Cercavo la verità e mi sfuggivo. Di giorno correvo all’impazzata trascinata da una società all’arrembaggio e la notte sognavo montagne azzurrate di fiori selvatici che non volevo cogliere e neppure calpestare e ciò m’impediva di tentare la scalata. E restavo a mezz’erta sul ciglio di qualche sprofondo mentre quel poco o quel troppo che credevo di sapere svaporava nella mente fumosa. L’affanno e i sudori freddi di quel tempo furono segnali che ignorai a lungo. Fino a che una mattina di settembre, verso la metà degli anni settanta, mi scontrai con me stessa. Senza conoscermi o riconoscermi. Non sognai più montagne da scalare ma gradini da scendere in una grotta tortuosa e oscura di cui non conoscevo l’ingresso. E lì bloccata mi facevo interprete di me stessa che mi urlava qualcosa da lontano. Indecifrabile ancora. Dovevo scavare in me e in quello che mi accadeva attorno.
Fin dai primi anni ’50 si erano stabilite a Ciampino le suore passioniste San Paolo della Croce (1694-1775) – fondatore della Congregazione della Passione di Gesù Cristo e delle monache claustrali Passioniste – che iniziarono la loro attività d’insegnamento così come ispirata dal fondatore: “L’educazione è un’opera grande e santa”, ospitando inizialmente la scuola materna e la colonia estiva e in seguito aprendo la scuola elementare in un’innovativa struttura edificata in mezzo al verde.
Poi c’era l’istituto Suore degli Angeli che nella bella villa ricevuta in donazione accoglieva bambini in età prescolare, mentre le suore clarettiane, oltre alla scuola dell’infanzia e primaria, si occupavano della scuola media alloggiata nel vecchio collegio del Sacro Cuore, dove già era in funzione l’IGDO (Istituto Gesù Divino Operaio) che incoraggiava vocazioni anche tardive e si prendeva cura di ragazzi con disagi familiari e sociali, provvedendo anche alla loro formazione scolastica.
Insomma, a Ciampino l’istruzione rimase per diversi decenni quasi esclusiva prerogativa delle scuole private gestite da religiosi, fin quando non sorsero le prime scuole statali ubicate nei vari quartieri.
Sotto il cielo di Ciampino, trafitto dall’andirivieni degli aerei nello scalo romano al servizio dei potenti della terra, si respirava un’aria di possente cristianità egregiamente supportata dalla Dc e partiti ‘simpatizzanti’ – Msi e monarchici – e non importava tanto sapere quale fosse l’Amministrazione di turno quanto piuttosto chi fosse a capo della parrocchia a cui rivolgersi in caso di bisogno.
Poi arrivò quel 13 maggio 1974 che come uno tsunami sconvolse qualche certezza di troppo. Alla vittoria del No al referendum abrogativo della legge Fortuna/Baslini del 1° dicembre 1970, il fronte del Sì (ovvero sì all’abrogazione della Legge, una formula rompicapo forse appositamente ideata per confondere le già confuse idee degli elettori e specialmente delle elettrici) perse la sua ferrea coesione e – Chiesa in testa – si divise in due schieramenti, così come si era spaccata l’Italia soprattutto nell’assistere in quel frangente alle posizioni dittatoriali assunte dai vertici clericali e diramate ai pastori di anime, che dai pulpiti tentavano di abbrancare il popolo in rotta.
Fu uno scontro memorabile. Piovvero a raffica punizioni e sospensioni a divinis sui preti contrari ai metodi di dissuasione che si avvalevano di argomentazioni teologiche escludendo la libertà di scelta nel referendum, e ci furono tante defezioni tra i religiosi che finirono di indebolire il potere già scosso della chiesa, che non fu in grado di recepire – o non volle recepire, o le fu impedito di recepire dalle forze politiche alleate o dalla stessa CEI (Conferenza Episcopale Italiana) – l’andamento che aveva preso l’Italia verso un modo nuovo di concepire religione e libertà di pensiero, non in antitesi ma in aperta dialettica.
La riforma del diritto di famiglia del 1975 sancì la nuova politica aperta ai ‘diritti civili’ di uno Stato laico e democratico. Almeno a parole. La chiesa tradizionale reagì sbattendo le porte in faccia anche ai credenti insubordinati che abbordarono le nuove sfide, uscendo dalle regole del gregge. Confessionali sempre più vuoti, l’Eucarestia negata ai divorziati, le omelie scagliate come avvertenze terrificanti, le parole del vangelo riprese a comodo, mutilate e manomesse e rilanciate come strali: “L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto”. O più seccamente, riducendo il tutto alla formula nuziale: “Finché morte non ci separi”. E sarebbe questo il regno di Cristo?
Per tentare una risposta provai a bussare a tutte le porte canoniche. Cercavo la discussione, cercavo la lite. Non volevo essere risparmiata, non intendevo risparmiare nessuno. Volevo la verità, ottenevo al massimo pietà cristiana e una tazza di cioccolato bollente. Esauriti parrocchie, conventi e istituti mi rivolsi alla Casa dei gesuiti che per qualche tempo presi a frequentare per capire come funzionasse. Lì si reclutavano schiere di giovani per l’evangelizzazione a livello globale, non c’era posto e non c’era tempo per credenti in crisi e tantomeno per donne macerate dalle vecchie e nuove problematiche. Alla fine quando bussavo non mi veniva aperto, i religiosi contattati si negavano: “riprovi domani”.
Dalle passioniste c’erano giovani suore e novizie ardenti di entusiasmo e di fede, accoglienti e gioiose, e tra loro chi portava sempre la chitarra a tracolla mentre sgambettavano liete da una parrocchia all’altra, e per un certo tempo trovai l’ascolto di cui necessitavo in suor Gemma, come tante consorelle ottima insegnante. Ma oltre non si andava e capivo che non potevo approfittare ancora del suo tempo già pieno d’impegni e di responsabilità gravose, e la lasciai alle sue incombenze, ma intanto anche in quell’istituto si verifica qualche abbandono, avviene qualche spostamento, cambio alla direzione, e in breve non tira più aria d’armonia ma di tensioni malamente coperte. Mentre all’IGDO succede il finimondo con la chiusura definitiva dell’istituto dopo un blitz notturno della Polizia e le accuse gravissime ad uno dei religiosi che viene tratto in arresto per pedofilia. E l’esercito dei cristiani locali a spada tratta contro le ‘maldicenze’ degli eretici.
Dove sta la verità?
Non avendo più riferimenti cercai di cavarmela da sola, spronata dai sogni che adesso mi vedevano volare su crateri spenti e stagni recintati, case sventrate e animali in fuga e alberi secchi, e troppo di frequente mi ritrovavo nella casa della mia infanzia, nella sorgente sui monti, sulla vecchia ferrovia abbandonata a cibarmi di cardi. E quella botola senza ingresso che mi attirava come una calamita gigante ogni volta che tentavo di allontanarmi da me.
Senza attese, con astio, riprovai con don Ugo, all’oratorio del Sacro Cuore, che prima di scappare via, messo in crisi dalla mia stessa condizione travagliata, mi vergò quelle tre lettere che forse erano il suo segreto violato: D=io. E fu l’inizio del calvario che salva.
Maria Lanciotti
Alla ricerca della spiritualità
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