Stasera, padre, berremo insieme.
Berremo anche se tu non ci sei più,
Vedi, ho posato davanti a me anche
[il tuo bicchiere.
Ora stappo la bottiglia: un Nero d’Avola,
scuro, forte, come la terra da cui partisti,
il suolo degli avi; cogli la sua ardente
[fragranza,
la secolare fatica del contadino?
Senti il ruggito del sole in esso racchiuso,
il musicale rantolo del vento,
convivere con il sibillino e trasparente dono dell’acqua?
Questo vino, padre, è sangue della terra,
il nostro sangue.
Ecco, vedi, ora verso il nettare dal vetro ornato e tornito
e colmo il tuo bicchiere e il mio:
il tuo, a dire, il vero, per metà, ma ti basterà, lo so.
E ora beviamo. Beviamo a quell’assenza
che è invece, sempre, presenza.
Forse tu avresti preferito Barbera frizzante,
ma, lo sai, io amo il vino fermo, forte, antico,
come quello della tua terra,
quella dove ora – dopo le fatiche della città del nord,
da te pure così amata – sei tornato
per l’ultimo ristoro.
Però ora, padre, beviamo ancora un poco insieme.
Sarà l’ultima volta, forse.
Ti verserò un altro mezzo bicchiere
– stasera non importa il verdetto della medicina
né quello dell’implacabile tempo –
mentre io non avrò remore né indugi
a berne ancora e ancora.
Almeno questa sera voglio sondare il fondo della bottiglia
e misurarvi l’entità del buio,
il cuore di quel nulla che ci avvolge
– nero primordiale cotone –
e l’impalpabile materia dei sogni.
Ma non avrò paura grazie al calore del vino
bevuto insieme.
Almeno questa sera.
L’ultima per bere insieme, forse.
Alberto Figliolia
(dal Blog alberinube, 29 ottobre 2017)