“Il mistero delle sette stelle che hai visto nella mia destra e i sette candelieri d'oro, le sette stelle sono i sette angeli della chiesa e i candelieri sono le sette chiese”.
Apocalisse, I-20
Lembi è la visione di spaccati entro i quali si snodano la scrittura e il viaggio di Lucia Boni e la pittura di Paolo Volta.
Ma “lembo” ha accezioni multiple; è margine, falda, foglio, tovaglia, ferita, lembo di un velo, di un vestito,lamina di una foglia, persino propaggine di mare... e rivelazione di sette chiese ascose e offerte allo sguardo per un tempo limitato e poi ricoperte, custodite, curate, scritte e dipinte nei per-corsi di-versi in un andamento poetico che necessita abbeveraggi per abbracciare le cose. Esse si vivificano nell'approccio amoroso e sono osmosi di fisicità ed anima. «i muri con moine/ li scorro/ con il dito indice/ un contatto ruvido// che raspa l'unghia e/ la pelle a sangue» e respirano i muri, parlano, raccontano, piangono «dalle gronde/ dal disegno di lacrime sui volti delle case» e le rughe del tempo segnano con pacatezza, armonia e consapevolezza, l'inarrestabile corso della nostra vita e il sempre che apre e chiude la silloge è rivelazione di uno spazio amato che si apre oltre i passi che cigolano nel tramonto di una luce che ne attende un'altra.
Nella memoria, le parole di una voce cara durante gli anni di scuola: «Cieco negli occhi e nella pelle/ ...chi non va dentro con il suo respiro/ nel respiro dei muri e del mattone/ .../ e sulle nostre dita non ne resta che il/ sale».
Colgono nella lettura l'avvicendarsi di porte, finestra, vòlte, cortili, acciottolati che tralucono attese, intimità, incontri, desideri «una percussione che/ dilaga e – non ci basta la distanza breve – batte/ la testa del leone nell'anello e/ vibra/ il metallo anche della luna».
La strada, la porta,la parola,la casa, la lune e i giorni, la natura, il tempio e il catasto dei passi sono racchiuse in questi versi «la terra fuori livida lontana/ certi confini privi d'invadenze/ estatici anche noi nei gesti/ e nei pensieri sonno/ …/ navigare di zattera dimentica di approdi.../ e in silenzio l'onda si propaga.../ si va.../ quello che appare è il senso/ l'asciutta commozione che ci è data/ vale questa fatica/luna d'agosto... che ha deciso l'estate come chiesa...» E passano stagioni e tornano primavere nei cieli a cui s'affidano colori e sogni segreti, l'indicibile cosmo dell'uomo si srotola nei prati, negli aghi di pino, nelle mattine di ghiaccio e scaldano acciottolati, incontri, solitudini nei passi ritmati della parola dell'autrice. «Anch'io muro di brace».
Ogni spazio evoca la religiosità di un tempio, un rifugio, uno scorrere del tempo dove le immagini appaiono veloci ma lasciano segni «si prende tempo il tempo di/ sostituire alle vite le figure/ solo/ figure ombra/ del vero e di restituire/ con l'essere figure/ vita alle vite» entro i quali trema la vita e talvolta la si morde. Sempre però «essa si ferma in fondo agli occhi». Il ricorrere frequente dell'autrice ad una stretta fusione tra passato e presente offre al lettore un calendario dell'anima inondato di luci ed ombre, abbagli di sole e d'acqua, un lembo di mare pescato dalla memoria da alzare, aspettando che la luna si rifaccia il trucco per poi sognare di appendersi alle stelle per guardarla più da vicino.
Una sequenza di luci alla Truffaut rischiarano ed ombrano la parola di questa silloge splendente nel per sempre di Lucia Boni.
Patrizia Garofalo
Lucia Boni, Lembi e le sette chiese
La Carmelina Edizioni, Ferrara 2016, pp. 136, € 10,00