Oblò cubano
Virgilio Piñera. La battaglia (1944)
17 Febbraio 2017
 

La battaglia sarebbe cominciata con matematica precisione alle undici di mattina. I generalissimi di entrambi gli eserciti si vantavano dell’efficienza e del coraggio dei loro soldati, ma confidando negli entusiasmi dei generalissimi si sarebbe potuto cadere nel grave errore logico di supporre che inevitabilmente si potessero verificare due vittorie. Ma seguendo queste stesse deduzioni logiche dobbiamo confessare che qualcosa di strano cominciava a modificare quelle teorie. Per esempio il generalissimo dell’esercito trincerato nella collina dette segni di visibile impazienza verificando, cronometro alla mano, che alle undici e cinque minuti non si era ancora prodotto l’indebolimento delle difese esterne del suo esercito da parte dell’aviazione nemica. Tutto questo era piuttosto insolito, contravveniva in tal modo lo spirito di regolarità della battaglia, che non potendo celare i suoi timori prese il telefono da campo per conferire con il suo rivale, il generalissimo dell’altro esercito, trincerato a sua volta nella vasta pianura confinante con la citata collina. Questi gli rispose con identica angoscia. Erano già trascorsi cinque minuti e l’indebolimento delle difese esterne non presentava traccia di voler cominciare. Impossibile dare inizio alla battaglia senza questa operazione preparatoria. Ma le cose si complicarono quando i carristi rifiutarono di dare inizio all’attacco. I generalissimi pensarono a sbrigativi procedimenti di fucilazione. Ma non fu possibile portarli a compimento. I generalissimi concordarono che il rifiuto a combattere non proveniva da quelle cause che si riassumono nella nota frase: “Basso morale delle truppe…”. Per dare esempio di disciplina e obbedienza alla causa militare, i generalissimi intavolarono una singolare battaglia: guidando ognuno un grande carro armato si aggredirono come due giganti. La lotta fu breve ed entrambi perirono. Davanti a uno specchietto appeso a un cavalletto, un soldato si radeva. Un enorme gatto girellava intorno a un paracadute dispiegato.

Il cane mascotte dell’esercito trincerato nella pianura mordicchiava con indolenza una mano del generalissimo dell’esercito trincerato nella collina. Non era avventato supporre che neppure alle dodici e un quarto la battaglia sarebbe cominciata.

 

 

(Da: Virgilio Piñera, Cuentos fríos, 1944)

Traduzione di Gordiano Lupi


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