Se hai memoria di un bacio,
ne hai trattenuto il respiro
Boschi e cave di pietra si alternano in un paesaggio tranquillo, appartato, poco popoloso, un edificio dimesso, un rustico androne acciottolato apre l’accesso ad un luogo incantato. Un vialetto accaldato d’estate e musicato dal frinire delle cicale accompagna il passeggere al silenzio profondo e stupefatto del miracolo. Si aggira per stanze un custode di poesia, di quella che ogni volta sorprende, tocca, lacera silente la caducità del mondo e respira proprio qui dove la scenografia bisogna pensarla parte di una più vasta, colossale, recita teatrale e le sue parole si fanno immagine e raccolgono l’anima di un artista tra il tracimare del cuore e l’ossessione dell’equilibrio. L’idea della bellezza teorizzata dal Winckelmann che per molto tempo lo aveva rinchiuso nel cliché delle teorie neoclassiche, pur assorbite come necessario substrato culturale, presto lascerà spazio a sensualità, morbidezza, musicalità tipicamente veneta che tradurrà nei corpi, superfici tormentate e salutari… dolce eh! Ma per niente tranquillizzante…anzi l’inquietitudine più incalzante… Al mutare dello sguardo della ragazza, sorpreso, perplesso, sorridente, le parole del custode, dolci, lente sembrano ripetersi ai visitatori ogni volta in rinnovata modalità d’amore. Voce affabulante che segue il percorso del grande Canova come se parlasse a se stesso.
La ragazza – Labbra carnose…
Il custode – Sì, se li ricordi i tratti sensuali e gli occhi che guardano lontano. Se vuol capire qualcosa del Canova…
L’iter della sua creazione prende forma nel disegno, il rapido bozzetto di creta modellato con le dita e con la stecca, l’eventuale verifica della composizione e delle varianti in pittura, la realizzazione del modello in gesso, infine la sbozzatura del blocco, la lavorazione e la levigatura del marmo ed è qui che scopriamo il fantasma dell’ossessione nella conciliazione degli opposti e la polarità fra sensi ed intelletto è l’essenza stessa della sua arte.
Il custode – La passione che, colta dai sensi viene elevata al livello della ragione. Per farla durare nel suo momento di maggiore intensità.
Il poeta – È la ragione/ che si fa linguaggio/ volto a spiegare/ persino il sentimento/ e l’emozione,/ musica interiore/ che su da sotto sale/ e consegnandosi/ all’urto materiale/ delle precipitose/ ondivaghe onde sonore/ parla mentre si scontra,/ per domarla,/ con la resistenza delle cose. (Paolo Ruffilli – natura morta)
La giovane visitatrice chiede di vedere su suggerimento del nonno le statue di Dedalo ed Icaro. Composizione a chiasmo – spiegherà il custode – con i due angoli acuti che s’incontrano nel gruppo a significare la conciliazione degli opposti e nel contempo la loro inconciliabilità. Generazioni a confronto nel momento in cui Dedalo attacca le ali dietro le spalle del figlioletto e fuori, dalla spazialità quasi atemporale del tempio, nonno e nipote s’incontrano e proseguiranno il viaggio nell’eredità del vecchio verso il nuovo dopo aver accarezzata quella retta che da porta a porta in linea retta indicano nascita e morte ed eredità d’affetti fino …alla zona misteriosa/ e non contaminata/ da cui proviene/ insieme con la vita/ tutta la schiera dei mostri e dei fantasmi/ dispersa e trascinata/ dalle onde… che sia laggiù la nostalgia del mare? (Paolo Ruffilli – natura morta)
Pubblicato recentemente da Paolo Ruffilli, con prefazione di Sandro Bolchi accompagnato dalle fotografie di Mimmo Jodice, il testo nasce come sceneggiatura mai realizzata per la RAI nell’81. Oggi è finalmente uno splendido testo e gesto d’amore.
Patrizia Garofalo
Paolo Ruffilli, I fantasmi della gipsoteca
L.C.E. Biblioteca dei Leoni, 2015, pp. 96, € 16,00