Oblò cubano
Zoé Valdés. Un nuovo anniversario del mio esilio
22 Gennaio 2018
 

Oggi ricorre un nuovo anniversario del mio esilio definitivo. Arrivai a Parigi un 22 di gennaio del 1995. 23 anni fa. Più i 5 anni precedenti in cui ho vissuto in questo paese. Sono 28 anni di vita in Francia. Amo questo paese come ho amato e amo Cuba, qui ho appreso la libertà e a lottare per lei.

Qualche giorno fa Miriam Gómez mi ha ricordato quanto l’Himno del Desterrado di José María Heredia piacesse a Guillermo Cabrera Infante. Anche a me, sono molto sensibile a questa poesia, con lei festeggerò il mio esilio oggi, insieme a voi.

Grazie.

 

INNO DELL’ESILIATO

 

José Ma Heredia

 

Regna il sole, e le onde serene

taglia attorno la prua trionfante,

e profondo astro di schiuma brillante

va lasciando la nave nel mare.

 

Terra!” urlano; ansiosi miriamo

al confine del sereno orizzonte,

e in lontananza si distingue un monte…

lo conosco… occhi tristi, piangete!

 

È il Pan... nel suo grembo respirano

l’amico più fine e costante,

le mie amiche preziose, la mia amante…

che amori preziosi ho lì!

 

E più lontano, le mie dolci sorelle,

e mia madre, mia madre adorata,

di silenzio e dolori attorniata

si consuma gemendo per me.

 

Cuba, Cuba, che vita mi desti

dolce terra di luce e beltà.

Quanti sogni di gloria e fatalità

Ho riuniti nel tuo suolo felice!

 

E ti guardo ancora...! quanto severo,

oggi mi opprime il rigore della mia sorte!

L’oppressione mi minaccia di morte

nei campi ove al mondo venni:

 

Ma, che importa che tuoni il tiranno?

Povero, sì, ma libero mi sento;

l’anima sola dell’anima è il centro:

cos’è l’oro senza gloria né pace?

Seppur errante e proscritto mi vedo,

e mi opprime il destino severo,

dal centro del despota ibero

non vorrei il mio destino mutare.

 

Dunque persi l’illusione della letizia,

dammi oh, gloria! Il tuo alito divino.

Oserò maledire il mio destino,

quando posso vincere o morire?

Ci saranno ancora animi a Cuba

che mi invidiano di martire la sorte

e prediligono splendida morte

al suo amaro aleatorio vivere

 

Da un tumulto di mali accerchiato

il patriota immutabile e sicuro,

o medita sul tempo futuro,

o contempla il tempo che fu,

e le Ande di luce inondate

le nubi oltrepassano serene,

ascoltando i fulmini e i tuoni

echeggiare profondi ai loro piedi.

 

Dolce Cuba! In seno tuo si scorgono

nel loro grado più alto e profondo,

la bellezza del fisico mondo,

gli orrori del mondo morale.

Ti fece il cielo il fiore della terra;

ma la tua forza e i tuoi destini ignori,

e di Spagna nel despota adori

il demonio sanguinolento del male.

 

Oramai che importa che al cielo ti stendi

di verde perenne vestita,

e la fronte di palme adornata

ai baci offra del mare.

Se il clamore del tiranno insolente,

dello schiavo gemere pietoso,

e il fruscio del flagello orroroso

si ode solo nei tuoi campi suonar?

 

Sotto il peso del vizio insolente

la virtù crolla oppressa,

e ai crimini e oro concessa

delle leggi la forza si vede

e mille stolti che grandi si giudicano

con onori a peso comprati,

il tiranno idolatrano prostrati

del suo trono sacrilego ai piedi.

 

Al potere il respiro si opponga,

e la morte contrasti la morte;

la costanza incatena la sorte;

sempre vince chi sa morire.

Allacciamo un nome glorioso

dei secoli al rapido volo;

solleviamo gli occhi al cielo,

e agli anni che stanno per venire.

 

Vale di più per la spalla nemica

presentare l’impavido petto,

che giacere di dolore in un letto,

e mille morti morendo patire.

Che le glorie nelle lotte anima

l’ardore del patriota costante

e circonda con alone brillante

della sua morte il momento felice.

 

Il sangue temete...? Nelle lotte

vale più spargerlo a fiotti,

che trascinarlo nei suoi torpidi canali

tra vizi, pene e orrore.

 

Cosa temete? Non un sepolcro sicuro

nell’infelice suolo cubano.

Il nostro sangue non serve al tiranno

per concime del suolo spagnolo?

 

Se è vero che i popoli non possono

esistere che in dura catena,

e che il Cielo feroce li condanna

a ignominia e eterna oppressione,

in vero tanto funesta il mio petto

l’orrore malinconico abiura,

per seguire la sublime follia

di Washington, e Bruto, e Catone.

 

Cuba! Alla fine sarai libera e pura

come l’aria di luce che respiri,

e le onde ribollenti che miri

dalle tue spiagge l’arena baciare.

 

Seppur vili traditori lo servano,

del tiranno è inutile il livore,

che non invano tra Cuba e Spagna

protende immenso le sue onde il mare.

 

Zoé Valdés

(da zoevaldes.net, 22/01/2018)

Traduzione di Silvia Bertoli


TELLUSfolio - Supplemento telematico quotidiano di Tellus
Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - R.O.C. N. 7205 I. 5510 - ISSN 1124-1276