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Poesia d’autore/ Renzo Nanni. Passi nel mistero 
(a cura di Maria Lanciotti)
19 Luglio 2020
 

sia senza tempo la luce

che ci penetra in una

girandola di mondi infiniti

 

 

Versi testamento del poeta e scrittore italiano (Livorno, 1921 - Velletri, 2004) presente nella Storia della letteratura italiana di Giuliano Manacorda. Gli ultimi scritti vergati nel momento stesso del suo trapasso ‒ già su “l’oscillante gradino della vetta” ‒ rendendoci partecipi della sua estrema esperienza terrena: “L’eccitazione del passo conclusivo”.

«… un messaggio che non è solo vera poesia, ma altro insegnamento del vivere: un crepuscolo, per usare una sola parola, ancora luminoso di dignità, di sapienza umana e di forza poetica». (G. Manacorda)

 

 

 

Passi nel mistero

 

L’eccitazione del passo conclusivo

quando tocchi

tra carezzevoli mani di nubi

l’oscillante gradino della vetta. Lì

sfoghi l’ansia del fiato trattenuto,

poi quieti gli occhi sottratti

a troppi bagliori di nevi.

 

Quando stelle trapelano

dai veli di nebbia

che di te pietose

spargono doni di squarci di blu,

perché tu fissi più in alto

il tuo passare nel mondo dei miracoli.

 

Tu che consunto ami la fede

nel torpore di basse maree,

alle coste di rami secchi

spoglie di mare. Ma dentro

più frequenti lampeggiano

minuti familiari cenni

rivelatori:

il sonno verde del lago,

le frane di porfidi rossi, il ridere

del vino spumeggiante nelle

coppe,

e scorrere brezze su felci passeggere.

E di nuovo,

frammenti di universo

dentro di te a confondere

quel ritenuto nulla,

che oggi esplode e lascia spazi,

inventato in tante

frecce di sole,

i picchi che volteggiano

di corvi neri

e felci e muschi

con l’umido di calpestate corde,

di camosci brillanti di libertà.


Scie lampeggianti di vigneti,

memorie di infiniti focolari

e interminabili sequenze di luci

echi d’angelo ‒ tu stretto

mi rimbalzi richiami, i tuoi

jodele perdifiato.

 

Cumuli di formiche nelle abetaie

le tane fino al cuore

chiuso della terra.

E quelle aree dei nidi pulsanti

musicali frastuoni di concerti

alle soglie del volo. E tu

troppo perso nello scandire

calendari lunari scadenzari

nel vano sezionare l’eterno.

 

Sia senza tempo la luce

che ci penetra in una

girandola di mondi infiniti.

 

Quanti sterminati

riflessi di sole nelle pieghe di terra

fin sull’infima mota che tenta

di chiudersi a riccio negando la luce.

 

Non sei poeta se non sai

scuoterti di dosso l’indifferenza di scatto

valicare muto tra le brine

che attendono l’alba

levarsi dentro in piedi sul mondo

con frecce scarlatte di sole.

 

 



 

(Oblivion di Astor Piazzolla ‒ Marco Ferraguto al flauto e Andrea Pace alla chitarra)


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