L’Istituzione Bologna Musei, Museo Civico Medievale, in collaborazione con la Basilica di San Petronio, dedica ad uno dei maggiori protagonisti della pittura tardogotica in Italia, Giovanni di Pietro Malloppi, meglio noto come Giovanni da Modena (circa 1375 – 1456), la mostra “Giovanni da Modena. Un pittore all’ombra di San Petronio”, curata da Daniele Benati e Massimo Medica, aperta fino al 12 aprile 2015 (catalogo Silvana Editoriale).
L’esposizione, prima monografica dedicata a questo artista, modenese di nascita, ma bolognese di adozione, si pone a ideale chiusura del percorso sulla pittura bolognese di Tre-Quattrocento iniziato al Museo Civico Medievale con le mostre dedicate a Vitale da Bologna, a Simone dei Crocifissi e a Jacopo di Paolo.
La mostra è articolata in due sedi, il museo Civico Medioevale e la Basilica di San Petronio. L’esposizione presso il Museo Civico medioevale mette a confronto oltre venti opere del pittore proveniente da musei e collezioni private – dipinti su tavola come San Giacomo, San Pietro, San Francesco, San Nicola da Tolentino (Bologna, compagnia dei Lombardi) o il Trittico della Madonna dell’Umiltà fra i santi Giovanni Battista e Biagio.
In questo Trittico nelle due ante laterali figurano su due ordini, a sinistra sotto l’Angelo annunziante, sant’Onofrio, san Leonardo, san Nicola e sant’Antonio abate, mentre a destra, sotto la Vergine annunziata: san Michele arcangelo, sant’Andrea, sant’Agricola, santa Chiara. Ma l’aspetto iconograficamente più interessante è costituito dalla raffigurazione del pannello centrale, dove la Madonna dell’umiltà è posta su di un poggio cinto da arbusti quasi a costruire una sorta di schienale. Completa la scena in alto la presenza del Padre eterno, mentre la Vergine è colta qui nell’atto, come è consuetudine, di allattare il Bambino.
La Madonna con il Bambino che tiene in mano un libro, proveniente dalla Pinacoteca di Ferrara, raffigura la Vergine a mezzobusto con il Bambino fra le braccia all’interno di un’edicola che inquadra illusionisticamente l’immagine. La Madre tocca con una mano destra il piede sinistro del Figlio secondo un motivo di antica tradizione, mentre il Cristo le cinge il collo con il braccio destro e regge con il sinistro un libro chiuso, simbolo della nuova legge evangelica. Al gruppo sacro fa da sfondo una folta vegetazione, alludente al tema tipicamente gotico dell’hortus conclusus, ovvero un giardino chiuso da un recinto, simbolo dell’Immacolata Concezione di Maria.
Nella Basilica di san Petronio è possibile visitare le maggiori imprese di Giovanni da Modena: la Cappelle Bolognini, quella dei Dieci di Balia, di Santa Brigida, della Società dei Notai e della Pace, i cui affreschi sono, attualmente, valorizzati da un nuovo sistema di illuminazione.
Capolavoro assoluto della pittura tardogotica bolognese è la ben nota Cappella Bolognini (1411-12), opera di Giovanni da Modena, con Il Giudizio universale, Storie di Magi e Storie di San Petronio.
Già da queste sue prime apparizioni, il carattere cifrato e irrealistico delle figurazioni del pittore evoca gli episodi più sontuosi della cultura figurativa “internazionale” ed evidente è altresì la sua fedeltà alla tradizione bolognese di Vitale; se la sua immaginazione si accende di invenzioni fantasiose, pure è capace di improvvisi affondi naturalistici; se il lusso sfrenato degli episodi da lui narrati rinviano a una dimensione aristocratica, il tono del suo racconto, sempre umanamente partecipe, ne rivela altresì la radice fieramente popolare; se le sue composizioni accedono sovente a dimensioni assurdamente smisurate, la maestosa ricerca spaziale entro cui si collocano le sue figure anticipa il rinascimento colorato e prospettico di Paolo Uccello. Nella parete di destra della cappella sono le raffigurazioni delle Storie dei Magi che comprende otto episodi suddivisi da colonne tortili dipinte e organizzati su quattro registri. Partendo da destra trovano posto l’Avvistamento della stella e la Partenza; nel terzo il Viaggio e l’Incontro con Erode; nel secondo il Concilio di Erode e la Partenza dal palazzo di Erode; nel primo l’Epifania e il Ritorno per mare.
Sulla parete nord, «venus plateam comunis Bonomie», si squaderna invece la visione del Paradiso e dell’Inferno. Nella parte superiore, l’Incoronazione della Vergine Costituisce il fulcro della visione paradisiaca. Attorno alla mandorla che ne contiene i protagonisti, si dispongono le schiere angeliche così come descritte da Gregorio Magno; grazie alle iniziali contenute dai capofila, riconosciamo i serafini, i cherubini, i troni, le dominazioni, i principati, le podestà, le virtù, gli arcangeli e gli angeli.
Al di sotto, in due file di scranni posti su un manto erboso e convergenti verso il fondo, siedono i beati. In prima fila stanno i patriarchi, tra essi spicca Abramo e alla sinistra Isacco. Seguono i Profeti. In posizione ancora arretrata trovano posto gli apostoli; infine i martiri e poi la massa indistinta dei beati. Funge da cerniera della composizione parietale l’arcangelo Michele, colui che, soppesando le anime, le destina al Paradiso o all’Inferno.
Nella sottostante raffigurazione dell’Inferno, l’imponente e bestiale Lucifero costituisce il perno attorno al quale si dispongono i supplizi inferti dalle schiere dei demoni a coloro che si macchiarono di ogni tipo di vizio e peccato. Le singole pene, sono didascalicamente contrassegnate da tituli. Partendo dal basso, tra le gambe di Lucifero si trovano i superbi; si incontrano poi gli avari, i lussuriosi, gli iracondi, per arrivare ai golosi e agli accidiosi, cacciati nelle tenebre di un anfratto profondo.
Su due spuntoni di roccia in alto, così da avere maggiore visibilità, sono posti i nemici della Chiesa per eccellenza, «Macomet» (Maometto) e l'«Apostata Nicho» (Nicola, le cui empie dottrine avevano ispirato lo stesso Maometto). Il primo è stritolato da un serpente e trattenuto al collo da un diavolo, il secondo messo sotto tortura dai morsi di serpenti mentre uno spaventoso diavolo si accanisce su di lui con una mannaia. Lungo l’orizzonte, che si staglia contro un cielo nero pece, stanno quanti hanno prodotto divisione in seno alla Chiesa, con chiaro riferimento allo scisma in atto. Gli scismatici veri e propri tengono in mano propria la testa. Seguono i sacrileghi , mentre tra i malfadici (o incantatori) spicca la Pitonessa («Phitonisa»). Appesi a un piede e percossi da diavoli coloro che si macchiarono di idolatria. A chi si macchiò invece di eresia spetta lo strappo della lingua da parte di serpenti o una creatura infernale getta infine un certo «Simon», da identificare con Simon Mago, in una caldaia ribollente di corpi.
La presenza dell’antipapa Giovanni XXIII, al secolo Baldassare Cossa, il quale fu Legato della città dal 1403, influì certamente sulle vicende dell’arte locale, favorendo l’emergere di un’illustre committenza, desiderosa di possedere sontuosi codici miniati, un genere a cui lo stesso Giovanni da Modena si dedicò durante la propria carriera, come dimostrano alcuni esempi in mostra.
Maria Paola Forlani