Leggere o ri-leggere i classici è sempre attingere ad una fonte inesauribile di saggezza, pagine vive che aprono finestre sulla realtà circostante.
Ma che cos’è un classico ?
Dall’aggettivo latino clarus è ciò che si comprende in modo chiaro e distinto.
Italo Calvino scrive: I classici sono quei libri di cui si sente dire di solito: “Sto rileggendo…” e mai “Sto leggendo…”. I classici sono libri che esercitano un’influenza particolare sia quando s’impongono come indimenticabili, sia quando si nascondono nelle pieghe della memoria mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale. D’un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima. D’un classico ogni prima lettura è in realtà una rilettura. Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire.*
E clara, ossia chiara e distinta, suona l’espressione latina Ne supra crepidam sutor iudicaret (Il ciabattino non giudichi al di sopra della calzatura) riferita da Plinio il Vecchio in Naturalis Historia e da Valerio Massimo in Factotum et dictorum memorabilium.
Sarebbe la replica del pittore greco Apelle ad un calzolaio che, dopo averlo giustamente criticato per il modo con cui aveva riprodotto una calzatura, era andato oltre e aveva cominciato a giudicare il resto del dipinto.
Quanti oggi sono gli incompetenti e gli inesperti che si sentono autorizzati a dare giudizi con una supponenza pari alla loro ignoranza? E non sono pochi quelli che sconfinano anche in temi politici, finanziari, medici, scientifici, psicologici, filosofici e perfino religiosi e teologici senza possedere una minima, decente conoscenza. (g.r.)
* Italo Calvino, Perché leggere i classici, Mondadori, 1995.