Passi nel mistero
L’eccitazione del passo conclusivo
quando tocchi
tra carezzevoli mani di nubi
l’oscillante gradino della vetta. Lì
sfoghi l’ansia del fiato trattenuto,
poi quieti gli occhi sottratti
a troppi bagliori di nevi.
Quando stelle trapelano
dai veli di nebbia
che di te pietose
spargono doni di squarci di blu,
perché tu fissi più in alto
il tuo passare nel mondo dei miracoli.
Tu che consunto ami la fede
nel torpore di basse maree,
alle coste di rami secchi
spoglie di mare. Ma dentro
più frequenti lampeggiano
minuti familiari cenni
rivelatori:
il sonno verde del lago,
le frane di porfidi rossi, il ridere
del vino spumeggiante nelle
coppe,
e scorrere brezze su felci passeggere.
E di nuovo,
frammenti di universo
dentro di te a confondere
quel ritenuto nulla,
che oggi esplode e lascia spazi,
inventato in tante
frecce di sole,
i picchi che volteggiano
di corvi neri
e felci e muschi
con l’umido di calpestate corde,
di camosci brillanti di libertà.
Scie lampeggianti di vigneti,
memorie di infiniti focolari
e interminabili sequenze di luci
‒ echi d’angelo ‒ tu stretto
mi rimbalzi richiami, i tuoi
jodele perdifiato.
Cumuli di formiche nelle abetaie
le tane fino al cuore
chiuso della terra.
E quelle aree dei nidi pulsanti
musicali frastuoni di concerti
alle soglie del volo. E tu
troppo perso nello scandire
calendari lunari scadenzari
nel vano sezionare l’eterno.
Sia senza tempo la luce
che ci penetra in una
girandola di mondi infiniti.
Quanti sterminati
riflessi di sole nelle pieghe di terra
fin sull’infima mota che tenta
di chiudersi a riccio negando la luce.
Non sei poeta se non sai
scuoterti di dosso l’indifferenza di scatto
valicare muto tra le brine
che attendono l’alba
levarsi dentro in piedi sul mondo
con frecce scarlatte di sole.