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Quando il supporto diventa un handicap. Funzione pedagogica da rivalutare
16 Ottobre 2006
 

 

Sono un'insegnante elementare ed ho avuto l'opportunità di osservare, attraverso esperienza diretta, come bambini “handicappati” per “ritardo mentale” abbiano avuto la possibilità successivamente di frequentare con successo la scuola media, senza l'apporto di psicologi, insegnanti di sostegno, ecc.

Questa in particolare è la storia di M.S., bambino chiuso ed appena immigrato a Milano che nei primi due anni di scuola elementare non riusciva a scrivere né leggere. Lavorando personalmente con lui attraverso esercizi graduali, M.S. è arrivato alla fine della 5ª elementare a comprendere e saper applicare con certezza principi e regole chiave della lingua italiana e della matematica.

Nonostante la sollecitazione dell'équipe socio sanitaria e del personale scolastico, il padre decide di non portare più il bambino alle visite psicologiche perché riteneva che non facessero bene al bambino, che usciva da lì rattristato; né acconsentì al termine della 5ª elementare a rinnovare la certificazione di “ritardo mentale” per suo figlio, che quindi oggi frequenta la scuola media statale senza nessun “supporto” o “sostegno” con discreto successo.

Da qui la mia perplessità. Possibile che per poter aiutare dei bambini, che necessitano di un tempo maggiore per avere le capacità scolastiche richieste, bisogna passare attraverso una certificazione di handicap che li segnerà per tutta la vita? Possibile che, per esempio, il numero di bambini per classe (25), non possa essere ridotto in modo da facilitare all'insegnante il fatto di seguire con successo più programmazioni differenti? Possibile che vengano stanziati sempre più fondi per pagare “esperti”, che alla fine non danno risultati tangibili e sempre meno fondi per chi, come le insegnanti, sanno cosa fare?

Sempre più spesso vedo insegnanti che delegano all'“esperto” la soluzione ai loro problemi con l'alunno, ma con quali risultati? In passato, quando tutti questi “esperti” non erano nella scuola, cosa faceva l'insegnante? Perché non viene ripristinato il ruolo che l'insegnante una volta aveva, di pedagogista con il bambino e di collaborazione con la famiglia?

Oggi, gli strumenti che abbiamo a nostra disposizione per rendere i bambini in grado di “scrivere e far di conto”, sono ancora maggiori di quelli di un tempo. Perché indietreggiare e delegare ad altri il nostro ruolo?

 

Rosa Maria Ghidotti


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