Nel pugno affondo il gemito, il languore della vita.
Scaglio il mio nome nel vuoto privo d’echi
con terra d’ombra la faccia mi ricopro
del mio paese mastico macerie
al fiume lascio andare le mie vesti
che fasciano le piaghe dei pioppeti,
e più non sono.
Vidi la purulenza dell’odio, vidi fanciulli giocare
coi mitra e sulla sorte puntare manciate di soia.
Vidi i votati alla morte prepararsi alla festa
e madri tergere sangue sulle carni sbiancate.
Le strade dell’esodo vidi solcate di pianto
e le notti graffiate da nerbate di orrori.
Sogno il candore dell’albatro, l’erratico albatro
che mi porti sui ghiacci. Sogno l’antico incagliato
veliero riprendere il largo sospinto dai venti.
A respiro sospeso ritrovo la mia forma d’argilla,
m’inonda di luce la Croce del Sud.
Mi risollevo, medicata dal rossore dell’alba,
e ancora sono.
Maria Lanciotti