Lisistrata
Lidia Menapace. La popolazione civile come obiettivo militare
13 Luglio 2014
 

Considerare la popolazione civile un obiettivo direttamente militare appartiene da poco alla gestione delle guerre. Infatti per solito le vittime delle guerre erano i militari: solo le due ultime guerre mondiali e specialmente la seconda, segnalano che essere civili è più pericoloso che essere militari: infatti le vittime civili di guerra furono più numerose. Sono tristi “primati”, beninteso, non si tratta di passi avanti verso l'“uguaglianza”.

Il fatto dipende dalla convinzione che sia più facie sconfiggere il nemico, se vede che ciò che ha lasciato a casa (le città, le famiglie) è esposto al pericolo come se fosse al fronte: secondo gli inventori della guerra “totalitaria” questo sarebbe un disincentivo.

Inventore di tale “dottrina” si riteneva Mussolini, che lanciò l'idea, subito approvata e attuata da Hitler, che mandò la Luftwaffe a bombardare Guernica intervenendo a favore di Franco nella guerra di Spagna. L'evento fece una enorme impressione, perché era la prima volta che una città era colpita da bombardamento aereo (in Europa: nelle guerre coloniali era già successo, ma senza suscitare simili emozioni).

L'impressione fu rappresentata per sempre appunto da Guernica di Picasso: la guerra ci è entrata in casa.

Mussolini quando l'Aeronautica italiana (detta l'Arma fascistissima) bombardò il quartiere londinese di Coventry inventò il neologismo “coventrizzare” che la stampa di regime usò gloriosamente.

Gli Alleati non stettero a guardare e cominciò una escalation aerea che sentimmo anche sopra le nostre teste: ricordo spesso che per le persone della mia età o poco meno la sirena significa “allarme aereo” e sempre fa un po' di impressione. Sapevamo che le bombe erano una risposta al “nostro” primo colpo, ma il loro uso seminò sentimenti non certo favorevoli alle “democrazie”. Alla fine l'uso del bombardamento aereo fu così indiscriminato ed enorme che fu distrutta più di una storica città europea.

In altri termini, i “progressi” militari sono infettivi e generano dismisura e vendetta. Mio padre, quando tornò dai due terribili anni di prigionia in Germania come IMI, ci disse: “Qualunque cosa abbia fatto la Germania, ha pagato abbastanza, è tutta una rovina; adesso dobbiamo provare a stare in pace non rifacendo gli errori di Versailles dopo la prima guerra”. A dimostrazione del fatto che usare la ragione è possibile, ci si può sottrarre al contagio.

Invece subito l'atomica fu usata contro il Giappone già sconfitto e da allora la possibilità che il pianeta venga distrutto è reale: come si dice: negli arsenali atomici ci sono armi sufficienti a distruggere il pianeta undici volte, che è la espressione stessa della mostruosa follia delle armi e della violenza vendicativa, come è ovvio.

A questo punto ciò che si deve fare è interrompere la catena della violenza e della ritorsione come tutti sanno. Ma è la prima volta nella mia ormai lunghissima vita che le mie speranze sono assai fievoli. Sento soffocante e meschino (chiedo scusa di tale giudizio, ma è così) l'atteggiamento di tanti e tante che non sanno fare altro che usare un linguaggio spregiativo, rivalse e determinismi culturali, stati di necessità mentali ecc. ecc. Così non facciamo fare un passo avanti alla possibilità di tagliare l'onda della violenza, della follia, della regressione barbarica. Mala tempora currunt

 

Lidia Menapace


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