L’ho sentito suonare nella stanza dell’anima fin dalla prima pagina, non ho lasciato le note che si stavano preparando in questo racconto dal momento che ho avuto lo Stenway della copertina fra le mani, e in un pomeriggio di fine maggio me lo sono ascoltata interamente, leggendolo. È questo il racconto di Raffaello Torrisi, Il pianoforte di Lucia, stampato in proprio, e distribuito presso Ponteggia Libri Antichi di Chiavenna, un libro che suona negli occhi di chi lo sa ascoltare.
Lucia, la protagonista, con lo strumento musicale del pianoforte sta studiando la propria vita, sta cercando di ascoltare il suo suono interno, che vorrebbe risuonare nella sua esistenza. È un lavoro psicologico di coerenza quello che impegna la protagonista, un voler ascoltare le vibrazioni del suo animo e accordarle a quelle della sua vita, dentro e fuori, la realtà maritata al sogno, il desiderio sposato alla vita.
Lucia non ha un’età, e in fondo ha vent’anni «... era cresciuta, tra le note dei più famosi compositori, elevandosi spiritualmente ed intellettualmente, ma la vita era volata via e con essa alcuni sogni di giovinezza. Ora capiva, ciò che l’acqua del fiume rappresentava nella sua mente: l’impossibilità di poter recuperare ciò che era passato. Divenuta grande e sicura, non poteva più cercare in esso le cose perdute. Doveva guardare avanti senza voltarsi, senza rimpianti, conservando i ricordi in quanto tali e cogliendo in essi il lato migliore».
Si riesce a sentire in ogni pagina il delicato sospiro della ragazza che si muove nella sua crescita come persona e come artista, nella cornice di Chiavenna, che non fa solo da sfondo, ma anzi alimenta e da corpo all’intera storia. Ambientata nella mia nativa terra, che ho ritrovato in ogni ‘canton’, - e che ho riscoperto ancora più bella e più preziosa di quanto non abbia mai compreso fino in fondo, mi ha lasciata piena di meraviglia questa storia. Come se avessi ritrovato anche una parte di me, in un angolo del paese e in un angolo del mio cuore, e in un angolo della mia vita.
Le illustrazioni del pittore Kim Sommerschield poeticamente regalano quattro scorci del paese, nello scorrere della narrazione. E anche il disegno lavora nel suo tratto mostrandoci l’importanza di riconoscere il castello nella propria casa. Un portale, una strada, una finestra, un albero. Noi siamo fatti anche di questo, anzi questo compone il nostro mondo, esterno ed interno, di ricordi e di presente che scorre.
L’autore Raffaello Torrisi, non oriundo, ama questo borgo antico quasi fosse proprio il suo, e questo lo sa descrivere con sentimento, contemplando l’anima della pianista attraverso i suoi passi, quelli camminati e quelli suonati con le mani. Ho trovato questo scritto come un vibrante e rinfrescante sorso di vita, di cui non sapevo di esserne quasi assiderata e bisognosa, dal volerlo rileggere una seconda volta. Quasi fosse stato ambientato in un tempo fuori dal tempo, quasi ci ridonasse un senso lento e profondo delle cose che abbiamo dimenticato, quasi che ambientato in un piccolo borgo di montagna le persone che lo abitano diventassero esse stesse attori della storia di una vita in crescita, quella di Lucia e della propria attraverso di lei. È un libro che dovrebbe stare nella valigia di ogni convalligiano e di ogni turista, che ne potrebbe venire accompagnato a camminare per le strade di piottoli, sotto i tetti di piotte, con le montagne solleticate dalla luna, con l’estate che trova refrigerio nella sale dei crotti, con le chiacchiere della Piazza che sovrastano ancora quello dei rumori delle macchine, con il fruscio dei platani del Pratogiano, con la chiesa di San Lorenzo che regala con il suo campanile poco distante i versi del poeta Bertacchi, con l’autunno color ruggine e la neve sulle cime che addolcisce l’inverno, con l’ascolto della pace o del tormento del fiume Mera, con il piovasco che ricolora la natura e con noi che cerchiamo di ascoltarci attraverso le note di uno strumento suonato per leggere quelle nostre interne, come ci insegna la protagonista... «ormai Lucia era una pianista; doveva solo maturare musicalmente, provare dolori, gioie, affanni e amore raggiungendo così piena consapevolezza della vita».
Ascoltando come Lucia: Cecile Chaminade in “The Mermaid”.
Barbarah Guglielmana