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Fratelli Angelini. I massi avello (V-I sec. a.C.) 
Risolto un mistero archeologico che ci interessa da vicino
Adriano Angelini accomodato nella
Adriano Angelini accomodato nella 'Cüna del Bàu' di Berbenno di Valtellina 
11 Luglio 2016
   

I massi avello sono una peculiarità del territorio comasco, considerato non nella sua estensione attuale, ma in quella assai maggiore che aveva in antico e che comprendeva anche la Valchiavenna e in parte la Valtellina.1

In nessun altro luogo ci sono testimonianze paragonabili, sia dentro sia fuori d’Italia. Fu Vincenzo Barelli2 nel 1872 a rivelarne al mondo l’esistenza.3

Ovunque si trovino, i massi avello presentano forme sempre pressoché identiche, tali da indurci a ritenere che risalgano tutti alla stessa età e allo stesso popolo che dal triangolo lariano si espanse fin nelle valli del Mera e dell’Adda.

Un masso avello è uno scavo in un masso erratico, di granito, sarizzo, gneiss o serpentino, e a volte in una roccia, a forma di vasca con pianta rettangolare terminante agli estremi a semicerchio e solitamente rivolto in direzione nord-sud. La dimensione media dello scavo è sempre di circa 180-190 cm di lunghezza per 80-90 di larghezza e 50-60 cm di profondità. Il fondo è piano ma in alcuni avelli si trova anche un rialzo di due o tre cm a mo’ di cuscino scolpito ad un estremo su cui posare la testa. Il masso erratico o la roccia non presenta mai all’esterno alcuna lavorazione tranne, anche se non in tutti, un orlo rettangolare scolpito in rialzo superiormente attorno all’avello, destinato a portare il coperchio, e recante tutt’intorno un canaletto per il deflusso delle acque. Dei coperchi non si sapeva nulla fino al 1908, quando a Plesio, nella frazione di Calveseglio, vicino al masso avello, venne scoperto sottoterra il coperchio, una lastra di beola di m 2,40 per 1,00 con lo spessore di 14 cm nel mezzo e 12 agli estremi, piano al di sopra, e al di sotto lavorato a due pioventi, che s’incontrano in un cordone longitudinale, largo 5 cm, che ne costituisce il colmo.

Il tipo di lavorazione fatta con punta di ferro ascrive i massi avello ad alcuno dei popoli che vissero tra i due rami del Lario e dintorni durante il periodo che va dalla seconda età del ferro alla conquista romana. Una popolazione di matrice celtica ma, come testimoniano i massi avello, con una propria forte identità culturale dovuta presumibilmente all’isolamento.

Attualmente sono 40 i massi avelli classificati, anche se per alcuni di loro rimane il dubbio. Concentrati per la maggior parte nel triangolo lariano e in Brianza, si trovano occasionalmente anche nelle vicinanze di Como, in Val d'Intelvi, in Val Menaggio e nel Canton Ticino presso il lago di Lugano, a Dervio, a San Giorgio di Novate Mezzola in Val Chiavenna, a Stampa in Val Bregaglia e a Traona e Berbenno in Valtellina.

I massi avello hanno la forza d’evocare immagini di antiche pratiche religiose a cui vi doveva partecipare l’intera comunità.

E come la forma par suggerisca, piuttosto che tombe di re, principi o guerrieri,4 e Essi servivano a particolari riti d’iniziazione.5

«Se si considera l’importanza e la rarità dell’opera, eseguita in massi spesso grandiosi, e alle volte anche giganteschi, posti in località di solito eminenti e solitarie, e con caratteri tali, il pensiero vola tosto ai monumenti megalitici dell’età preistorica».6

 

 

Bibliografia

 

A. Giussani, I massi-avelli di Parravicino, Plesio e Stampa, Tip. L. F. Cogliati, Milano, 1910.

Paola Bordigone, La Cüna del Bàu a Berbenno di Valtellina: un monumento archeologico in un centro fortificato a controllo della Media Valle, Distretto Culturale della Valtellina, Associazione culturale Ad Fontes, 2014. Scheda n. 19 pubblicata on line nell’ambito di Az. 1: “Percorsi per la valorizzazione del paesaggio dei terrazzamenti del versante retico”.

 

 

I fratelli Angelini

 

 

1 Gli autori classici, a cominciare da Plinio il Vecchio che riporta le parole di Origines, un'opera di Catone il Censore andata dispersa, attribuiscono la fondazione di Como alla stirpe degli Orobi.

Le testimonianze archeologiche venute alla luce a partire dal XIX secolo, ci attestano nel primo millennio a.C. il fiorire di una civiltà chiamata cultura di Golasecca, che colloca il comprensorio protourbano di Como, soprattutto a partire dalla metà del VII secolo a.C. fino alle invasioni galliche del IV secolo a.C., come centro di un vasto territorio, culturalmente uniforme, esteso da Bergamo fino al Ticino. In questi secoli Como, che non era ubicata nella sede attuale, ma più a sud, dove oggi è localizzata la frazione di Prestino, sviluppò una civiltà che viene chiamata comense o della Ca' morta, dal nome della necropoli comasca, dove Como trova il suo ruolo di intermediazione commerciale e culturale tra la civiltà villanoviana e le civiltà celtiche d'oltralpe (Cultura di Hallstatt).

A partire dal IV secolo a.C. l'abitato di Como si andò spopolando e le sue necropoli esaurendo. Con l'arrivo dei Galli, che scardinano il sistema preesistente, Como perde la sua importanza ed entra in un periodo di declino.

Nel 196 a.C. La Gallia cisalpina venne conquistata dai Romani. (Wikipedia)

2 Vincenzo Barelli (1807-1890) di Ponna in Val d'Intelvi. Fu professore al Seminario di Como e canonico della Cattedrale. Studioso di letteratura, storia locale, archeologia e epigrafia, fu tra i fondatori della Commissione Archeologica della Provincia di Como e del Museo Civico, e con Garovaglio dette vita alla Rivista Archeologica della Provincia di Como sulla quale pubblicò numerosi studi. Come Ispettore agli scavi d'antichità e ai monumenti di Como si dedicò allo studio e alla tutela del patrimonio artistico e monumentale locale.

3 Cfr. Riv. arch. com., Como, 1872, fasc. II, pag. 3, “Le tombe e le pietre pendenti nelle vicinanze di Torno”.

Ibid., Como, 1876, fasc. VII, pag. 8, “Notizie archeologiche riferibili a Como e alla sua provincia”.

Ibid., fasc. XVIII, pag. 15, “Le pietre cupelliformi del Piano delle Noci in Val d’Intelvi”.

4 Che i massi avello siano tombe di capi, sacerdoti o guerrieri come alcuni studiosi sostengono è da escludere se pensiamo ad una popolazione di pastori, contadini e cacciatori che in quei tempi antichi doveva abitare quei luoghi montuosi tra i due rami del lago di Como, solo una società complessa già altamente gerarchizzata, infatti, potrebbe giustificare che fossero stati costruiti a tal uopo.

5 Un rito di iniziazione è un complesso di riti di natura culturale e religiosa che permettono al partecipante «l'uscita da uno status in funzione dell'entrata in uno status diverso, talora in modo radicale, dal precedente».

L'iniziazione è presente come concetto in quasi tutti i gruppi culturali. Le origini dei riti affondano le loro radici nella preistoria, legate ai riti religiosi e di costume delle prime organizzazioni umane.

6 Da: A. Giussani, I massi-avelli di Parravicino, Plesio e Stampa, 1910.

 

 

Illustrazioni in allegato:

Piantina-elenco dei 40 massi avello (foto 1):

1. a Rivera in Canton Ticino, alle pendici del Monte Ceneri (Svizzera);

2.-3. a Scaria, frazione di Lanzo d'Intelvi in provincia di Como presso il lago di Lugano;

4. Rovio(Svizzera) presso il lago di Lugano;

5. a Como;

6. a Plesio;

7.-12. a Torno;

13. a Palanzo;

14.-15. a Lemma;

16. a Molina;

17. a Guello;

18. a Limonta;

19.-20. a Magreglio;

21. ad Asso;

22. a Penzano;

23.-24. a Longono al Segrino;

25. a Parravicino (con anche il coperchio);

26. a Galbiate;

27.-28. a Oggiono;

29. a Sirone;

30. a Dolzago;

31. a Barzago;

32. a Costamasnaga;

33. a Bulciago;

34. a Nibbiono;

35. a Dervio;

36.-37. a San Giorgio di Novate Mezzola in Valchiavenna (foto 2 e 3);

38. a Traona in Valtellina (foto 4);

39. a Berbenno di Valtellina (foto 5) detto anche 'La Cüna del Bàu' dalla popolazione locale;

40. a Stampa in Val Bregaglia (Svizzera) (foto 6) detto anche 'Tomba del soldato' o 'Tomba di sasso'.


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