Le litigate storiche si susseguono, appena mi accorgo che il voto delle donne non viene analizzato per sé, ma sempre aggregato di fatto a quello maschile. Né si dice mai quanti posti di elette vengono fuori dal fatto che le elettrici sono -fin dal citato referendum monarchia/repubblica- più degli elettori, ma gli eletti straordinariamente di più delle elette. Invece di analizzare che strumenti si potrebbero indicare per correggere la stortura nella rappresentanza di genere, essa viene di fatto convalidata e accolta (dagli analisti maschi, donne analiste non ci sono e nessuno cerca di capire perché). Una azione decisa per introdurre correttivi nella rappresentanza fu condotta alla Costituente dalle deputate, senza distinzione di partito, ma non fu ricevuta, non divenne costume, sebbene la forma dell'art. 3Cost., obblighi la Repubblica a “rimuovere gli ostacoli” che impediscono di fatto l'eguaglianza tra i generi. Sarebbe uno dei primi correttivi da introdurre nella Costituzione. Lo segnalo per il movimento a ciò dedicato, dopo il successo conseguito nel referendum del 4 dicembre 2016 dal NO.
Invece di un corretto cammino costituzionale, le vicende politiche italiane imboccano la strada detta della parità, con la quale si spingono le donne ad ottenere diritti simili a quelli che via via gli uomini propongono e approvano per se stessi. Questa pratica si chiama emancipazione e indica le donne emancipate come modello politico costituzionale. Qui capita un fatto molto rilevante e cioè che le donne sono per condizioni storiche e tradizioni culturali sfavorite e inferiori nel nostro paese, e appena si affievolisce la memoria della Resistenza, vengono riprese appunto dalla tradizione. E si fanno passi indietro. Ho spesso narrato un episodietto capitato a me e lo faccio anche questa volta, perché le condizioni generali non sono mutate. Mi capitava spesso di obiettare a chi mi diceva: “Voglio fare tutto ciò che gli uomini fanno”: “ma anche le scemate?” e alle esitazioni di qualcuna, cercavo di insinuare l'obiezione detta tecnicamente “cruciale”, che obbliga a rispondere come vuole chi pone la domanda. “Ma se tu sei contro la pena di morte -per esempio- ti impegni prima per abrogare la pena di morte, o prima -per la parità- chiedi l'accesso anche delle donne alla carriera di boia?” E con mio stupore mi fu risposto: “prima per la parità, la carriera di boia”. Sicché continuando a dire che viviamo in una società di merda, ci battiamo per raddoppiarla. Bisogna mutare ben più di alcuni importanti particolari, bisogna trovare fondamenta teoriche “altre”, autonome, credo. Ci sto provando e lo dirò prossimamente...
Lidia Menapace