In tutta libertà
Gianfranco Cercone. “Tutto quello che vuoi” di Francesco Bruni
13 Maggio 2017
 

Tutto quello che vuoi di Francesco Bruni è una commedia che, come spesso capita alle commedie contemporanee, a differenza delle commedie antiche, piuttosto che raccontare gli ostacoli sociali che si frappongono al coronamento di un amore, racconta degli ostacoli interiori, delle crisi esistenziali, che impediscono di realizzarsi in tutti gli aspetti della vita, l'amore compreso. E se, tra questi aspetti, l'amore, nel film di Bruni, non è in primo piano, è però un tema che attraversa sotterraneamente tutto il racconto, tanto è vero che il film si conclude, felicemente, con un bacio.

A essere in crisi, forse senza accorgersene, è un gruppo di adolescenti che, come capita, non hanno voglia né di studiare né di lavorare, sono un po' maschilisti, sprezzanti nei confronti degli immigrati, intolleranti nei confronti dei loro coetanei che abbiano un aspetto “di sinistra” (per esempio verso gli occupanti di un centro sociale); e a volte anche violenti.

C'è nel gruppo un ragazzo, forse il più sensibile fra loro, che imita in tutto e per tutto il comportamento degli altri – ma, e forse non solo lui, per un malessere di cui lui stesso non comprende le ragioni. Nel suo volto magro, dall'aria un po' pesta, mortificata, gli occhi brancolano come alla ricerca di una luce.

E quella luce – vale a dire un appiglio per reagire alla crisi – lo trova, del tutto inaspettatamente, quando il padre, esasperato dalla sua pigrizia, dai suoi modi scostanti, che sembrano impermeabili a ogni rimprovero, lo obbliga a fare da badante per mezza giornata a un vecchio poeta, che ha bisogno di essere assistito nelle sue passeggiate, perché soffre di Alzheimer.

Il ragazzo in un primo tempo, come si può immaginare, si rassegna al l'incarico proprio obtorto collo.

Ma poi quel vecchio, con i suoi modi e il suo linguaggio da gentiluomo d'altri tempi, con la sua magnanimità (tanto che accetta, senza battere ciglio, che nel suo salotto si riuniscano anche gli amici del suo badante, non proprio di maniere impeccabili), a momenti con la sua severità, risveglia nell'animo del ragazzo una gentilezza, uno spirito di tolleranza, una curiosità per la poesia e per la Storia (il vecchio è un reduce della seconda guerra mondiale), che seppure confusi, ancora del tutto embrionali, potrebbero essere, appunto, il principio di una profonda trasformazione.

In altre mani, questo accostamento tra un poeta gentiluomo e un giovane rozzo e ignorante, sarebbe potuto risultare ideologico, e cioè forzato per quanto riguarda l'evoluzione positiva del giovane. E invece, raccontato da Bruni, per il senso di verità delle fisionomie, dei gesti, del linguaggio – soltanto lievemente caricaturale – dei due protagonisti; per il graduale sviluppo del loro rapporto, risulta credibile, e può incantare e commuovere.

Nel racconto, è inserita una parentesi avventurosa, quando i due, insieme ai coetanei del giovane, vanno alla ricerca di un presunto tesoro che, secondo la memoria vacillante del vecchio, sarebbe stato seppellito durante la guerra. Pare anzi che questo fosse lo spunto iniziale del film. E invece risulta un diversivo spettacolare, in fondo superfluo e meno verosimile del resto.

Ma non compromette la riuscita di un duetto molto felice, dovuto anche ai due attori impeccabili che lo interpretano: Andrea Carpenzano, un esordiente, nel ruolo del ragazzo; e un celebre regista, Giuliano Montaldo, qui nelle vesti di attore.

 

Gianfranco Cercone

(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 13 maggio 2017
»» QUI la scheda audio)


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