«Principio di tutte le cose è la terra. O la terra e l’acqua: su questo punto non sono sicuro» afferma Senofane di Colofone mentre stiamo consumando un aperitivo all’Ápeiron.
GIANFRANCO: «Tu nella vita sei stato un rapsodo: non hai mai avuto una patria fissa. Te ne sei andato per tutta l’Ellade a recitare e cantare a memoria poesie e versi di Omero ed Esiodo».
SENOFANE: «Sì».
Intanto il filosofo di Colofone stava armeggiando nel suo cellulare: ogni tanto gli partiva pure qualche chiamata.
GIANFRANCO: «Perché giochi col cellulare?»
SENOFANE: «Questo interessante ordigno comunicativo assomiglia al luogo della mia nascita».
GIANFRANCO: «Colofone?».
SENOFANE: «Sì. Coll’ofone».
GIANFRANCO: «Un po’ inglese e un po’ italiano. Ma rendi invece tutta la parola inglese: ti accorgerai che tu devi sempre chiamare gli altri».
SENOFANE: «Call o phone».
GIANFRANCO: «Sì».
SENOFANE: «Ma torniamo a noi. Non sono sicuro del principio ma sono sicuro che: “Attribuirono agli dèi, sia Omero sia Esiodo,/ tutto quanto presso gli uomini è oggetto di onte e di vergogna:/ rubare, commettere adulterio e ingannarsi a vicenda”. E poi: “Ma i mortali credono che gli dèi nascano/ e che abbiano vesti, lingua e figura come loro.” E ancora: “ma se i buoi i cavalli e anche i leoni avessero mani,/ e con le mani potessero dipingere e compiere le opere che compiono gli uomini,/ i cavalli dipingerebbero immagini di dèi simili ai cavalli,/ e i buoi simili ai buoi, e plasmerebbero i corpi degli dèi/ tal quali essi stessi hanno, ciascuno secondo il proprio aspetto”. Ed infine: “E gli Etiopi affermano che i loro dèi sono camusi/ e neri, e i Traci che hanno occhi azzurri e capelli rossi”».
GIANFRANCO: «Niente da dire: sono d’accordo su tutto».
SENOFANE: «Ma... c’è un “ma”. O sbaglio?»
GIANFRANCO: «Il “ma” è il seguente: il tuo problema sembrano essere solo gli dèi, non gli uomini. L’antropocentrismo è un problema degli uomini non degli dèi».
SENOFANE: «Però io ho sollevato il problema».
GIANFRANCO: «E lo hai risolto in termini di una critica all’idealismo».
SENOFANE: «Cos’è questo idealismo? Ancora Platone doveva arrivare ai tempi miei. Nella storia della filosofia è segnato molto dopo di me».
GIANFRANCO: «L’idealismo afferma che le cose sono quelle che sono perché le sta osservando un certo soggetto».
SENOFANE: «Anatema! Anatema!»
GIANFRANCO: «Mi sa che tu sei realista ma non è tanto questo, è la tua attenzione per il mondo degli dèi che sembra fuori luogo».
SENOFANE: «Ma mettiti nei miei panni. Ai miei tempi non si parlava d’altro».
GIANFRANCO: «Maurizio Ferraris avrebbe detto che Venere era lo stesso Pianeta della “stella del mattino” e della “stella della sera”. Sono modi idealistici diversi per dire la stessa cosa».
SENOFANE: «Pianeti! Si, ho capito: tu ci metti la scienza, io ci metto il mondo degli dèi».
GIANFRANCO: «Ma la critica coglie nel segno. È corretta. Direi che è irrefutabile».
SENOFANE: «Che vuol dire?»
GIANFRANCO: «Vedi, la realtà non è passibile di ulteriori determinazioni… Sia che sia io a guardare e interpretare la realtà sia che sia tu: essa è sempre uguale».
SENOFANE: «Gli uomini attribuiscono significati diversi agli dèi per come li stanno osservando e guardando».
GIANFRANCO: «Sei proprio un protorealista».