Diario di bordo
I dati e la situazione del carcere di Sondrio 
I Radicali incontrano la Direttrice della struttura, assente in occasione della visita ispettiva
06 Marzo 2016
 

A seguito della visita ispettiva alla Casa Circondariale di Sondrio del 30 dicembre scorso, da parte di una delegazione di Radicali Sondrio congiuntamente a due parlamentari, ci sono stati forniti, dopo qualche insistenza, i dati richiesti con apposito questionario.

È stata dichiarata una capienza regolamentare di 65 posti, sebbene dai siti ufficiali del Ministero della Giustizia questa cifra risulti essere di 31 al 15/07/15 e di 29 al 31/12/15, mentre nel 2010 ci era stato risposto che erano 27. Eppure l'edificio risale a più di un secolo fa (per intenderci ai tempi di Lombroso) e l'impianto quello è rimasto, salvo modifiche non strutturali.

Erano presenti 36 detenuti comuni, tutti uomini, di cui 25 con condanna definitiva e 11 in attesa di giudizio: 10 sono tossicodipendenti, di cui 2 in terapia metadonica. Gli stranieri sono 25, i residenti fuori regione 27, solo 12 effettuano colloqui regolari e un detenuto usufruisce di permessi premio, in 6 lavorano come dipendenti dell’amministrazione penitenziaria.

Quanto al personale operante nel carcere, sono in servizio effettivo 20 agenti (rispetto ad una pianta organica che ne prevede 30), 1 educatore (sui 2 prescritti), mentre per gli stranieri non è prevista la figura del mediatore culturale.

Dopo un recente incontro con la Direttrice del carcere, Stefania Mussio, Gianfranco Camero ha dichiarato:

«Sebbene dai dati dello stesso Ministero della Giustizia continui a risultare un eccesso di detenuti rispetto alla capienza regolamentare (52.846 contro 49.592 al 29/02/16), abbiamo finalmente compreso perché il Ministro Orlando ripeta che l'emergenza carceraria è terminata: se è possibile raddoppiare la capienza (almeno sulla carta) in tutta Italia, come sembra accadere a Sondrio, sicuramente c'è posto per tutti!

Poi non sarà comunque come per Breivik, l'attentatore di Oslo, responsabile di 77 vittime, condannato a 21 anni di carcere, che sta scontando in una prigione norvegese di massima sicurezza, con 252 celle dotate di ogni comfort: tv, frigo e bagno con doccia, arte contemporanea alle pareti, palestra, laboratori, sovraffollamento inesistente, metà del personale costituito da donne, guardie disarmate. Il fatto però che lì il tasso di recidiva sia del 20%, mentre da noi circa il 70%, vorrà pur dire qualcosa.

I progetti che compaiono nella relazione del Garante dei diritti dei detenuti di Sondrio dell'aprile dello scorso anno (corsi di informatica, formazione professionale di tipo artigianale, lo “sportello del cittadino detenuto” per la tutela giuridica dello stesso), dovendosi basare solo sul volontariato, non trovano realizzazione per la mancanza di risorse finanziarie e per le diverse opinioni e modi di agire che caratterizzano i numerosi (e spesso precari) responsabili che si sono succeduti nella direzione dell'istituto penitenziario.

Diventa quindi un'illusione, nella maggioranza dei casi, il modello riabilitativo, pure sancito dalla Costituzione, così come andrebbe ripensato l'attuale modello di giustizia “retributiva”, che considera il reato come 'violazione di una norma' e la pena come 'conseguenza giuridica' che sanziona tale condotta e che ha generato un'impostazione formalistica del diritto penale ed un conseguente sistema altamente burocratizzato e astratto, nel quale le persone rimangono del tutto marginali.

Guardando a nuovi modelli, come la giustizia “riparativa”, andrebbe affrontata una sorta di rivoluzione copernicana, considerando il problema centrale della giustizia penale non più il concetto astratto di ordine giuridico, bensì la persona come singolo e come essere relazionale, a cominciare dalla vittima del reato e dall'obbligo che ne consegue per chi l'ha commesso di porre rimedio alle conseguenze lesive della sua condotta».

 

Radicali Sondrio


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