Il Vaticano apre al preservativo? Meglio tardi che mai, ma purtroppo è ancora troppo poco! 
La nostra priorità è l'informazione e la prevenzione a partire dalla scuola: preservativo, preservativo, preservativo!
22 Novembre 2006
 
A fronte dei dati scoraggianti denunciati dal rapporto Unaids e Organizzazione mondiale della Sanità "Aids Epidemic Update", la possibile apertura del Vaticano all'uso del preservativo -solo tra coniugi in caso uno dei due sia infetto- è un raggio di sole nel buio di una politica sciagurata perpetrata per anni dalla Santa Sede. Un raggio non tanto per il possibile uso specifico minimale, ma per il segnale di apertura al condom: fino ad oggi criminalizzato come strumento del demonio. Sarebbe solo una parziale riparazione del danno già fatto e attualmente in corso, i cui effetti più perversi sono evidenti in Africa.
Di Aids si muore (2,9 milioni nel 2006), il virus è in espansione (4,3 milioni di nuovi casi lo scorso anno, di cui il 65% nell'Africa sub-Sahariana) e nonostante gli investimenti nella ricerca non esistono ancora terapie definitive. La miglior cura è perciò la prevenzione, e il preservativo è, ad oggi, l'unico "vaccino" sicuro.
Occorre investire nelle campagne di informazione e prevenzione a partire dalla scuola: utile sia per combattere comportamenti a rischio di virus e di infezioni -quali anche l'Aids- ma anche di gravidanze non desiderate.
Il ministro della Salute Livia Turco auspica che sia attiva la nuova commissionale nazionale Aids in occasione del primo dicembre, in concomitanza con la giornata mondiale, e che le politiche di prevenzione vengano potenziate senza ipocrisie. E al ministro ci rivogliamo perché la parola d'ordine sia: preservativo, preservativo, preservativo!
 
Donatella Poretti

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