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JBC: “Sono il primo eccentrico fiocco di neve” 
Patrizia Garofalo presenta la poesia di Jonathan Branch Carr
(fotografia di Gianni Sassaroli)
(fotografia di Gianni Sassaroli) 
14 Aprile 2014
 

“La poesia è mio fratello

pazzo e fastidioso”

 

La poesia è un uccello

che vola alto nella mente degli altri.

La poesia è un fiore

in un mondo di fango.

La poesia è un cristallo che cresce,

luminoso, lasciandoti stupito.

La poesia è l’oceano calmo,

rasserenante e tranquillo.

La poesia è mio fratello

pazzo e fastidioso.

La poesia è una diga rotta

e il fiume è l’immaginazione.

La poesia è una ragnatela

che cattura le emozioni.

La poesia è il primo

Fiocco di neve eccentrico.

 

 

Io sono

 

Sono un piccione viaggiatore

Che cerca sempre di tornare a casa

Sono una polpetta prelibata

Che non ricambia chi la morde

Sono un vecchio saggio

Che vuol sempre dare consigli

Sono una sedia allo stadio

Che aspetta sempre il sollievo del goal

Sono un verme sdrucciolevole

Che scende senza causare problemi

Sono una timida mangusta

Sempre pronta ad indietreggiare

Sono il primo

fiocco di neve

eccentrico

 

 

 

Le poesie sono state scritte a quattordici anni da Jonathan Branch Carr. Quando aveva tre anni, la sua famiglia si era trasferita da Viterbo a San Diego, USA. Di carattere sveglio e attivo aveva dimostrato grandi capacità di osservazione coniugando ragione ed immaginazione e riscuotendo successi anche nello sport. Ma fu soprattutto la scrittura lo spazio nel quale espresse il suo primo sentire. Jonathan la avverte come forza inestinguibile, un fiume in piena, “una diga che straripa”, che in sé contiene anche il nostro “altro”. Anche il nostro altro che non vorremmo oscillante tra la fissità di una “sedia” e lo scatto di “un goal”. I versi “bambini” che riportiamo colgono una molteplicità della struttura che alterna, ad una stesura tradizionale, versi che, nella maiuscola iniziale respirano forte, ricominciano un percorso, un pensiero, un sogno e l’“eccentricità” atemporale del fiocco di neve.

Si iscrisse all’università di medicina con entusiasmo e determinazione ma proprio allora comparvero i primi sintomi della malattia mentale, della schizofrenia, della difficoltà a percepire la realtà nella sua interezza.

Parlò da subito del suo malessere con la madre, con la quale ebbe sempre un rapporto privilegiato (è stata lei ad inviarmi gli scritti che sto trascrivendo) ed iniziò con fasi alterne tante “stazioni del dolore” nonostante le quali negli ultimi suoi anni di vita era riuscito anche a riprendere gli studi e continuare lo sport.

La fede lo sostenne per molto tempo e gli diede conforto e serenità.

La sua vita si interromperà il 18 Gennaio del 2014 per un arresto cardiaco, causato probabilmente dalla reazione tra il dosaggio dei farmaci e il suo fisico molto debilitato.

Le poesie che seguiranno saranno un omaggio a Jonathan e un abbraccio da parte di tutta la redazione della nostra rivista a sua madre.

 

Patrizia Garofalo


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