Ariel era contento di avere scritto le sue poesie.
Erano di un tempo ricordato
o di cose viste che gli erano piaciute.
Altre opere del sole
erano spreco e scompiglio,
l’arbusto maturo intristiva.
Il suo io e il sole erano tutt’uno
e le poesie, opere del suo io,
erano non meno opere del sole.
Non importava che sopravvivessero.
Quel che contava era che mostrassero
qualche lineamento o carattere,
qualche abbondanza, anche se appena percepibile,
nella povertà delle loro parole,
del pianeta di cui erano parte.
Trad. Massimo Bacigalupo