Lisistrata
Variante astuta della grande coalizione? Emarginare le “estreme”? 
Ambiguità e prospettive del momento politico
Il senatore Francesco D
Il senatore Francesco D'Onofrio 
14 Ottobre 2006
 
Prima di parlarne ho voluto aspettare qualche conferma, e adesso provo ad accennare a quello che mi pare un inizio di processo, con qualche ambiguità e un certo numero di prospettive.
L'attività politica al Senato va avanti a fatica -ovviamente- dati i precari rapporti di forza. Tuttavia la maggioranza sembra, fino ad ora, tenere tenacemente e l'impegno a sostenere il governo sembra abbastanza solido e convinto, non certo entusiasta, però sottratto a trabocchetti divisioni spinte centrifughe.
La maggioranza semmai sembra piuttosto soffrire di proprie interne incapacità che dell'incalzare politico di proposte dalla destra. Tutto ciò viene molto giocato dalla stampa soprattutto, che mostra visibili segni di arruolamento da parte dei poteri forti essi stessi tuttavia percorsi da contraddizioni. Del resto essendoci molto malumore, temporali in vista e crisi sotto il cielo sarebbe davvero singolare che i segnali fossero tutti di tempo stabile e sereno. Il fatto è che quando si rompe il motore, non è sempre facile dire se è stato un cedimento della macchina o un errore del pilota: capita nelle migliori famiglie motoristiche.
A guardare i seggi dell'aula si nota una specie di visibile differenziazione nelle componenti dell'opposizione, spero non sia solo una mia maggiore conoscenza dei vari gruppi: a me sembra che AN stia guadagnando una sua identità e collocazione autonoma piuttosto compatta e battagliera e conduca una buona azione parlamentare fatta soprattutto di eccezioni regolamentari, ma non solo. Se si prepara a diventare un partito che in Europa entra tra i popolari, porrà delle belle rogne a Berlusconi, ma soprattutto al partito democratico, non solo ai Ds, ma anche alla Margherita. Forza Italia sembra un po' più spenta e non schiera nel dibattito i suoi uomini più in vista, tiene un tono piuttosto basso e marginale. La Lega sempre più vistosamente separata e in sé coesa con un mutamento di collocazione vistoso, una destra rozza e piena di termini bruti di razzismo populismo americanismo, senza quasi più nessuna coloritura "padana", e invece ultracattolica. Nell'Udc che pure acquista identità ed esposizione di profilo politico, sembra essere eminente la figura di D'Onofrio, persona colta e politicamente avvertita, come del resto Mannino, l'altro senatore di riguardo: la loro prudente e tenace marcia di avvicinamento a un possibile mutamento di quadrante politico si avverte, senza sbracacature opportunistiche: una operazione politica condotta con un certo stile e non senza profondità. Almeno al Senato.
 
Ma qual è dunque l'operazione politica? Una variante astuta della grande coalizione, fatta per emarginare le "estreme", soprattutto noi, allargare il centro, sostituire la direzione Berlusconi e tenere il campo in eterno?
Il metodo per fare ciò sembra una propensione più volte ripetuta in varie direzioni: ne citerò due, una è una operazione rivolta a dare l'ostracismo a qualsiasi più fisiologica disposizione di forze nella maggioranza: ad esempio la tenace ostilità e voti contrari opposti alle dimissioni (di quelle di Malabarba sappiamo, ma a Livia Turco ancora è stato impedito di dimettersi dal Senato per restare solo ministra) con la scusa che allora debbono dimettersi tutti quelli o quelle che sono ministri e parlamentari nello stesso tempo, Mastella e Di Pietro, i sottosegretari, la Bindi ecc. pretesa volta solo a far confusione, dato che i vari ministri e sottosegretari stanno in varie forze politiche e possono far capo a differenti tradizioni, oppure possono essere di vario impegno personale e famigliare oppure per altre mille ragioni che appartengono alla loro privatezza.
Oltre a questa maniera più rozza, un altro modo più politico si è manifestato con altri metodi in più d'un caso. Su una questione molto importante (mettiamo la giustizia) in cui era coinvolto anche il prestigio della ex maggioranza (riforma Castelli) hanno proceduto per un po' in eterni esercizi di contrapposizione, giochi, trabocchetti regolamentari, continue verifiche del numero legale e dei metodi di votazione: ma a un certo punto, o per spontanea convinzione di tutti o per iniziativa di uno o di un gruppo, i lavori vengono sospesi, per cercare una soluzione che possa essere di un qualche gradimento comune. Passano le mezze giornate o anche una intera giornata, due sedute e più di capigruppo riuniti che alla fine scodellano l'accordo che spesso l'opposizione poi non vota, ma non ostacola. Si possono dare due letture di tale atteggiamento: o il metodo del consenso si impone per necessità intrinseca (ma ci credo poco), oppure si tenta di costruire a pezzi e bocconi una piattaforma diversa dal programma, ma dotata di una copertura parlamentare tale da consigliare di procedere a un qualche grande centro o grande coalizione anche anomala, cioè "caso per caso". Finora non ci sono i numeri per sacrificare noi, ma si può cercare di approssimarli con operazioni di "verifica elettorale" nella quale -chissà perché- non convalidati restano due nostri compagni. Il tentativo di scaricarci programmaticamente è più difficile, data la nostra assoluta fedeltà ad esso programma e capacità di difendere le posizioni che sosteniamo, tanto che addirittura la grande stampa cerca di far credere che il governo sta facendo tutto e solo ciò che Rifondazione gli consentirebbe (fosse vero!)
Bisognerà una volta fare un discorso sulla responsabilità della stampa, nel senso che chi ha un potere (e la stampa lo ha) deve avere o darsi le regole della trasparenza e della responsabilità (ad esempio dire chiara la proprietà o l'orientamento) in modo che i lettori possano capire il perché di certe posizioni e capovolgimenti ecc. ecc. Il seguito al prossimo numero.
 
Lidia Menapace

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