Arte e dintorni
Barbarah Guglielmana. Graffia: Anna Santinello
17 Marzo 2015
   

Non è una maglia che ti accoglie e copre, ma non è neppure il gambo dell’ortica che ti pizzica e finisce per bruciarti, è il filo duro malleato di Anna Santinello quello che si crea nelle figure abbozzate, riempite a metà, svuotate in alcune loro parti che ti vengono incontro nella mostra Il pensiero forte: grovigli e grida”, allestita a Pavia, presso la spazio per le arti contemporanee del Broletto, dal 28 febbraio al 22 marzo.

Le falangi piegate della scultrice raccontano del suo aver sfiorato l’anima dei metalli, con cui ingentilisce e accarezza le storie delle donne che in essi racconta, di cui si fa portatrice nei tre grembi, nelle gambe divaricate e forse invase con brutalità -di cui rimangono i riccioli di ferro a terra, nel volto a cui manca la bocca e nella mano piena a cui manca un corpo, nelle grandi mammelle divise da un vuoto in mezzo, da pubi e mezze gambe appese all’ingiù da cui sgorga un dolore terribile. E nell’installazione con quello che rimane di un corpo raccolto in una cariola spolverato di cenere, che sbalordisce liberandoti un soffocato grido interno.

Sono lavori scuri per il materiale, cavi elettrici buttati che lei raccoglie e smatassa, fili di bronzo intrecciato su print lambda metal, sono lavori scuri per le sagome rigide e di grandi dimensioni, sono lavori scuri per quello che nel silenzio della sala evocano in una ognuna di noi, ma insieme sono lavori che aprono la mente, certo proprio ancora per le loro dimensioni, la loro ruvidezza e il loro richiamo simbolico, che nessuna ignora. O qui può più far finta di ignorare.

Di origini venete, la Santinello si è fatta portatrice con il suo lavoro artistico di affrontare visivamente il tema della violenza di genere, descrivendolo nella sua complessità, nella sua lacerazione e nel suo groviglio. Sono opere senza titolo, ma forse non ne hanno bisogno, il nome è uno solo quello che conosciamo: la violenza sulla donna.

In questi giorni sollecito molti amici alla visita di questa mostra, all’osservazione di quello che è stato creato dall’artista, facendo del filo spinato della vita di molte creature un abito da indossare e poi da togliere per lasciarlo a terra... forse allontanandoselo... (Barbarah Guglielmana)

 

 

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