– Ho potuto vedere le tue ultime opere, i MorganArtBooks, che presto cominceranno a varcare la soglia della tua casa per essere protagonisti di mostre sia in Italia che all’estero e precisamente a Kassel il prossimo 9 maggio. Quando ti è venuta l’idea di realizzare opere d’arte utilizzando come materiali i libri pubblicati dalla tua casa editrice?
Già alla fine degli anni Settanta ho realizzato i primi libri-opera con i vestiti indossati durante le mie performance: sporcati, come quelli di “Mangiare il gelato è distruggere il gelato, mangiare il gelato è farlo vivere con te”, o immersi nell’acqua nera, come quelli dì “Ekatombe”. Ho utilizzato e trasformato anche alcuni oggetti presenti in quelle azioni come il caricatore circolare di un proiettore Carousel con una serie di diapositive del “Viaggio in Siria” che ho fuso col calore creando un unico blocco. Con le fotografie scattate alla mia performance “Donna/Albero” del 1975 dall’unico spettatore ammesso e presente, il fotografo Carlo Fabre, ho impaginato il libro-opera “Omaggio ad Artaud”, eccetera.
Consideravo quei manufatti le testimonianze di spazi mentali, non temporali o geografici. Nel sentrmi costantemente immersa in rebus esistenziali dai limiti illimitati provavo l’urgenza di creare dei cancelli sia attraverso l’espressione performativa sia trasformando le tracce prodotte, verbali, visive e materiche, in libri-opera.
Quando, nel 1985, ho costituito la casa editrice Morgana Edizioni mi è stato naturale pensare di trasformare i “miei” libri in altro dall’uso per cui erano stati pubblicati. Avendoli progettati, ne conoscevo bene la struttura grafica, l’alternanza delle pagine bianche o scritte oppure con immagini e il tipo di carta usata. Avevo a disposizione dei libri, i “miei” libri, come materia prima per iniziare una sperimentazione di forme e orditure mai realizzate prima.
– Quali sono stati i primi esperimenti?
Ho realizzato i primi “Libri improbabili” nel 1985, ma ne faccio ancora se qualche libro si presta in modo particolare ad essere rielaborato in tale forma. Ancora mantengono evidente la struttura del libro e vengono posati su leggii: hanno tutti la caratteristica di essere realizzati usando come base la copertina del primo libro che ho pubblicato Coriandoli, visita non guidata al Carnevale di Venezia, la cui sguardia a rombi bianchi e neri è tuttora anche la base delle opere “Optical da muro”. Si tratta di libri aperti nella loro più ampia accezione, chiamati tanto alla visione tattile, quanto al piacere concreto dei sensi.
Dal 2013, i “Libri improbabili” sono stati protagonisti di alcune mie performance come “ES-SE-RE” e, ridotti al formato di cm 3x5 prodotti in 120 multipli, fanno parte del numero 12 della rivista d’arte BAU del 2014.
– Come sei passata dalla forma libro alle sculture e alle installazioni monumentali?
Nel tempo ho sperimentato il passaggio dal piano orizzontale della forma-libro a quello verticale, sempre più verticale, quasi a definire uno skyline che punta verso il cielo. Così è nata la serie dei “Buildings”: le pagine sono state liberate dalla copertina e fermate in modo da creare elementi di base in modo tale che assemblati possano diventare sculture.
Sono le caratteristiche grafiche tipiche di un libro che mi suggeriscono le combinazioni da praticare, così realizzo prototipi per verificare le migliori, le più interessanti, con le quali costruire successivamente le mie opere. Spesso sono architetture fantastiche, frutto dell’assemblaggio delle pagine in forme tubolari, costituite da migliaia di fogli identici tra loro, perché provenienti sempre dagli stessi esemplari di un dato libro o catalogo. Queste forme sono unite grazie all’inserimento di bulloni ed elementi in acciaio ben visibili (e volutamente tali) come omaggio ai primi libri-d'artista realizzati da Depero e Munari all'inizio del Novecento.
Centinaia di libri sono serviti per la serie “Metropoli”; si tratta di architetture densamente edificate, vertiginose e statiche, come le città “Shanghai” dove ho usato solo le pagine stampate in bianco e nero e “Dubai” completamente bianca. Mi interessa molto porre l’attenzione sulla emergenza ambientale e riflettere sull’atteggiamento dominante in questi ultimi anni nel privilegiare un’architettura iconica, puramente spettacolare, a scapito di un’edilizia eco compatibile.
– Confessi di avere un’attitudine razionale e ordinatrice di fronte all’infinità del reale. Come concili questa attitudine con la creatività? Come concili il tuo lavoro di editore con il tuo essere artista?
Sono aspetti che in me convivono spesso in modo costruttivo, a volte invece generano un caos interiore non facile da districare. Allora sento quei limiti illimitati di cui parlavo all’inizio e lascio che sia la curiosità che innesca la creatività, ad orientarmi. La mia ricerca artistica si è sviluppata su vari livelli, ed è caratterizzata da una pratica e da un interesse per la correlazione tra le diverse aree di ricerca espressiva con un fitto scambio reciproco e di osmosi tra i linguaggi dell’arte, quello dell’immagine in primo luogo, ma anche della parola, della musica, compreso il linguaggio del corpo, in particolare della performance.
Anche l’apparente dualismo tra l’essere artista ed editore non esiste, per quel che mi riguarda. Progetto e realizzo nel migliore dei modi possibili quello che devo o scelgo di fare, che sia un libro, preparare un buon cibo, assemblare le pagine di una scultura di carta, organizzare una manifestazione culturale, rischiare l’attuazione di una nuova performance. Mi metto alla prova, sempre.
– Come mai hai deciso solo ora, dopo tanti anni, di mostrare queste tue opere di carta?
Nel 2015 ricorrono i trent’anni della fondazione di Morgana Edizioni. Ho voluto farmi un regalo e ancora una volta mettermi in gioco offrendo al pubblico questa orditura incessante di forme che non voglio stiano più confinate in una specie di hortus conclusus. Inizierò a Kassel con la mostra “Tutto carta”, in seguito sarò con la mostra “MorganArtBooks” a Milano, poi inaugurerò alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze una mostra storica allargata anche a tutte le mie edizioni d’arte.
– Se nelle opere singole mi sembra che prevalga una ricerca formale ed estetica, nelle installazioni si colgono varie tematiche...
Attraverso queste opere desidero porre l’attenzione sulle tematiche civili della contemporaneità che mi preoccupano maggiormente, da quelle culturali a quelle ecologiche e sociali. Per esempio, “Flora aliena” è un’installazione composta da varie sculture a colori alte fino a due metri posizionate sui sassi neri di un territorio ambiguo, desolato, forse non terrestre.
Potrebbe sembrare che facciano il verso al Manifesto della Flora Futurista, scritto da Azari nel 1924, nel quale di fronte alla constatazione del disinteresse e della decadenza per la flora naturale si esaltava l’idea di una “flora originalissima assolutamente inventata coloratissima profumatissima e soprattutto inesauribile per la infinita varietà degli esemplari...”. Oggi non è più il tempo di inventare una flora artificiale ma di proteggere tutto l’ambiente terrestre naturale, sempre meno rispettato e a rischio di distruzione.
Cresce la necessità di una rinnovata economia ecologica come ecologia politica dello sviluppo, in grado di superare le leggi dello sfruttamento sull'uomo e sulla natura. Dobbiamo predisporci a uno sviluppo sostenibile realmente realizzabile, pur con le difficoltà e le contraddizioni di un processo tutto da mettere, concretamente e al più presto, in atto. Perché quando è snaturato un ambiente, tutto è snaturato di conseguenza.
– L’opera Colonne d’Ercole l’hai progettata appositamente per Kassel, essendo Ercole il simbolo della città?
Kassel, la città che in virtù della documenta si è affermata come centro del panorama artistico contemporaneo, è anche tra le città tedesche di maggiore interesse culturale, sempre in grado di rinnovare il legame tra tradizione e innovazione, che vanta uno dei parchi più belli d'Europa, Wilhelmshöhe, dove è posizionata la statua in rame del mitico Ercole: troneggia dall’alto quasi a voler proteggere la città.
L’opera è composta da due sculture di 2 metri costruite con i cataloghi della mostra scambio ArteMobile tra le città gemellate di Firenze e Kassel realizzata nel 2006 nella sede del KulturBanhof e nel 2007 a Palazzo Vecchio. L’installazione Colonne d’Ercole, la cui denominazione deve il copyright a Dante Alighieri che così le chiama nell’Inferno, oltre che un concetto geografico, esprimono da sempre anche il concetto di limite interiore, di limite della conoscenza. Tanto è vero che erano collocate in prossimità dello stretto di Gibilterra e nella letteratura classica indicavano il punto estremo del mondo conosciuto ma, via via che i navigatori si addentravano nell’Atlantico, le Colonne venivano spostate sulle carte fino alle terre raggiunte per ultime. Tuttavia, a differenza del monito nec plus ultra scolpito sulle Colonne dal mitologico Ercole, un implicito divieto di andare verso un traguardo irragiungibile, una meta inarrivabile per il genere umano, preferisco la locuzione plus ultra perché l’uomo non può far altro che seguire il progredire delle scoperte e superare i propri limiti. Oltre le Colonne, oltre il mondo conosciuto, c'è la possibilità di trovare terre migliori. Sono il simbolo di un ingresso, quindi, di un passaggio verso luoghi sconosciuti ma aperti, accessibili, per mettersi alla prova attratti dalle scoperte della conoscenza.
Cenni biografici
Alessandra Borsetti Venier è nata a Sacile, nel Friuli, e vive a Firenze. Artista performativa e intermediale dalla fine degli anni Sessanta, dal 1977 al 1995 ha prodotto mostre ed eventi con la sigla Borsetti&Fabre. Nel 1985 è stata invitata ad Atene “capitale europea della cultura” come rappresentante del teatro italiano di ricerca. Nello stesso anno ha fondato a Firenze la Morgana Edizioni divenendo così artista-editore, e continuando a fare arte in forma di libro. Dal 1991 è presidente dell’associazione culturale MultiMedia91 con lo scopo di promuovere, organizzare e produrre iniziative culturali, sociali e artistiche d’arte multimediale. Nel 1992 ha aperto a Pontassieve (Fi) “La Barbagianna: una casa per l’arte contemporanea” dove, ogni anno, cura la Rassegna internazionale Incontri d’arte giunta nel 2015 alla XXIV edizione. Dal 1995 al 2000 ha diretto a Firenze lo spazio d’arte “Minimum” dedicato alla produzione e presentazione di opere e libri d’artista di piccolissimo formato.
Nel 2006-'07, per il gemellaggio tra Firenze e Kassel, ha curato con Sabine Stange e Harald Kimpel la manifestazione ArteMobile con la collaborazione delle associazioni Kunstbalcon e MultiMedia91 che tuttora continua con scambi sull'arte contemporanea.
Nel 2009 ha costituito il gruppo teatrale Cerimonie Crudeli. Nel 2010 ha fondato “L’Archivio della Voce dei Poeti” che raccoglie le registrazioni delle voci originali dei poeti internazionali dai primi anni del Novecento fino ai contemporanei.
È tuttora impegnata in azioni performative e produce installazioni di arte collettiva dedicate a tematiche sociali come Voce alla poesia civile, Scarpe Rosse 1522, Alullebil e Violazione con il video Red iceberg dedicate in particolare alla lotta contro la violenza sulle donne.
Suoi testi sono pubblicati in numerosi libri d’artista e antologie poetiche. Molto particolari sono le sue sculture (MorganArtBooks) realizzate esclusivamente con i libri della sua casa editrice.
www.multimedia91.it – www.morganaedizioni.it
Emily Villa