Archeologia editoriale
Vincenzo Cardarelli. Lettere ad una adolescente (1983)/ 18.
30 Aprile 2014
 

Casa Obici Riva Schiavoni

Venezia, 7.V.1939

 

Cara Mary, non so come testimoniarle la mia gratitudine per la pena che si è data di rispondermi subito e per le assennate parole che mi ha scritto. Lo stato di un uomo innamorato, dice Stendhal, varia cento volte alò giorno. È perciò che io adesso mi trovo imbarazzato nel rispondere alla sua lettera e tutto quello che vorrei è non averla provocata. L’amore è come la guerra; questa bisogna farla onoratamente e nessuno ci può aiutare. Non si tratta cara Mary, di dare una prova di valore scappando, ma affrontando il nemico con lealtà e coraggio. E la sola differenza che esiste tra l’amore e la guerra è che talvolta in quello è meglio essere vinti che vincitori, meglio soffrire che far soffrire, specialmente essendo, come sono io, un vecchio soldato, carico di gloriose ferite. Quando le scrissi, l’altra mattina, temevo di non essere abbastanza amato. Oggi ho paura del contrario e poiché io sono solito perdere tutto in queste circostanze, fuorché la testa, la prego di avere fiducia nel mio buon giudizio e nella mia innata prudenza. Tutto finirà purtroppo, come deve finire, ma senza strappi né soluzioni romantiche. La donna è tutto quello che dice lei, è vero. Ciò non toglie che sia un essere debolissimo al quale si può fare, in certe circostanze, molto male. Questo io non vorrei farlo, per tutto l’oro del mondo appunto perché “l’amore non è una cosa seria”. Preferisco che la poverina si dimentichi di me, il che può accadere dopodomani, preferisco vederla buttarsi nelle braccia d’un altro e andarmene scornato, piuttosto che lasciarla nel momento che è a terra, lasciarla voglio dire, da trionfatore. Quando si è visto piangere una donna, non si può avere per lei che un sentimento di alta compassione. Ed io le ho viste piangere quasi tutte, badi bene. E non di un pianto momentaneo, ma profondo e come sgorgato dalla inesauribile tristezza della loro naturale condizione. Non parliamo più di quest’argomento, stracci la mia lettera e lasci a me il compito di riparare al mio ultimo errore, giacché se venissi a Milano credo che le darei troppa noia e finirei anche per innamorarmi di lei.

La mia sola scusa in tutte queste storie che lei conosce è che non mi sono mai compiaciuto delle mie conquiste, né le ho mai cercate. La donna mi interessa d’artista. Ella commette poi l’errore d’innamorarsi di me come uomo. E da allora cominciano i guai. D’altra parte pensi che io non ho mai avuto una malattia da che sono al mondo, neppure una febbre di stagione. Era inevitabile che la natura o il destino provvedessero a ristabilire l’equilibrio con queste periodiche mattane amorose. Altrimenti forse la mia umanità avrebbe finito per diventare più arida della roccia e irrespirabile.

Crede veramente che fossi a Venezia per fare all’amore? Io ho lavorato in questa città, più che lei non sappia, e le donne le ho sempre lasciate stare. Ma l’amore ci sorprende quando meno ce l’aspettiamo – “Amor che a nullo amato amar perdona” etc. Quest’articolo del codice d’amore medioevale è purtroppo vero ed io ne ho fatta, come dice lei, dolorosa esperienza.

Se io fossi un grand’uomo sul serio le chiederei di diventare la mia segretaria e verrei ad abitare a Milano. Ma poiché non lo sono non mi rimane che di continuare ad avere con lei quella che Nietzsche chiamava “amicizia stellare”, cioè l’amicizia di due corpi o di due anime situate a grande e invalicabile distanza. È per questo che la vorrei sapere maritata.

A quali conclusioni lei è giunta? Mi dica un po’: che cosa farà della sua vita? Vedo che è molto bella almeno a mio gusto. Sempre lei. È possibile che non si sia trovata un marito? Ma forse questi sono ragionamenti scemi e nascono soltanto dalla paura. Se lei fosse qui faremmo dei discorsi interminabili, delle liti magnifiche, delle splendide passeggiate. Io gliene dire di cotte e di crude e lei finirebbe per ricopiare i miei articoli. Oh come mi sarebbe facile distrarmi e dare libero sfogo alla mia infedele natura di letterato e niente altro che letterato se fosse qui! Ma è meglio che non ci sia.

Partirò. Andrò presto a Parigi o a Berlino. Tornerò a scriverle ma in tutt’altro tono. Ora che l’ho ritrovata non la lascio più, non dubiti. Mi faccia però qualche confidenza, se vuol proprio darmi una prova d’amicizia e di stima. E intanto eccole la mia mano, in segno di cosa? Di fraternità forse? Ma no. In segno di indistruttibile e lieta simpatia fisica e morale, dalla quale sarà bene che ella si guardi, non perché io sia un uomo pericoloso, ma tenacissimo negli affetti e nelle simpatie e capace di ripetere gli stessi errori all’infinito.

Così sia. Amen.

Stia bene, mi voglia bene, e mi creda il suo affezionatissimo

 

Vincenzo Cardarelli

 

 

18 – F I N E


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