Diario di bordo
Felice C. Besostri. Prepariamoci a battere il semi-presidenzialismo
17 Ottobre 2014
 

Le ultime vicende francesi dimostrano che non è tutto oro quel che riluce. La combinazione di elezione diretta e sistema maggioritario di collegio, se premia un partito lontanamente rappresentativo della maggioranza della popolazione, non evita le crisi. La perdita di popolarità del Presidente e persino i disastrosi risultati elettorali del PS alle amministrative non obbligano alle dimissioni. Tutti i governi francesi, con la sola eccezione della ultima Presidenza Chirac che ha deciso di sciogliere l’Assemblea Nazionale anticipatamente, son giunti alla fine del mandato. Tuttavia non si deve mai confondere la maggioranza dei seggi conseguita, con una salda egemonia politica. Se quest'ultima non ce l’hai, la tua maggioranza parlamentare non ti serve a realizzare il tuo programma. Il sistema ha però una sua logica, specialmente dopo la riduzione del mandato presidenziale a 5 anni, cioè la stessa durata della legislatura e con le elezioni parlamentari di poco successive a quelle presidenziali.

Il Partito Socialista alle elezioni legislative del 2012 ebbe un risultato vicino al 30% (7.617.996 voti, pari al 29,35%) al primo turno, salito oltre il 40% (9.420.426 voti, pari al 40,91%) al secondo, con un incremento di voti assoluti, che si tramutarono nel 48% dei seggi, vicino alla maggioranza assoluta mancata per 9 seggi. Tuttavia la maggioranza presidenziale era superiore al 50% al secondo turno, anche se non era politicamente omogenea. Con un Porcellum il PS avrebbe avuto il 54% dei seggi, ma non si troverebbe in miglior situazione. Pur con tutti i difetti, il sistema semi-presidenziale francese è più onesto di quello italiano scaturente dalla riforma approvata dal Senato. Si introducono istituti francesi, ma senza l’elezione diretta, che almeno individua con chiarezza un capo politico della maggioranza, che deve ricercare il consenso e che risponde politicamente. Il governo potrà chiedere una corsia privilegiata e tempi certi di approvazione e con una procedura che lascia al Parlamento la scelta tra prendere o lasciare. Tuttavia la legge va votata articolo per articolo e sul testo finale. In Francia quando il Governo si impegna su un testo l’approvazione della legge è automatica a meno che sia presentata e approvata una mozione di sfiducia.

Per chi teme la concentrazione del potere il sistema semi-presidenziale dal Capo dello Stato un potere maggiore che al presidente USA, che non ha una maggioranza parlamentare garantita, ma il Presidente francese ha meno potere del Presidente del Consiglio italiano con leggi tipo Porcellum o Italikum, perché si deve conquistare la maggioranza collegio per collegio. Da noi è scomparsa la divisione dei poteri e presto verrà meno anche lo Stato di diritto quando c'è in ballo l'nteresse nazionale. Su richiesta del Governo si può con legge statale derogare alle competenze esclusive dello Stato e invadere le competenze delle Regioni e in tal caso non mancherà la richiesta di procedere in tempi certi. Una tale vaghezza nel fissare le competenze normative non ha precedenti in stati democratici: il solo precedente che mi sovviene era nella Costituzione dell'U.R.S.S., che dopo aver dettagliato le competenze della federazione rispetto a quelle degli stati membri si chiudeva con «la decisione di altre questioni di importanza federale» (art. 73 n. 12 Cost. Urss 1977), che consentiva di decidere in qualsivoglia caso e/o materia. Un bel precedente.

 

Felice C. Besostri

(da 'l Gazetin, settembre 2014)


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