Per l’Enciclopedia Treccani i Masai vengono definiti: «Popolazione africana che abita una vasta zona tra il Kilimangiaro, il Lago Vittoria e il Lago Naivasha, spingendo le sue propaggini a nord sin verso la regione a sud del Lago Turkana».
Le origini e localizzazione
I Masai sono probabilmente originari del Nord Africa e seguendo il corso del Nilo sono discesi fino a Sud fino a giungere nella Rift Valley e provengono da una importante etnia che dividendosi in vari clan diede origine anche alla tribù dei Samburu e degli Njemps. La lingua Maa infatti, termine da cui deriva il nome Masai, li accomuna ancora oggi. La lingua masai appartiene al gruppo meridionale delle lingue nilotiche; per questo rientrerebbe in ultima analisi nel gruppo camitico; secondo Meinhof (1912) il masai è una lingua prettamente camitica, mentre Murray (1920) la ritiene una lingua camitizzata.
Dal punto di vista antropologico i Masai sono affini alle popolazioni dell'Etiopia e sono prevalentemente pastori seminomadi, per quanto alcuni gruppi si siano adattati all'agricoltura stanziale a somiglianza delle popolazioni limitrofe ma anche se il loro sostentamento si sta focalizzando sempre più sull'agricoltura per loro il bestiame rimane letteralmente sacro.
Sono tradizionalmente un popolo nomade formato da pastori; in passato si muovevano per tutto il Kenya e parte della Tanzania, oggi invece si possono trovare in prevalenza nel sud-ovest del Paese, dalle parti dei parchi protetti Tsavo, Amboseli e Masai Mara e negli spazi aperti della Great Rift Valley.
Sono sopravvissuti a un’epoca passata e vivono più o meno come vivevano i loro antenati secoli fa. Noncuranti del passare del tempo, la loro vita è regolata dal levare e dal calare del sole e dal continuo mutare delle stagioni. L’abilità dei Masai sta nel saper sopravvivere nell’ambiente aspro e nel paesaggio accidentato della Rift Valley camminando a lunghi passi, percorrono grandi distanze alla ricerca di pascoli verdi e sorgenti d’acqua per il bestiame.
I Masai seminomadi vivono in recinti la cui circonferenza è formata di una continua costruzione in ramaglia e fango (col tetto pianeggiante) divisa da tante pareti intermedie in più settori, in ognuno dei quali vive un gruppo di pastori, gli agricoltori invece abitano in villaggi permanenti.
La società Masai
I Masai vivono in clan e la costituzione politico-sociale dei Masai è fondata su di un sistema di classi di età. Il ciclo è composto di tre gradi: uno iniziale, caratterizzato dalla "festa della pubertà"; uno successivo "guerriero"; e un terzo grado "anziano". La "festa della pubertà" ha come suo rito principale quello della circoncisione degli iniziandi che tuttavia, presso i Masai, è operata in modo diverso da quello dei popoli finitimi perché si suole anche escidere il frenulo. I giovani Masai ammessi al secondo grado vivono fra loro in speciali villaggi e debbono ricavare dalla caccia (anticamente anche dalla guerra) le vittorie e i mezzi necessari ad acquistare la promozione al grado superiore. I "guerrieri"1 hanno libere unioni con ragazze, non mangiano che carne, latte, miele e sangue: essi usano trarre il sangue dai loro bovini senza ucciderli per berlo e serve a ridare forza a feriti, persone deboli e partorienti. Giunti al grado di "anziani" i Masai si sposano entro la loro stessa tribù almeno, l'endogamia era una volta strettamente osservata.
Le abitazioni dei Masai sono tradizionalmente costruite dalle donne con rami ed erba intrecciati e poi rivestite di letame. Hanno forma ovoidale e sono disposte in un grande cerchio che serve per proteggere il kraal2 interno, dove il bestiame dorme la notte. L'intero perimetro è recintato con rami aguzzi e spinosi che proteggono sia i Masai che il bestiame da animali predatori.
Le attività delle donne masai si svolgono in parte all’ombra di un’acacia, dove si ritrovano a parlare e realizzano guarnizioni di perline su pelli conciate, ma gran parte del tempo è dedicato per attingere l’acqua e raccogliere la legna, riparare la loro abitazione e badare ai bambini piccoli.
Verso il tramonto, quando il sole africano comincia ad allentare la morsa sul villaggio, i pastori rientrano lentamente con la mandria e gli zoccoli sollevano una nuvola di polvere rossa, un segnale per le donne che lasciano il lavoro domestico ed accolgono la mandria, poiché spetta a loro mettere il bestiame al sicuro all'interno del kraal, mentre gli uomini si aggirano in mezzo agli animali, accarezzando le corna dei tori ed ammirandone la bellezza. Alle bambine spetta invece la mungitura e riempiono fino all'orlo le lunghe zucche che usano come recipienti.
Usi costumi e credenze
Alta e slanciata con bei lineamenti, la popolazione Masai attualmente si aggira intorno ai 400 mila individui (CIA, The World Factbook, 2014) e non è tra le etnie prevalenti sia del Kenya sia della Tanzania. Il loro abbigliamento è estremamente pittoresco (foto): si avvolgono intorno al corpo snello drappi sgargianti rossi3 e blu ed indossano spesso abiti in pelle. Le donne di solito si adornano con larghi collari piatti ornati di perline e fermacapelli multicolori; attorno a braccia e caviglie portano massicce spirali di rame. Uomini e donne spesso si allungano i lobi degli orecchi modellandoli con pesanti orecchini e ornamenti di perline. L'ocra, minerale rossiccio ridotto in polvere, viene spesso mischiato con grasso bovino e spalmato sul corpo a regola d'arte.
Anche le collane, tradizionalmente fatte a mano dalle donne, nascondono una loro simbologia: come regola generale i tre colori predominanti sono il rosso, il blu ed il verde. Il primo è il colore della tribù, il blu rappresenta Dio e il cielo, mentre il verde rappresenta il dono più grande: il bestiame ed i pascoli.
Alla sera sono soliti ritrovarsi alla luce del fuoco per le danze e in piedi a cerchio, si muovono ritmicamente e più la velocità della danza aumenta, più i pesanti collari battono ritmicamente su e giù sulle spalle delle ragazze. Poi, uno ad uno, i guerrieri Masai entrano a turno al centro del cerchio, dove eseguono una serie di spettacolari salti verticali, lanciandosi in alto nell’aria. La danza continuare a notte inoltrata finché tutti sono esausti.
Come presso altri popoli dell'Africa orientale, i Masai considerano omaggio presentare all'ospite fascetti di erba su cui essi sputano, poiché, lo sputare, per le loro credenze magiche, è segno di benedizione.
I Masai sogliono avvolgere i loro morti in pelli, ungerli di grasso di bue e abbandonarli nella boscaglia perché le iene li mangino; è infatti considerato di malaugurio che il cadavere non sia in tutto consumato dalle fiere.
Le credenze e la mitologia dei Masai sono molto legate al loro modo di vivere. Quasi tutti i riti, superstizioni e quant'altro vedono come protagonisti gli animali selvaggi, il loro bestiame e la flora della savana.
Secondo una credenza ancestrale i loro greggi di bovini sono un vero dono dal paradiso: un tempo la terra e il cielo erano tutt'uno, dopo la divisione operata dal dio Enkai furono eretti dei ponti fino al paradiso. Per mezzo di questi ponti, rappresentati dagli alberi di fico, il dio regalò greggi di mucche, facendo scivolare i bovini dai rami degli alberi fin giù sulla Terra. Anche l'erba è considerata sacra: quando un Masai passa davanti a un fico è uso comune toccare l'erba vicino alle radici, rendendo omaggio a ciò che ha portato le greggi (l'albero) e a ciò che le fa vivere (l'erba).
I Masai credono che tutto il bestiame della terra appartenga loro, questa credenza deriva dalla leggenda che nel principio Dio aveva tre figli e che diede un dono ciascuno. Il primo figlio ricevette una freccia per cacciare, il secondo una zappa per coltivare e il terzo un bastone per radunare il bestiame. Quest'ultimo figlio, si dice, divenne il padre della nazione masai. Anche se altre tribù possiedono bestiame, i Masai credono che quegli animali in fondo appartengano a loro. Nella comunità masai, la grandezza della mandria e il numero dei figli determinano la posizione e l'importanza di un uomo. Certo chi ha meno di 50 capi di bestiame è considerato povero poiché 50 capi sono la quantità per assicurare la sopravvivenza di unna famiglia. Con l'aiuto dei numerosi figli e delle mogli, il Masai spera un giorno di mettere insieme una mandria anche di un migliaio di animali. Nella cultura masai la ricchezza è data dal bestiame e dai figli ed entrambi questi valori sono legati alle donne. Chi possiede più capi di bestiame può avere più mogli e un maggior numero di figli.
I componenti della famiglia hanno un legame affettivo con il loro bestiame. Ogni animale ha una voce e un temperamento particolare che la famiglia conosce bene. Il bestiame viene spesso marchiato e contrassegnato da lunghe linee curve e disegni complicati destinati ad accrescerne la bellezza. Si cantano canzoni che descrivono la bellezza fisica di certi capi di bestiame ed esprimono affetto per loro. I tori dalle grandi corna ricurve sono particolarmente apprezzati e i vitellini vengono trattati con tenerezza e coccolati come se fossero bambini appena nati.
La sopravvivenza stessa dei Masai dipende dalla salute e robustezza dei loro armenti. Il latte degli animali viene consumato e il letame serve per rivestire le abitazioni. Raramente uccidono il bestiame grosso per sfamarsi; di solito tengono a questo scopo alcune pecore e capre. Ma quando si uccide un capo di bestiame, se ne utilizza ogni parte. Le corna servono come recipienti; con gli zoccoli e le ossa si fanno ornamenti e la pelle viene conciata per fare calzature, indumenti, coperte e funi.
Tra gli animali selvaggi gli gnu godono di una notevole considerazione, contribuendo alla rigenerazione del manto erboso e quindi alla salute dei capi di bestiame. I leoni, anche se rispettati, sono invece una seria minaccia; la caccia al leone, chiamata Olomayio, è parte integrante della vita di questo popolo: rappresentata con diversi cerimoniali è considerata anche un'opportunità per i giovani di provare il loro coraggio. Un successo nella caccia al leone viene sempre seguito da una grande festa tribale in cui i protagonisti si cimentano in una spettacolare danza chiamata Engilakinoto: ritmo frenetico, cori assordanti ed improbabili rotazioni del torace. Quando la danza entra nel vivo i giovani Masai mostrano la loro forza facendo i famosi, altissimi salti a piedi uniti. La stessa dimostrazione di forza accompagna anche balli in onore delle mandrie (Eoko) e canti propiziatori per le battaglie.
La vita dei Masai: dall'infanzia all'età adulta
Il cammino della vita di un Masai è accompagnato da intense cerimonie che segnano i passaggi del suo status dalla nascita fino alla morte.
I bambini piccoli, che indossano solo cinture e collane di perline, giocano nell’aria fresca del mattino. Le loro risate sono un suono confortante per i Masai, che amano teneramente i figli da cui dipendono le loro speranze future e la loro stessa sopravvivenza.
L’educazione dei bambini è un’impresa comune: qualsiasi persona anziana della comunità può disciplinare e castigare un bambino disubbidiente. Ai bambini viene insegnato il rispetto per gli anziani ed imparano presto il modo di vivere della famiglia masai. I primi anni sono spensierati, ma appena sono più grandi, le bambine imparano a svolgere le faccende domestiche ed i bambini a curare e proteggere il bestiame. I genitori tramandano ai figli la conoscenza delle medicine tradizionali e insegnano loro riti e tradizioni masai che riguardano ogni aspetto della vita.
Man mano che crescono, i giovani imparano le usanze e le cerimonie che segnano il passaggio dall’infanzia all’età adulta; alcuni dei rituali hanno a che fare con le malattie, la sfortuna, il matrimonio e la morte. I Masai credono che se non osservano queste cerimonie saranno maledetti.
I genitori possono decidere il matrimonio di una figlia quando è ancora bambina: la ragazza viene promessa ad un uomo che possiede abbastanza bestiame da pagare il prezzo della sposa richiesto dal padre. Spesso sposerà un uomo molto più vecchio e troverà posto fra le altre mogli nella famiglia di lui. Durante il matrimonio le ragazze indossano lunghissime collane blu. Essendo un giorno speciale e volendo mostrare tutta la loro eleganza a volte portano talmente tante collane e ornamenti vari che a stento riescono a camminare.
Quando crescono i ragazzi della comunità masai si uniscono agli altri maschi della stessa età lasciano il Kraal paterno e abitano tutti insieme in piccoli accampamenti costruiti appositamente dalla madre dei guerrieri e formati da 49 capanne richiuse in un recinto (49 è il numero sacro preso i Masai). Essi devono mangiare in comune e la loro alimentazione, solitamente a base di latte e carne, è cucinata dalle madri che hanno accesso all'accampamento. La speciale amicizia che stringono con i coetanei può durare tutta la vita e da ragazzi inesperti diventeranno guerrieri. Come tali si assumeranno la responsabilità di proteggere l'insediamento, mantenere le fonti d'acqua per la comunità e difendere il bestiame dagli animali predatori e dai ladri. Noti per la loro audacia ed il loro coraggio, comunemente i Masai non si vedono mai senza la loro lancia ben affilata.
Quando hanno più o meno 30 anni, i guerrieri compiono l'ultimo passo verso la maturità. L'iniziazione alla vita da adulti avviene con grande eccitazione e cerimonia. È la madre che li accompagna alla cerimonia di iniziazione alla vita adulta: l'iniziato indossa grossi ciondoli chiamati surutia che in seguito restituirà al genitore che li indosserà fino alla morte.
La prima fase per accedere al nuovo stato sociale consiste nello girovagare da solo per gli altopiani visitando altre comunità masai.
Successivamente la madre raserà a zero la testa del figlio, che dopo la toccante cerimonia denominata Eunoto sarà proclamato adulto e avrà la facoltà di sposarsi.
Una volta sposati, i Morani (giovani) raggiungono il grado "Giovani Anziani" per diventare, col passar degli anni, "Anziani" a tutti gli effetti. Un "Anziano" è molto rispettato all'interno della sua comunità e lo si può riconoscere dal lungo bastone che porta a simboleggiare la saggezza.
Oggi le usanze e la cultura uniche dei Masai stanno scomparendo in parte anche se ben radicate nella comunità. In alcune zone non possono più vagare liberamente con il loro bestiame in cerca di nuovi pascoli poiché ampi tratti di territorio, che per tradizione costituivano la loro terra, sono stati trasformati in riserve naturali o attualmente vengono destinati all’edilizia e all’agricoltura. Siccità e difficoltà economiche costringono molti Masai a vendere il prezioso bestiame per sopravvivere. Quando si trasferiscono nelle grandi città, incontrano gli stessi problemi che affliggono molte popolazioni rurali africane che dalla campagna migrano in città (Varani, Primi, 2011).
Le donne masai protagoniste di piccoli cambiamenti
L’insieme delle donne Masai, a differenza degli uomini, è diviso in soli due sottogruppi: il primo comprende le bambine e le giovani donne (0-16 anni) queste non sono circoncise e si possono accompagnare con i giovani guerrieri; il secondo comprende le donne 17 anni in poi, esse vengono circoncise cessano così di essere le compagne dei guerrieri e si debbono meritare solo con uomini che non sono più guerrieri e che sono entrati a far parte delle categorie degli anziani.
Ogni giovane donna dichiara il suo amore ad un giovane guerriero, lo porta a casa dai genitori e questo diventerà il guerriero preferito; ma ogni ragazza ha anche altri amori: c'è un secondo guerriero, amico del primo, con il quale essa si accompagna in assenza del preferito; c'è poi un terzo guerriero che li sostituisce entrambi durante la loro assenza. Tra i tre guerrieri non c'è gelosia e rispettano il loro ruolo con la giovane donna che continuerà a frequentarli anche dopo il matrimonio che avverrà solo dopo la circoncisione.
In genere sono molto diffidenti e non amano gli intrusi, non parlano né inglese, né swahili (la lingua nazionale dell'Africa orientale), ma solo l'Ol Maa.
Nella cultura masai la mutilazione genitale femminile (mgf) non riguarda tanto il preservare la verginità quanto il coraggio, la forza di affrontare il dolore che sono considerati una sorta di iniziazione all’età adulta. Le ragazzine si vantano di non aver pianto o opposto resistenza durante la procedura. E i giovani uomini scelgono le mogli solo tra le donne già mutilate, certi che così non saranno interessate a tradirli mentre loro sono a caccia o a combattere.
Nel 2015 per la prima volta, grazie al lavoro di Amref Africa, una comunità masai di Entasopia, nel sud del Kenya, ha deciso di smettere la pratica delle mgf. Al posto del classico “taglio” è prevista una sorta di cerimonia di passaggio nell'età adulta priva di riti cruenti. I famigliari, gli anziani saggi, i guerrieri moran, sono stati pian piano persuasi che la pratica era dannosa e pericolosa. Difficile da convincere sono state le “tagliatrici” che praticavano le mgf nella comunità convinte che nulla ci sia di male nel rimuovere clitoride e genitali esterni alle ragazze e che le mgf vanno intese come atto di coraggio che rende le giovani donne degne di essere delle mogli masai. I volontari del progetto di Amref hanno ricompensato le “tagliatrici” in altro modo, fornendo loro una piccola ricompensa per ogni donna incinta che portano a partorire nella clinica vicina in modo da abbassare l'altissima percentuale di mortalità dovuta al parto.4
Sino a qualche tempo fa, il crepuscolo era un momento di forte disagio per la gente di Magadi, un villaggio nella contea di Kajiado, nel Kenya. Al tramonto, gli agricoltori cominciavano a preoccuparsi per il loro bestiame, facile preda di iene e leopardi. I bambini accendevano il fuoco per terminare il loro lavoro scolastico, riempiendo le case di fumo. Oggi come scende il buio, le luci si accendono sul villaggio, grazie all'impegno profuso da più di 200 donne Masai, in prima linea nella “rivoluzione solare”.
Tutto ciò è tato possibile grazie a Green Energy Africa, che vede il sole come una grande risorsa per la comunità e punta sulle donne affidando loro incarichi importanti. Infatti dopo un adeguato corso di formazione, Renewable Energy Project (WEREP),5 le donne Masai diventano dei veri e propri installatori di pannelli solari, incoraggiandole a commercializzare il concetto di energia pulita ad altri villaggi della comunità Masai. Fornite di campionari composti da pannelli solari, piccole batterie ricaricabili ed altri prodotti, con un significativo sconto, le donne (organizzatesi in gruppi di cinque) vendono i prodotti, con un buon profitto (300 scellini = R40) per ciascuna. Per trasportare il loro materiale solare di casa in casa nella remota regione, le donne, utilizzano gli asini, dando in tal modo alle famiglie il loro primo accesso all'acqua pulita e ad una energia affidabile. Le guerriere del sole. È questo il soprannome affibbiato a un gruppo di donne Masai, che al tramonto si mette in cammino con al seguito dei pannelli fotovoltaici portatili.
Vere e proprie combattenti, che lottano contro la povertà e il buio portando l'elettricità laddove manca, in Africa. Girano per i paesi di Kenya e Tanzania di casa in casa, portando letteralmente la luce.
Bibliografia
Baumann O., Durch Massailand zur Nilquelle, Berlino 1864.
Hinde H., The Masai Language, grammatical notes, together with a Vocabulary, Cambridge 1901.
Johnston H., The Uganda Protectorate, Londra 1902.
Hollis A. C., The Masai, their Language and Folklore, Londra 1912.
Meinhof C., Die Sprachen der Hamiten, Amburgo 1912, pp. 184-210.
Murray G. W., Comparative Essay: the Nilotic Languages, in Journal of the R. Anthropological Institue of Great Britain and Ireland, L (1920), pp. 327-368.
Spear T., Waller R., Being Maasai: Ethnicity and Identity in East Africa, Londra, 1993.
Varani N., Primi A., La condizione della donna in Africa sub-sahariana. Riflessioni geografiche, Libreria Universitaria, 2011.
1 I Masai hanno avuto fama di popolo bellicoso e spesso hanno opposto una fiera, quanto inutile, resistenza agli Europei.
2 O detto anche craal (dal portoghese corral che significa recinto), termine afrikaans, impiegato anche nell'inglese sudafricano, che significa recinto per il bestiame situato all'interno di un insediamento africano o villaggio, circondato da una palizzata, muro di fango, o di recinzioni di altro tipo, approssimativamente di forma circolare.
3 Il rosso ha un significato particolare per le credenze masai: è la tonalità base di quasi tutti i braccialetti e degli indumenti quotidiani.
4 Dopo il parto ad esempio le ragazze che non hanno subito pratiche di mgf sono in grado di camminare lo stesso giorno mentre per le altre c'è bisogno di almeno tre giorni per alzarsi poiché hanno complicazioni post parto con forti emorragie.
5 Il Werep (Women Entrepreneurship in Renewable Energy Project) ha come obiettivo promuovere la partecipazione inclusiva delle donne e dei giovani nello sviluppo attraverso l'energia solare, portando energia alle persone che ne hanno davvero bisogno e che vivono nelle contee di Kajiado e Makueni.