Diario di bordo
Incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico 
Il Comitato Acque delle Alpi ribadisce: “Si scrive acqua, ma si legge democrazia”
21 Luglio 2016
   

La speculazione creata dagli incentivi alle rinnovabili si sta bevendo gli ultimi fiumi e torrenti liberi delle Alpi e degli Appennini; anche gli ultimi, rari corsi d'acqua ancora integri stanno scomparendo inghiottiti dalle condotte di nuovi impianti idroelettrici. Il Comitato Acque delle Alpi nel quale si riconoscono comitati e associazioni di Friuli, Veneto, Lombardia, Piemonte, Trentino e Valle D'Aosta, riunitosi il 17 luglio 2016 in Val Mastallone (Valsesia, Piemonte) – emette il seguente comunicato relativo al recente Decreto che rinnova l'incentivazione agli impianti idroelettrici sui corsi d'acqua naturali e invita la stampa e tutti i portatori di interesse ad occuparsi del problema.

Siamo di fronte ad una vera e propria emergenza ambientale creata da una incentivazione sconsiderata, costosa e poco rilevante ai fini dell'apporto energetico. (Lucia Ruffato)

 

 

Il 29 giugno scorso è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto interministeriale Incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico” con cui, tra l'altro, il Governo continuerà a finanziare la costruzione di centraline idroelettriche nei corsi d'acqua naturali per ulteriori 80 MW.

Dobbiamo purtroppo constatare che l'appello nazionale per la salvaguardia dei corsi d’acqua dall’eccesso di sfruttamento idroelettrico, sottoscritto a fine 2014 da 140 associazioni e comitati di rilevanza nazionale, regionale e locale è rimasto praticamente inascoltato.

Solamente nelle premesse, infatti, il Decreto fa un generico richiamo alla Direttiva Acque e all'obbligo di non deterioramento sancito dall'Europa, ma nella sostanza continua ad incentivare lo sfruttamento dei pochi corsi d'acqua – o loro tratti – ancora non intubati per produrre energia elettrica. Oltre a questo, più piccolo è l'impianto, maggiore è l'incentivo: questo asseconda la tendenza già in atto a derivare corsi d'acqua sempre più piccoli e sempre più in prossimità delle sorgenti, visto che quelli più produttivi sono già stati utilizzati dal “grande idroelettrico” del secolo scorso e dal “nuovo idroelettrico” esploso negli ultimi anni a seguito dell'introduzione degli incentivi governativi alle energie rinnovabili.

In questi ultimi anni la Commissione Europea ha ripetutamente chiarito che il sostegno alle rinnovabili non può essere in contrasto con gli obiettivi di tutela delle acque e della biodiversità, sanciti dalla Direttiva Quadro sulle Acque, rispetto alla quale il nostro Paese continua ad essere in forte ritardo, ma questo non è stato sufficiente per indurre il Governo a rivedere le normativa che incentiva impianti che danneggiano fiumi e torrenti.

Ogni anno un miliardo di euro viene prelevato tramite la bolletta elettrica dalle tasche dei cittadini – specie artigiani e piccole imprese – per finire in massima parte ad ingrassare gli speculatori dell'idroelettrico, senza significative contropartite di pubblica utilità. Basti pensare che il contributo energetico dei duemila nuovi impianti previsti in Italia, che andranno ad intubare altri 3.000 km di corsi d'acqua, coprirà meno del 2 per mille dei nostri consumi energetici complessivi.

Evidentemente la spinta speculativa creata da un incentivo statale che remunera il kwh tre volte il suo valore di mercato (euro 0,21/kwh invece di euro 0,06-0,08/kwh) è talmente potente da impedire l'introduzione di qualunque seria misura di tutela a livello regionale e nazionale, ispirata per esempio alle proposte di limitare l'incentivo ai soli impianti del reticolo artificiale (acquedotti e fognature), e al miglioramento della efficienza di quelli esistenti, di spostare l'incentivo sul risparmio e sull'efficientamento energetico del patrimonio immobiliare, industria e trasporti, avanzate da più parti.

Il coordinamento dei promotori del citato Appello Nazionale ha anche tentato – finora inutilmente – di incontrare i responsabili dei ministeri dell'Ambiente e dello Sviluppo Economico, ma evidentemente 140 associazioni nazionali e locali non hanno lo stesso peso delle lobbies dell'energia ricevute a Roma dal Governo in occasione della firma del recente Decreto.

Tenuto conto delle difficoltà nell'influire sulle decisioni che vengono prese a livello nazionale, i Comitati per la difesa dei corsi d'acqua hanno depositato in questi giorni un'integrazione al Ricorso Europeo nell'ambito della procedura EU_PILOT_6011_14_ENVI_2015 a suo tempo avviata, per denunciare come l'Italia solo apparentemente si stia mettendo in regola con la Direttiva Acque, lo prova il fatto che le già misere misure di tutela introdotte a fine 2015 nell'aggiornamento dei Piani di Gestione dei distretti idrografici non valgono per le 2000 domande attualmente già in istruttoria.

Altre azioni seguiranno sia a livello locale che di coordinamento, che quanto più potranno contare sulla consapevolezza e sul sostegno dei cittadini tanto più potranno correggere le aberrazioni in atto. Ricordiamocelo: si scrive acqua ma si legge democrazia.

Per maggiori informazioni sul conflitto tra produzione idroelettrica e tutela dei corsi d'acqua: Dossier CIRF su idroelettrico e corsi d'acqua “L’energia 'verde' che fa male ai fiumi - Qualità dei corsi d’acqua e produzione idroelettrica in Italia: un conflitto irrisolto”.

 

Lucia Ruffato

Per Comitato Acque delle Alpi


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