AA.VV.
Fiabe Lapponi
A cura di Bruno Berni
Iperborea, 2014, pp. 192, € 15,00
In un saggio del 1928, Morfologia della fiaba, il sovietico Vladimir Propp ha riconosciuto trentuno elementi che ricorrono nelle fiabe, che lui chiama funzioni, che costituiscono una griglia su cui si sviluppa la narrazione. Non è necessario che in ogni fiaba siano presenti tutte, comunque c’è sempre un allontanamento iniziale del protagonista/eroe, una proibizione, un ostacolo, la presenza di un antagonista, uno scontro, l’intervento di mezzi magici, il superamento della lotta e la vittoria dell’eroe, infine frequenti nozze con qualche principe o principessa. In sintesi: esiste un equilibrio iniziale che si rompe per qualche complicazione, ci sono le peripezie dell’eroe e il ristabilimento finale dell’equilibrio. Questo, secondo lui, avviene indipendentemente dalla cultura e dalle tradizioni del paese in cui nasce la fiaba.
Secondo lo psicanalista austriaco Bettelheim (1903-1990) le fiabe hanno un alto valore formativo, in quanto «pongono il bambino di fronte ai principali problemi umani (il bisogno di essere amati, l’angoscia della separazione, la paura della morte…) esemplificando tutte le situazioni e incarnando il bene e il male in determinati personaggi, rendendo distinto e chiaro ciò che nelle realtà è confuso. Esse esprimono in modo simbolico un conflitto interiore e poi suggeriscono come può essere risolto». Insegnano dunque ad accettare il bene e il male, aprendo sempre alla speranza ed al lieto fine. Nel tempo le opinioni si sono divise sulla funzione educativa della fiaba, talvolta è calata la censura su situazioni ritenute troppo violente o simbolicamente discutibili. Aldilà delle interpretazioni e delle mode, la fiaba è sempre stata un punto cardine della cultura di un popolo.
Fiabe lapponi, a cura di Bruno Berni, esperto di letterature nordiche, ne è la riprova. Le fiabe lapponi che Bruni ha raccolto sono tratte da libri dei norvegesi Just Knud Qvigstad e G. Sandberg. Al primo, che è vissuto a lungo tra i Lapponi, spetta «il merito maggiore di completezza e fedeltà» al patrimonio popolare dei Lapponi o meglio Sami, «popolo nordico nomade e da sempre sotto la dominazione di almeno quattro nazioni -la Svezia, la Finlandia, la Norvegia, la Russia-». Lo stesso curò i quattro volumi di Fiabe e leggende lapponi, pubblicati tre il 1927 e il 1929, con testo norvegese a fronte, opera monumentale che sta alla base di questa raccolta di Bruno Berni.
Rispetto alle nostre conoscenze della fiaba, di Grimm, Perrault, Andersen, cambia l’ambiente, siamo infatti sempre in mezzo al gelo e ci sia muove con la slitta; cambiano le necessità legate alla sopravvivenza, al superamento di inverni rigidi, cambiano le figure di aiuto o di contrasto ai nostri protagonisti: scomparse fate e maghi, qui incontriamo gli Stallo, figure di orchi piuttosto sciocchi, o i Gieddegǣš-galggo, personaggi del mito a cui gli eroi delle fiabe si rivolgono in momenti di difficoltà, capaci di trovare soluzioni magiche. E compare noaide, lo sciamano guaritore, ma anche il diavolo. Un allontanamento c’è sempre, ci sono complicazioni sul percorso, tentativi di imbrogli, cattivi che vengono tolti di mezzo senza che si versi una lacrima, per il trionfo del vero e del giusto. Ci sono re che vivono «più in una grande fattoria che in un vero castello», ma anche classi sociali modeste, gente povera; ci sono personaggi intelligenti e astuti, e sempre il miracolo di qualche incontro speciale che mescoli le carte e risolva al meglio la vita.
Come in tutte le fiabe il linguaggio è essenziale, si susseguono rapidamente i fatti senza alcuna retorica dei sentimenti, si intrecciano e si accavallano personaggi e situazioni -le più incredibili- per alimentare la libera fantasia di chi legge e di chi ascolta, adulto o bambino. E il bambino avrà paura, è vero, come del resto gli succederà probabilmente da adulto, ma nella fiaba tutto troverà equilibrio, con senso di giustizia e con il trionfo del bene. A rinforzare l’atteggiamento positivo nei confronti della vita.
Marisa Cecchetti