Io propongo di osservare l’archeologia come ‘rimeditazione di cose antiche’ piuttosto che come ‘studio di cose antiche’. La diversità dell’approccio consiste nel circolo, presente nel primo significato, diverso dal rettilineo, suggerito dal secondo: nel rettilineo io vado ad antiquitates, alle cose antiche, per comprenderle e sovrapporre le mie idee –come fa Klaus Schmidt, visto nella chiusa nell’ultimo articolo, dove dubita che non capirà più niente;1 nel circolo io entro nella mente umana, sempre quella (te.men in sumero);2 se non mi perdo progredisco: ‘dub-bi’ in sumero è ‘ciò che sta nella tavoletta’ trovata. La lontananza del percorso può esser molto breve –es. la mafia in Italia, 150 anni– o lunga –es., il nome it-al-ia, terra alta di luna e sole–, o lunghissima –l’inizio del neolitico–. È cretinismo la resa: ‘non so, non si potrà sapere’ perché non c’eravamo! Quella gente che scolpì i megaliti riconosciuti come templi sono umani, nam-u, in sumero.
Io ho appreso il circolo dai Zumeri col Capodanno; l’anno è un circolo, lat. anno (ablativo, caso dell’etimo), sum. an-nu, ‘immagine (nu) cielo (an)’. Gli anni passati sono ‘cose’ antiche irripetibili (uruburu, serpente che si morde la coda). Studiarli è prezioso quando la rimeditazione aggiunge qualcosa.
La mia rimeditazione è eme gir (lingua sumera, traducibile: giro del me, ovvero ‘riflessione dello scrittore sui fatti animati dalla divinità’). Archetipicamente è DA DUE UNO mentre il post Cristo è il DA UNO DUE (Re.: da Archetipi di Elemire Zolla).
Da ciò, memoria è lat. memoria, sum. me-mu-ri-a, ‘seme (a) -in- cammino (er) di me-mu’. In termini magici, me-mur-ia, ‘luogo (ia) di vita-morte (mur) del me –la parola divina creatrice-’ (moria, follìa in greco sec. Erasmo da Rotterdam, Elogio della follìa. Moria è il luogo da cui Abramo partì per sacrificare Isacco. Mur-ia è vita dei sani che riconoscono di dover morire ed è morte della consapevolezza dei folli che vivono ‘da morti’).
I paleonimi, ‘nomi antichi’, sono esempi di nomi rimeditabili. Il nome dei monti Zag-ros, ad est del Tigri, c’è oggi, c’è ne L’antica Mesopotamia dello splendido archeologo A. Leo Oppenheim, pubbl. da Newton a Roma nel 1980 e perdura dai tempi dei Zumeri. Oppenheim non se ne accorse, così come Klaus Schmidt e tutti gli altri, pur visto e rivisto. La rimeditazione sulle loro parole fa emergere la realtà antica rivista, finalmente, come insegna Licinio Glori. Così vale per Iran, Iraq, Oman [nam.u: ‘tutto’]…
Osserviamo in sillabe Zag-ros, ‘confini-capo’, nome e paleonimo già affrontato in “Allah e la Mezzaluna nell’esplorazione del neolitico. 2”. Abbiamo metà del Zag mu.
Zag-mu (-k)
New Year (festival) (‘edge, boundary’ + ‘name, year’ + genitive).3
Nome generale dell’anno fu sempre il mu (ogni anno col suo nome), il massimo del sacro sumero, come ru: mu-ru radica ‘muro’, il muro impedisce la conoscenza4 se sta di mezzo, ma è la modalità della costruzione se è con noi.
mu
n., name; word; year – where the words that follow could be a year-formula; line on a tablet, entry; oath; renown, reputation, fame (cf., gu10)].
v., to name, speak (cf., mug).
prep., because ; to; toward; in.
Emesal dialect form of gis/ges. Also with additional Emesal meanings: sky; instructions; fire; house; great. Also Emesal dialect form for gis2,3/ges2,3/us, man, male, penis.5
Da mu-ru, connessione tra il nome che dà nome a tutti i nomi, mu, ed il sacro ru, abbiamo ‘muro’ di un tempio, di una casa, di una città antica (perimetrale), oltre-chè la barriera di separazione. È il massimo del sacro, perché il luogo di unione di questo mondo e dell’altro, il fegato (in antico centro dell’essere animato, il nostro cuore).
mur, ur5 [HAR]
n., lungs; liver; fodder for fattening; lattice, grate (cf., ur5, muru12 –lettura circolare di mur–), and HAR-ha-da) (mu7, ‘to shout’/mud6 [clamo, grido], mu2, ‘to sing; to blow’ [è l’alef primordiale di Dio] + ur2, ‘root, base’).
v., to surround (circondo), enclose; to guard, preserve; to shout; to fatten; to grind, mill; to destroy; to spoil.
Demonstrative, thus; so; in this way.6
mur10, mu4 (-mu4) [TUG2]
to clothe; to dress oneself (reduplicated suggests a continuous activity) (mu10, ‘woman’, + ur, ‘to surround’).7
Questo muru è socialmente il muro perimetrale della città antica che definisce l’universo sociale dei suoi abitanti.
Abbiamo mu nella scrittura zag-mu-gaz, ‘confine-nome-rottura’ propone la galassia del cielo notturno senza nubi (nu-bi, ‘replica di nu, dell’Uno’ in sum.) con la via centrale dei meacula, ‘stelle’ –punti di aghetti del me–. Era vista come uno spettacolo presente degli dèi-stelle (come da insegnamento di Wilkler), mentre noi ne datiamo le origini al big bang. Mu(k) propone mucc, che conclude retro in u, pari ad a: mucca, la fonte del latte, ga, della via lattea. Ga-al è ‘latte alto’.
Volete l’etetimo di ‘galassia’?
zalag, zalah [UD], zalag2; zal
n., light, brightness; the light before dawn, early morning.
v., to shine, gleam; to illuminate; to cleanse, purify (often reduplicated) (cf., lah (UD).
adj., bright, luminous, radiant; pure; cheerful.8
Galaz- esce da una lettura retrorsa. Zi-a = ‘soffio-anima’. Zu-a = acquaintance, expert, experiened person.9
Dur-an-ki, che ho sempre letto ‘perdurare-cielo-terra’, nella rimeditazione mi fa vedere ‘urdu (2312 di ‘dur’), ordine –cielo-terra.
Carlo Forin
1 «Il carattere di muta pietra che le nostre fonti possiedono ci impedirà per sempre di sapere se a Gobekli Tepe il numen si fosse già trasformato in nomen, se cioè vi avessero fatto la loro comparsa esclusivamente spiriti, demoni e altre potenze trascendi, o se già si mescolassero a questi anche veri e propri dei e dee». Riferito nell’articolo precedente.
2 temen [TE]
perimeter; foundation(s), basis; foundation-charter; foundation platform; a figure on a ground made of ropes stretched between pegs, or the pegs themselves; excavation (often syllabically written te-me-en) (te, ‘symbol’ –connessione-/ti, ‘side, edge, stake’ –vita-, + men(4), ‘crown’ –e l’appena chiarito ‘me-en’, ‘parola-signore’- (TE archaic frequency). John Alan Halloran, Sumerian lexicon, Logogram Publishing, Los Angeles, 2006: 275.
3 Ivi: 310.
4 Quando è solo indoeuropeo, come nell’ideologia dominante, che chiamerei eidologia, ‘prima immagine’ falsa della realtà.
5 John Alan Halloran, op.cit: 176.
6 Ivi: 181.
7 Idem.
8 Ivi: 311.
9 Ivi: 316.