Arte e dintorni
Gonzaga. I volti della storia 
Mostra genealogico-iconografica a Mantova
Luigi Gonzaga
Luigi Gonzaga 
29 Aprile 2015
   

Il ritratto rappresenta l’inizio di ogni forma d’arte, così vogliono le antiche leggende sulla sua origine. Plinio il Vecchio, nel XXXV libro della sua Naturalis istoria, terminata nel 77 d.C., attribuisce alla forza dell’amore la nascita del primo ritratto (la leggenda narra del vasaio Boutade che diede consistenza plastica con un ritratto al giovane amato dalla figlia). La leggenda rivela, in primo luogo che l’amore è la causa di ogni imitazione e l’impulso di fare arte.

Nel suo trattato De Pictura del 1435, il teorico dell’arte Leon Battista Alberti collegava questo impulso a una motivazione di natura egocentrica: il narcisismo. Narra il mito che Narciso si innamorò della propria immagine riflessa nelle placide acque di una fonte; secondo Alberti questa sarebbe l’origine di ogni forma di ritratto (o più precisamente, di ogni autoritratto). In secondo luogo, stando alle leggende riportate da Plinio il ritratto segna la nascita della pittura stessa, dato che l’essere umano è il soggetto più nobile dell’arte. Anche il mito di Narciso rispecchia il concetto dell’imitazione della natura, un’idea ancora oggi connessa a questo genere artistico: nei ritratti è insita una tensione tra ricerca della massima somiglianza e l’idealizzazione del soggetto con intenti rappresentativi. La ritrattistica si è attenuta fin dal XV secolo al principio secondo il quale l’arte deve imitare la natura.

Dunque lo scopo del ritratto è sempre stato ottenere un’affinità o una somiglianza perfetta tra dipinto e soggetto, come quella che Narciso aveva visto nella sua immagine riflessa. Ponendo a confronto archetipo e immagine, risulta che a livello artistico l’identità visiva fra l’essere umano e la sua figurazione può venire solo perfezionata, ma mai essere realmente compiuta. L’impulso che sprona alla realizzazione dei ritratti è l’anelito narcisistico a voler “possedere” la propria immagine. Non sorprende dunque il desiderio di dimostrare l’unicità di ogni essere attraverso il suo ritratto quasi come fosse una carta di identità.

Il Museo Diocesano Francesco Gonzaga di Mantova presenta una mostra nell’anno di Expo dal titolo “Gonzaga. I volti della storia”. Mostra genealogico-iconografica, a cura di Giancarlo Malacarne (catalogo Il Bulino), fino al 20 settembre 2015.

L’esposizione rivisita il fasto della famiglia dominante su Mantova e la grande stagione artistica che la vide protagonista; attraverso ritratti, oggetti e mappe genealogiche si analizza l’essenza profonda di un’ampia dimensione di aristocrazia, nobiltà, sacralità, le cui radici affondano in un passato lontano ma non perduto.

«Il procacciarsi il ritratto proprio ha naturalmente

seco congiunto certo desiderio di propria eccellenza,

ch’arguire non poca debolezza di mente, la quale

tanto più apparisce considerandosi che quel tale

non ha potuto stare meno di due o tre ore oziosamente

in lasciarsi rimirare dal pittore, per fare ritrarre

quella figura di corpo, che in poco spazio di tempo

s’ha da risolvere in polvere per la morte».

(Card. Gabriele Paleotti, Discorso intorno alle immagini

Sacre e profane, 1582)

Allo straordinario patrimonio già giacente e rappresentato nelle collezioni dei musei mantovani, si è da poco tempo aggiunta la serie completa dei Gonzaga dominanti a Mantova: una raccolta pittorica unica al mondo, estremamente suggestiva e di grande valore artistico e documentario. Si tratta di un complesso di venti tele che propongono i 18 capitani, marchesi e duchi di Mantova, oltre a Carlo di Rethel e a un elemento celebrativo dell’intera dinastia.

La serie di opere d’arte presentate nel contesto della mostra si avvale di un nutrito numero di dipinti, oltre 50, anche di notevoli dimensioni, tutti di buon livello artistico quando non eccezionale, i quali hanno il pregio della novità, non essendo conosciuti dagli studiosi e dal grande pubblico. Si possono citare alcuni ritratti di interesse artistico e storico come quello di Matilde d’Este. La nobildonna è acconciata e abbigliata alla francese: pizzi e rouges completano l’abito impreziosito dalla gemma che chiude la scollatura e dalla stola in raso turchino che cinge le spalle. I capelli sono raccolti in una cuffietta in pizzo e l’acconciatura è chiusa a fermaglio da testa.

Il busto è rivolto verso sinistra, ma la torsione del collo permette allo sguardo della contessa, velato da un sentimento di tristezza, di essere diretto verso l’osservatore.

Matilde d’Este, moglie di Camillo II Gonzaga di Novellara, fu sempre legata alla nefanda e tragica “acquetta” che la vide sinistra protagonista.

Oltre ai dipinti sono esposte alcune mappe genealogiche di eccezionale bellezza e valore documentario, che rimandano a una ricerca effettuata in epoca lontana sulle origini di una grande famiglia, sulle sue diramazioni, sugli imparentamenti, sapienti e finalizzati al mantenimento del potere in tempi oscuri e saturi di pericoli.

Un coaecervo di dati che, al di là della funzione strettamente documentaria presentano espressioni artistiche di straordinario rilievo, come ad esempio, la pergamena dedicata a Vespasiano Gonzaga del ramo cadetto di Sabbioneta, realizzata intorno agli anni’ 50 del Cinquecento, con numerosi tondi fondo oro.

Inoltre medaglie in oro, argento e bronzo pertinenti diversi personaggi di Casa Gonzaga, riconducibili ad artisti di conclamata importanza, quali Pisanello, Sperandio, Mola ed altri. Una serie nota nei contenuti ma sempre di grande impatto emotivo, volta a sostenere l’impianto globale della mostra che si articola intorno ai volti dei dominanti: i volti della storia.

Tra questi la medaglia in bronzo di Gian Cristoforo Romano che rappresenta Isabella d’Este (1474-1539), moglie di Francesco II Gonzaga. La figura della duchessa è a semibusto a destra con i capelli raccolti dietro la nuca e cadenti in due ciocche; una collana di perle al collo. La scritta «BENEMERENTIUM ERGO» (a causa dei benemeriti). Vittoria alata stante a sinistra con un bastone nella mano e spighe di grano nella mano sinistra; di fronte a lei a sinistra la rappresentazione del Saggitario e una stella. Isabella d’Este nacque a Ferrara il 17 maggio 1474, primogenita del duca Ercole I d’Este e di Eleonora d’Aragona. Il suo matrimonio nel 1490 con il marchese di Mantova Francesco Gonzaga rinnovò una antica alleanza tra Ferrara e Mantova. Qui Isabella, monopolizzò per i successivi trenta anni le scelte culturali e artistiche raccogliendo attorno a sé una schiera di artisti e letterati facendo della corte mantovana uno dei centri di irradiazione della cultura rinascimentale.

L’estense si spense a Mantova il 13 febbraio 1539 lasciando una delle più mirabili collezioni di pezzi artistici, raccolti ossessivamente per un cinquantennio nello Studiolo di Corte Vecchia del Palazzo Ducale a Mantova, che ancora oggi porta il suo nome.

 

Maria Paola Forlani


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