Dico a voi, figli dei figli primogeniti del boom.
Noi, contadini e analfabeti, smettemmo di falciare grano
Per maneggiare spiccioli di carta e vile metallo.
Senza chiederci troppo, senza capirci nulla.
Sgobbando come muli, abbaiando come cani alla catena,
Correndo come conigli inseguiti dalla doppietta.
E nasceste voi, impasto di fame antica e cibo fortificato e costoso.
Così belli! Così puliti e sorridenti e placidi!
Il dio lo avevamo sepolto sotto lastre di tratte e pagherò
Lerci di sudore tutto ancora da stillare
E tempo non c’era – e non c’era spirito – per dottrine alternative.
A ricercare nuove rivelazioni pensaste voi, con tutta l’anima
E cuori rossi come vulcani incazzati: “Non è questa la vita – fu l’unanime grido –
Non c’imporrete il vostro sottovivere!”
E correste nelle piazze a manifestare l’idea, fiduciosi impavidi irosi.
La giovinezza è momento vero, si esprime in libertà e bellezza
E la ragione indotta è trappola che non l’intrappola
Ma… dura un giorno.
Oggi guardo i giovani che foste e mi si annoda il cuore:
L’argento vivo nelle vene s’è brunito
Mentre la storia rotola, cinica e corrotta.
Éhi dico a voi, figli dei figli dei Figli dei fiori: nessun sogno mai
Svanisce nel nulla, e tutto sempre si tramuta e trasforma e ritorna.
Maria Lanciotti
(da Uragano e armonia, Anni Nuovi Editrice, 1998 – riveduta e corretta)