Una storia ai confini. Ai confini fra umanità e alienità. Un apologo sulla diversità. Un film sulla marginalità, sul concetto (ribaltato) di genere, sull'ipocrisia sociale, una pellicola sullo spaesamento esistenziale. Border... non poteva esservi miglior titolo per il film del regista svedese di origine iraniana Ali Abbasi, una coproduzione danese-svedese. Tina lavora alla dogana e possiede un rarissimo talento: scovare con il suo “fiuto” sostanze illecite o illegali. Di più... Tina annusa addirittura i sentimenti di vergogna, di paura, di ansia, di rabbia. Lei è speciale dietro quell'aspetto ferino (un difetto genetico?). Poi un giorno avviene il fatale incontro con Vore: creatura dall'aspetto fisico ambiguo e così simile a lei. Due solitudini che s'incontrano in un disvelamento fonte d'infinite sconvolgenti sorprese. La realtà quotidiana, già di per sé complessa oltre le apparenze, si mescola con l'humus delle leggende nordiche.
Border è inquietante, profondo, fascinoso, arduo. Crepuscolare, disturbante come un vento furioso, o dolce come l'acqua di una mite pioggia, spaventoso come una tempesta di fulmini, commovente, interrogativo: chi è chi? chi veramente siamo?
Sarebbe sbagliato rivelare i “colpi di scena” o gli esiti di una storia così carica di dubbi, suggestioni, meraviglia. «Se la natura umana è mostruosa, non ci restano forse che i mostri per insegnarci qualcosa». Basti dire che Border è una perla cinematografica: una soave favola dark, fra accensioni – materiali e dei sensi (sul Guardian è stato scritto che questo film mostra una delle scene di sesso più strane mai viste sul grande schermo) – e domande sull'essere, fra particolari atroci e momenti di pura poesia. Strepitose peraltro le interpretazioni dell'attrice protagonista (Eva Melander) e del suo omologo maschile (Eero Milonoff), vieppiù accresciute da una incredibile perizia del trucco.
«Un’opera “mostruosa” e piena di grazia», miglior film a Cannes nella sezione Un certain regard, adattata dal romanzo omonimo di John Ajvide Lindqvist, lo “Stephen King scandinavo. Assolutamente da vedere. Per perdersi e infine, forse, ritrovarsi.
Alberto Figliolia
Note di regia. Parlare di genere è molto complicato. Come cataloghiamo, per esempio, le opere di Wagner? Non contengono mai un singolo elemento espressivo, ma sono il risultato della combinazione di una moltitudine di elementi in un modo unico e originale.
Non ho mai parlato di Border - Creature di confine in termini di “mescolanza di generi”, anche se buona parte del mio lavoro è mescolare e bilanciare elementi eterogenei per ricavarne un insieme coerente. Piuttosto che mettere un’etichetta al mio lavoro preferisco dire che si tratta di un vero film europeo; una versione americana o giapponese sarebbe stata totalmente diversa.
Provengo dalla letteratura e il mio cervello ragiona ancora come quello di uno scrittore. Ho imparato a raccontare storie prima di interessarmi al cinema. Da giovane pensavo persino che guardare un film fosse un passatempo per persone che non avevano niente di meglio da fare! Solo più tardi ho cambiato prospettiva: il mio interesse è sempre stato quello di osservare la società attraverso un universo parallelo e penso che il cinema sia il mezzo perfetto per farlo. Piuttosto che mettere in scena i miei drammi personali, preferisco percepire i pensieri e le esperienze attraverso un altro corpo e un altro mondo rispetto al mio. Mi interessa tutto quello che va oltre la superficie e che è in grado di influenzare in modi alternativi le persone.
[…] Per me il film non parla della contrapposizione “Noi / Loro”, ma di una persona che può e deve appropriarsi della sua vera identità. Voglio credere che tutti siamo in grado di scegliere chi essere. Nonostante non sia interessato a discutere di questioni razziali, sin dalla mia infanzia so cosa si prova ad essere una minoranza. Per me non significa avere un colore diverso della pelle, ma essere una persona diversa. Io sono una minoranza in Iran tanto quanto a Copenhagen. Ancora oggi ci sono elementi che mi derivano dalla cultura iraniana. Noi siamo più interessati a ciò che non vediamo. Siamo ossessionati dal pensiero della morte e della vita ultraterrena. Percepiamo continuamente significati nascosti. Può sembrare paranoico, ma è anche poetico. Sono cresciuto in questo modo, percependo ciò che gli altri non vedono. E paradossalmente, i film possono essere il mezzo migliore per mostrare l’invisibile.
Border - Creature di confine di Ali Abbasi. Dall'1 al 14 aprile 2019, presso il Cinema Spazio Oberdan di Milano - Fondazione Cineteca Italiana, viale Vittorio Veneto 2, Milano (M1 Porta Venezia). Durata 108'. Versione originale, sottot. it.
Orari proiezioni: 1/4 ore 17 e ore 19; 2/4 ore 19; 3/4 ore 21:15; 6/4 ore 16:45; 7/4 ore 15 e ore 21:15; 10/4 ore 21:15; 13/4 ore 15; 14/4 ore 19.
Info: tel. 02 83982421, e-mail info@cinetecamilano.it, sito Internet www.cinetecamilano.it.