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(S)legati, al “Teglio Teatro Festival Valtellina” 2015 
La celebre vicenda degli alpinisti, protagonisti di “La morte sospesa”, rivive nello spettacolo di Mattia Fabris e Jacopo Bicocchi
05 Agosto 2015
 

Preparare un sogno. Scommeterci. Ed essere pronti alla sfida, con l’intento di vincerla.

È la meta di certe passioni e di certe esistenze.

Di sicuro è stata la meta da raggiungere per Simon Yates e Joe Simpson, i due celebri alpinisti inglesi che conquistarono la cima del Siula Grande (6536 metri), sulle Ande peruviane, dalla parete ovest: obiettivo mai raggiunto prima di allora. Ma fu un’ardua impresa, la loro, e lo fu ancor di più nella discesa, dove venne giocata la partita più difficile, quella per la vita, propria e dell’altro.

Della vicenda, uno dei due scalatori - Joe Simpson - scrisse in prima persona, in quello che si rivelò un best seller (e da cui venne tratto anche un bel film-documentario): La morte sospesa. A partire dall’incontro con questa narrazione, nasce lo spettacolo (S)legati di Mattia Fabris e Jacopo Bicocchi, in collaborazione con l’associazione Ratatok Teatro di Novi Ligure.

È l’estate del 2012, quando la pièce gira in tournée la prima volta, a piedi, per i rifugi delle Alpi Orobie. Ed ora è giunta a più di 200 repliche, l’ultima delle quali vista - e apprezzata con cinque minuti di applausi – al “Teatro Festival” di Teglio, quest’anno alla sua settima edizione.

È una serata di pioggia, vento e nebbia, a Prato Valentino, presso la Baita del Sole. Le condizioni fanno da scenario ideale per la mise en scène. Gli attori si concentrano per un attimo e via! Lo spettacolo correrà con un ritmo perfetto e ci condurrà su per la vetta, in un crescendo di aspettative e fatiche, di entusiasmi e preoccupazioni. I fattori da tener presenti sono tanti, e molti non dipendono da chi scala: il tempo a disposizione, le ore di luce, le condizioni meteo… E naturalmente, la professionalità, le attrezzature, l’affiatamento. La voglia di farcela va rinfocolata ogni volta che qualcosa va per il verso sbagliato, ogni volta che il freddo glaciale arriva a paralizzare, quando i viveri scarseggiano, quando il respiro stesso è da dosare e da conquistare. Gli attori riescono a coinvolgere con cambi di registro, a far percepire l’altalenarsi delle sensazioni dei due scalatori, a suggerire con maestria l’ascesa su pareti a picco, su lastre di ghiaccio infide, a far sentire il freddo e l’accompagnatrice silenziosa di ogni scalata, se fatta con senso del limite: la paura.

Con loro, lo spettatore gioisce per la conquista della vetta. E si commuove, al vedere le lacrime negli occhi degli attori, di fronte alla maestosità di ciò che pare ammirino davvero in quel momento davanti a sé: una natura incontaminata, immensa e quasi altera, nel suo distacco da ogni piccolezza degli esseri umani, ma per una volta – per quella volta – avvicinata, come ci si può avvicinare a qualcosa di tanto agognato e finalmente ottenuto, a prezzo di sacrifici.

Ma è nella seconda parte della spedizione che avviene qualcosa di terribile. Durante la discesa Joe si romperà la gamba, un incidente grave, la percezione immediata per tutti e due che, da quel momento, ogni cosa assumerà altri colori: in gioco – a quelle altitudini, in quelle condizioni – la vita stessa. Ed è a questo punto che tanti nuovi sentimenti prenderanno il sopravvento, nuove decisioni inaspettate saranno da prendere. Essere altruisti, mettere al primo posto l’amicizia, i legami? Oppure optare per il realismo, perfino far prevalere una soluzione cinica, ma in grado di proteggere almeno se stessi? Cosa fare, dunque? E risolto un dilemma, convivere con le conseguenze, col senso di colpa, con il non riconoscersi più… Saranno diverse le sfide per Simon, e altrettante quelle per Joe. L’uno a decidere per la vita propria e del compagno, l’altro a combattere anche ridotto allo strenuo, senza più forze, con dolori atroci e la mente che ormai sfugge, per ringraziare un fato che comunque ha lasciato un’opportunità. Unica e che sta a te non far sfuggire.

In palio, oltre alla vita, il perdurare di un’amicizia, la capacità di perdonare e perdonarsi, di mettersi nei panni scomodi degli altri, di comprendere senza giudicare. Una lezione utile, eredità per ambedue nel prosieguo delle loro esistenze. Al di là delle critiche altrui e dei facili processi.

Lo spettacolo è stato di grande impatto; nonostante il pubblico non fosse numeroso si è creata una platea particolarmente coinvolta e un’atmosfera favorevole a vivere quest’esperienza di teatro come nel più riuscito dei modi, vero connubio tra attori e spettatori in quell’alchimia che fa, di questa forma d’arte, un autentico tramite ad emozioni speciali. Bravissimi, Mattia e Jacopo!

 

Annagloria Del Piano

 

 

»» Sito web dello spettacolo

Con tutte le date delle rappresentazioni (in particolare nei rifugi, che Mattia e Jacopo preferiscono)


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