Maria Lanciotti
Anima periferica
Le bambine raccontano
e altre dispa(e)rate storie
Edizioni Controluce, 2021, pp. 167, € 14,00
Anima periferica è un libro corale di brevi racconti da leggere e rileggere che, una volta terminata la lettura, non ti abbandonano. Le parole di Maria Lanciotti lasciano scie in grado di proseguire il volo generando illuminazioni successive, inattese, capaci di attraversare tunnel oscuri e nascosti.
Lo stile scorrevole di chi non ha bisogno di dilungarsi in spiegazioni riesce con poco a mostrare gli snodi fondamentali delle storie, trasportando fin da subito nel mondo dei personaggi, rendendoci partecipi di come questi conoscono se stessi.
I numerosi racconti che compongono la raccolta potrebbero essere definiti fast fiction: molto corti e in grado di contenere la complessità di uno o più personaggi e la trama. Leggendo insieme “I brevissimi” ci si sente sospinti da una corrente gentile e sapiente che a volte culla, altre procede per brusche svolte attraversando un percorso insolito, ruvido, a volte sognante.
Le voci formano una narrazione molteplice che spazia nel tempo e tra luoghi differenti, dal quartiere Mirafiori a un campo rom a un ospedale. Nella prima parte del libro, “Le bambine raccontano”, l'autrice narra con linguaggio che rimanda alla semplicità, all'esperienza diretta dell’infanzia, il punto di vista delle bambine, le loro soggettività.
Le esperienze di bambine, ragazze e donne, nelle loro diversità, tendono ancora oggi ad essere marginalizzate anche in letteratura. La società deve attraversare un processo di alfabetizzazione delle complessità e molteplicità che le voci di autrici sono in grado di apportare al sistema culturale.
Leggendo i racconti delle bambine si viene catapultati in un’orchestra viva, impegnata in tonalità intime e potenti; cosa pensa la bambina mentre i genitori discutono in cucina? Tra favola e realismo l’autrice ci fa entrare fin dalle prime parole nei mondi emotivi nascosti delle protagoniste, impervi perché considerati non rilevanti, a volte inesistenti, dalle persone che le circondano.
Le bambine hanno un mondo segreto di sogni e pensieri; la loro energia è potente, coraggiosa, brada e deve fare i conti con un'oppressione proveniente da ogni parte e intenta a negare, minare proprio questa forza vitale. Le protagoniste si muovono tra ingenuità e ribellione, condiscendenza e desiderio, sacrificio e sogno.
«Sono nata prematura e senza il minimo preavviso, mamma quasi non se ne accorse, e rimessa alla volontà del cielo. Mi avvolsero nella bambagia e mi spruzzarono con l’acqua benedetta per salvarmi almeno l’anima disperando di salvarmi la vita».
Il futuro della bambina del racconto “Sposa monaca” si dovrà muovere lungo un percorso predestinato, come dice lei stessa; in quanto terza figlia femmina verrà trasferita presso un ordine di suore. Lei accetta immediatamente la scelta fatta dai genitori scorgendovi grandezza e riparazione. Un giorno chiede a madre Luisa come avvenne il momento del suo sposalizio con il divino e, dopo aver ascoltato la spiegazione, si spaventa.
«Madre Luisa risplendeva di una luce agghiacciante.
Saltai giù e presi a correre. Scavalcai il cancello e mi buttai fra i campi sconfinati cercando un riparo. Quando mi scovarono, addormentata in una tana che sapeva di selvatico, mi sentii in trappola. E circondata com’ero da tante facce angustiate e per niente benevoli, provai a venirne fuori con una mezza bugia: “Non è vero che Dio mi vuole sposa monaca, me l’ha detto stanotte la Madonna!”
Fu la mia rovina.
“Maria Addolorata, che tu sii benedetta! la Madonna ti ha parlato!”».
Quando la protagonista dopo la fuga prova a dare voce al proprio desiderio, utilizzando l’immaginario di chi la insegue, le sue parole vengono interpretate come la conferma delle scelte fatte da altri per lei.
Alcuni racconti hanno una componente ironica. Maria Lanciotti ha creato un'antologia di storie tenendo insieme il punto di vista delle bambine, il funzionamento del contesto, i valori interiorizzati dalle piccole protagoniste e le loro ribellioni, riflessioni e lotte.
Mi piacerebbe molto vedere un film ispirato a “Lanciatrice di coltelli”: una bambina gira di paese in paese con altre persone e bambini in un carrozzone, c’è un “padrone” che tiene soggiogati tutti, sfruttandoli. Lei diventa presto un’eccellente lanciatrice di coltelli.
«I coltelli mi bruciavano le mani quando gelidamente fissai il padrone, che prese a indietreggiare. E mentre andavo verso di lui portavo in me il peso di tutti i patimenti subiti dalle sue vittime sotto la sferza di un profittatore spietato, uno come tanti, e lisciavo le lame, il mio fascio di lame arroventate».
I racconti della seconda parte, intitolata “Ucci ucci e altre dispa(e)rate storie”, hanno per protagonisti personaggi diversi. Il punto in comune, anche con le storie della prima parte, sta a volte forse proprio nella suggestione contenuta nel titolo. Ci sono molti personaggi maschili di diverse età, anche loro discriminati; in alcuni casi sono vittime di violenza insieme alle loro compagne per mano di uomini che ritengono di essere gelosi.
Ci sono anche racconti in prima persona dal punto di vista di uomini che fanno violenza alle loro compagne. Queste voci, lette dopo la prima parte, fanno notare l’assenza delle voci femminili: sembra che ai desideri e pensieri di queste si siano sostituiti i pensieri ossessivi e violenti di chi vuole controllarle. E allora viene in mente la domanda: dove sono finite le voci delle bambine?
«Faceva freddo e tirava vento e io me ne stavo dritta di fronte al mare con la voglia di prosciugarlo con una sorsata. Bastardo d’un bastardo, m’hai fatto scordare come si usano le mani per fare una carezza e la bocca mi serve ormai solo per inveire».
Parole della donna protagonista del racconto “Invettiva”. Tra i personaggi maschili ostracizzati troviamo Clemente:
«Nel paesello c’era solo una scuola e due maestre, e non ci fu posto per Clemente, dopo che ai primi tentativi fu dichiarato inabile allo studio. Ma le istituzioni fecero comunque del loro meglio, e gli trovarono una sistemazione nel collegio dislocato dei padri samaritani, ma non ci fu verso di convincere Candida a lasciarsi prendere il figlio e presto si rinunciò a offrire aiuto a chi non mostrava di meritarlo. Candida con suo figlio tornava bambina e correvano insieme per i prati, poi fu Clemente a prenderla per mano e a tirarsela dietro nelle lunghe escursioni».
Clemente è nato con una disabilità intellettiva e trascorre la vita insieme a sua madre; prima lei si prende cura di lui poi è lui a supportare lei; di qui, anche, il titolo: “Clemente e la sua ragazza.”
La struttura del libro ha la qualità dell'arte performativa, sintetica nella riorganizzazione di materiale umano, in grado di restituire prospettive acute su problemi complessi. Le storie del libro affrontano temi sociali come le relazioni tra generazioni e genitori-figli, i rapporti di classe, la violenza sulle donne, le morti bianche, la povertà, l’essere diversi.
La letteratura può sconfermare i discorsi noti, andare oltre, indurre a farci domande; si colloca e risiede nel caos dei frammenti di vita, quando non capiamo ciò che (ci) succede. In questi interstizi di comprensione la letteratura si sofferma, ascolta per dare voce e accompagnare in un viaggio aprendo scenari e interrogativi. Come spirito, fantasma, essere millenario, forse in alcuni casi chimera. Uno dei tanti “mostri” che combatte il dominio dell’Ordine su ciò che è percepito come Caos.
La letteratura si muove in un universo ibrido, tramite le parole di un viaggio-canto trasporta in territori inaspettati; può fare paura, perturbare, disorientare. Agisce con dolcezza, brutalità, distacco, empatia, elementi spesso orchestrati in maniera alchemica nella stessa opera.
In “Anima Periferica” l’autrice dispiega sapientemente tutti questi ingredienti: la favola dell’infanzia che diventa storia, epica di sé, la cronaca che diventa sguardo, oggetto e attimi, i desideri vissuti come sconfitte dagli adulti ma sentiti profondamente dalle bambine con i loro orizzonti di cambiamento, crescita e scoperte a venire.
Petra VoXo