11. Si discuteva sulla funzione dei parchi, io sostenevo che essi altro non erano che una scelta del potere per mostrare agli sciocchi il suo impegno nel difendere la natura. A me la parola parco in questa democrazia ha sempre dato un grande fastidio, la Valtellina, a mio avviso, avrebbe dovuto esser vissuta da gente capace di comprendere il privilegio a lei accordato dalla natura, un luogo magnifico poteva esaltare chi lo abitava e lo abita, la politica era ed è di avviso diverso. La politica territoriale ha scelto l'ignoranza come strumento di consenso, da sempre la massa è più sensibile alla ricchezza materiale che non alla ricchezza dello spirito che sa rendere interessante la vita. Mi ha sempre affascinato la mitologia cui io assegno un fondo indiscutibile di verità. Mi affascinava la storia del centauro, animale uomo fantastico nato nella mente dei Greci: pochi credono che il solo pensiero sappia trasmettere al cavallo la tua volontà ma è così. Pensavo che un progetto territoriale avrebbe potuto proporre a chi abita la montagna la scelta di usare il territorio come strumento per scoprire il piacere di vivere, scoprire nell'arcaico la modernità mi sembrava un argomento da discutere all'interno di un ordine professionale la cui funzione credevo fosse quella di proporre alla politica scelte “moderne” racchiuse nella fisicità dell'ambiente. Gli occhi di chi sedeva al tavolo bianco dell'Ordine mi spiegavano la tristezza di chi non sa e non vuole conoscere. Chi mai aveva tentato di svelare le possibilità economiche racchiuse in un luogo capace d'interpretare l'economia come “estetica del vivere” preferiva discutere sul colore dei contenitori da sistemare nel parco per raccogliere gli escrementi del nostro moderno.

Giuseppe Galimberti

Disegni per raccontare il pensiero di un'epoca

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