le Artiste-Realismo e amazzoni dell’avanguardia.
In quest’ultima sezione entriamo peraltro nel cuore della creatività prettamente femminile, non mediata: «Come i colleghi maschi (Kandinskij, Malevič, Tatlin e altri) le donne russe hanno offerto un contributo enorme all’arte mondiale. Con Natal’ja Gončarova (1881-1962) raggiunge il culmine l’ondata particolarmente vivace di creatività delle donne artiste russe negli anni Dieci e Venti del Novecento, alla ricerca del “nuovo” e del “radicale” nell’arte di cui era carica tutta l’avanguardia russa. Come i colleghi uomini, anche la maggior parte delle donne artiste in Russia approfondisce la ricerca delle proprie radici culturali, che, pur essendo conosciute fin dall’infanzia, erano state in parte dimenticate negli anni del fervore dell’infatuazione per le tendenze europee. Verso l’inizio degli anni Dieci le icone, gli intagli su legno, le decorazioni sui telai, le stampe popolari (“lubki”) diventano oggetto di ispirazione, imitazione e collezionismo. Prende corpo una variante tipicamente russa del Neoprimitivismo, orientata sull’arte popolare, sulle tradizioni nazionali e sulla creatività dell’infanzia. Questa esperienza lascia un’impronta particolarmente profonda nell’opera di Natal’ja Gončarova, discendente da una nobile famiglia imparentata con il poeta Alexsandr Pushkin, senza dubbio una delle personalità artistiche più intense e originali sulla scena delle avanguardie europee. Gli alberi e le piccole figure umane nel suo quadro monocromo Inverno (1908) sono dipinti appositamente con scarsa abilità, come accade nei disegni dei bambini o in quelli dei telai. Nello stesso periodo viene finalmente organizzata a Mosca e a Leningrado una mostra di opere di Zinaida Serebrjakova, in precedenza a lungo vietata a causa della sua partenza nel 1924 per la Francia. Gradualmente, a partire dagli anni Ottanta iniziano a comparire nelle sale dei musei e nelle mostre lavori delle artiste dell’avanguardia. I nomi di Natal’ja Gončarova, Ljubov’ Popova, Ol’ga Rozanova, che avevano stupito tutti per la loro audacia, la grandezza e la profondità delle scoperte fatte nel campo della creatività. Come altre colleghe Ol’ga Rozanova (1886-1918) muove i primi passi nell’ambito del Neoprimitivismo, per poi dare vita a una originale forma di astrattismo. […] Dopo avere assimilato i fondamenti delle correnti europee più innovative, Aleksandra Ekster, Nadežda Udaltsova e Ljubov’ Popova danno vita a una originale versione del Cubismo, che in Russia viene chiamato Cubo-Futurismo: ciascuna di loro ha avuto la capacità di superare i confini della corrente, andando alla ricerca di una propria espressione. […] Aleksandra Ekster (1882-1949) già nel 1908 è a Parigi, dove conosce Picasso e Braque e stringe amicizia con i coniugi Delaunay. Il colore luminoso unito alla musicalità, tipico della pittura “orfista” di Sonia Delaunay Terk (che era di origine ucraina), entrano nello stile della Ekster, arricchendola di una semplicità di gusto popolare. Città di notte (1913) è uno straordinario esempio di combinazione di cubo-futurismo, orfismo e astrazione. Sofja Dymšits-Tolstaja (1889-1963) sviluppa una specifica ricerca sui materiali: lavora in modo audace ed efficace con il vetro, creando originali vetrate con tematica e stilistica sovietica. La composizione Circo (1921) è eseguita in forma astratta con l’uso della tela, della sabbia e del bitume. Nel 1932 una disposizione del Partito vieta tutti gli stili e le correnti: il realismo socialista viene scelto come espressione ufficiale dell’Unione Sovietica, non dissimile dalla retorica di regime prediletta dal nazismo e dal fascismo. Anche le donne artiste, insieme agli uomini, sono costrette a scegliere di “rimodernarsi” oppure di uscire di scena, limitandosi a un’attività privata. Una condizione che ha condizionato gli artisti in Unione Sovietica fino alla metà degli anni Sessanta».
La chiusura della mostra è segnata dal modello della gigantesca celebre scultura di Vera Ignat’evna Muchina, L’operaio e la kolkoziana, una sorta di manifesto tridimensionale/simbolo dello Stato sovietico, creata per il padiglione dell’URSS all’Esposizione Internazionale del 1937 a Parigi. “In vista dell’Esposizione Universale di Parigi (per la quale Picasso realizzerà Guernica) si tenne un concorso a porte chiuse per scegliere lo schizzo della composizione scultorea per il padiglione sovietico. Vinse il progetto di Muchina, grazie alla espressiva e chiara sagoma delle due figure che reggono rispettivamente il martello e la falce, con un movimento concorde e rapido in orizzontale. In tempi straordinariamente brevi, dal modello venne ricavato l’ingrandimento definitivo” (la fusione avvenne in acciaio inossidabile, per la prima volta usato in scultura). “All’Expo di Parigi del 1937 il padiglione della Russia si trovava proprio di fronte a quello tedesco, su cui troneggiava l’aquila nazista: i due più assoluti totalitarismi del Novecento si guardavano a pochi metri uno dall’altro”.
La parola, infine, a Domenica Piraina, direttore di Palazzo Reale: «Queste artiste non solo dipinsero, ma teorizzarono, esposero, riscossero successo, viaggiarono all’estero, diressero istituzioni culturali. Pensando ai loro notevoli contributi artistici si potrebbe rispondere alla celebre domanda di Linda Nochlin “Perché non ci sono state grandi artiste?” con un’altra domanda “Perché ci sono state grandi artiste nella Russia delle avanguardie”? […] La centralità delle artiste nei movimenti russi di avanguardia è stata considerata come un fenomeno eccezionale soprattutto se confrontato con la condizione immota delle donne nelle avanguardie occidentali (uno per tutti, “il disprezzo della donna” teorizzato da Marinetti). Queste donne volitive, tenaci e indipendenti non formarono un gruppo e tra di loro non simpatizzarono; eppure rappresentarono, facendo leva sulle loro qualità morali e estetiche, un avamposto della pittura russa che senza il loro contributo non avrebbe raggiunto l’importanza che le è stata tributata».
Alberto Figliolia
Divine e Avanguardie. Le donne nell’arte russa, a cura di Evgenija Petrova e Josef Kiblitskij. Promossa e prodotta da Comune di MilanoCultura, Palazzo Reale e CMS Cultura. Palazzo Reale, Piazza Duomo 12, Milano. Fino al 12 settembre 2021.
Info: tel. 0292800375; e-mail info@divineavanguardie.it; siti Internet www.divineavanguardie.it e www.palazzorealemilano.it; facebook.com/palazzorealemilano/ e facebook.com/cmscultura; #divineavanguardie e #mostradonne.
Orari di apertura: lunedì chiuso; dal martedì alla domenica 10-19:30; ultimo ingresso un’ora prima della chiusura Da martedì a venerdì la prenotazione è consigliata; sabato, domenica e festivi la prenotazione è obbligatoria e non può essere effettuata lo stesso giorno della visita.
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