Diario di bordo
Maria Lanciotti. Rifiuti Lazio. La terra dei fuochi spenti
13 Gennaio 2014
   

La news

“Hanno arrestato Cerroni” il succo della novità ripresa e rilanciata in un baleno dai media giovedì 9 gennaio di prima mattina. Non si è fatta festa in piazza, non si celebra una notizia attesa da anni ed esplosa come si fosse trattato della scoperta del secolo. Non ci si mette l’anima in pace perché è stato ufficialmente annunciato che il cancro c’è, diffuso non si sa quanto e in fase terminale. Non è che non fosse evidente il marcio che si sta pappando da anni e anni territorio e cristiani. E tuttavia l’inerzia regna sovrana, mentre si sta facendo serenamente e acquiescentemente la fine dei sorci, annegati nelle fosse abusive.

 

Si dovrebbe fare una lunga serie di passi indietro

Si dovrebbe tornare a quelle parole di Giuda che pronunciò Piero Marrazzo in una bella serata di luglio del 2008 a Velletri, in piazza del Comune. L’allora governatore del Lazio, mentre garantiva, accoltellava. Gasava, per meglio dire. Superprotetto dalle forze dell’ordine come dentro a una cassaforte. Riverito e coccolato dai politici locali. Non tutti con la faccia pulita. E d’altro canto, salvo un gruppo di ragazzi che furono i primi a dare la sveglia, unitamente al Comitato Acqua Pubblica di Velletri che aveva lanciato l’allarme arsenico, l’ex conduttore di “Mi manda Raitre” godeva della simpatia del popolo italiano, di cui si era guadagnato la fiducia in tanti anni di servizio nel ruolo di angelo custode del cittadino e castigamatti per imbroglioni d’ogni risma. Un trampolino di lancio non da poco, per atterrare a tempo debito sull’ambita poltrona. E il 22 ottobre 2008, non più commissario straordinario per l’emergenza rifiuti fin dal precedente 30 giugno, firma l’ordinanza per l’avvio della costruzione dell’inceneritore di Albano Laziale, i cui lavori da parte del Co.E.MA sarebbero dovuti partire entro il 31 dicembre 2008, per non farsi scappare gli incentivi pubblici Cip6. In assenza dell’Autorizzazione Ambientale Integrata, ancora in istruttoria.

 

Ma è inutile rimestare nella piaga

Tornando al marcio che infesta le nostre zone, tanto per restare nei confini geografici e i relativi assetti, certo qualcosa si è mosso. Arresti e ordinanze di custodia cautelare, il Grande Vecchio messo in pantofole, sequestro di beni mobili e immobili, coperchi che saltano e si salvi chi può. E questi sono fatti e non chiacchiere. Ma non confortano. Siamo nei guai fino al collo e nessuno che sappia indicare come uscirne. Mentre c’è chi trema e chi trama. Vocine di palazzo che azzardano gorgheggi, silenzi eloquentissimi, musiche stonate. Se ne sono combinate troppe e troppo grosse in tanti anni di arruffamento e di arraffa-arraffa, e adesso si teme il conto dell’oste.

 

Anche la stampa appare disorientata

La stampa libera e quella vincolata. I legali del Grande Vecchio sanno a chi rivolgersi per emanare le loro note di difesa e di contrattacco o per intimare il silenzio, ma non sanno come far tacere chi ha mantenuto la bocca libera dal morso. E poi c’è la popolazione che si traccheggia fra una lunga dormita e un sussulto, mai veramente presa nelle spire di un problema che ci sta strangolando da decenni e di cui non ci si affatica a comprendere portata e dinamiche. Qualcun altro ci penserà, suggerisce la pigra coscienza, e si delega tutto a chi non aspetta altro che di avere via libera per perpetrare i suoi crimini.

 

Crimini e criminali

Perché di questo si tratta, di crimini e di criminali. Il Grande Vecchio da solo non poteva fare tanti danni. Anche se a lui questo piace pensare e far credere. Si è fatto da solo, ma non ha fatto tutto da solo. Ora aspetta al calduccio di riscuotere il grosso credito che vanta nei confronti dell’Ama, per cattiva gestione dell’Azienda e clientelismi appurati. E non è dato sapere come si metteranno le cose con gli altri suoi debitori, fra cui qualche castellano con la fascia tricolore. Perché questo è stato sempre il metodo suo e della sua squadra: lavorare e far lavorare di frodo. E in tanti, in troppi, hanno abboccato. E adesso stanno stretti nel suo pugno e nelle maglie della Magistratura. Che si spera ardentemente proceda nella sua inchiesta senza incagliarsi in secche preordinate.

 

Intanto si ricompone ai vertici il nuovo assetto

Nello stesso giorno in cui è stata diffusa la notizia degli arresti, sono stati presentati in Campidoglio i nuovi vertici dell’Ama. Senza por tempo in mezzo, tutto coordinato. Subentrano alla guida dell’Azienda Municipale Ambiente di Roma le due dirigenti Rita Caldarozzi e Carolina Cirillo e il nuovo Amministratore delegato, Ivan Strozzi. Un nome che incute rispetto. Si vedrà. Ora dovrebbe partire sul serio la raccolta differenziata. Se non parte stavolta, mettiamoci pure una pietra sopra. E intanto mettiamo le mani al portafoglio: tocca alla cittadinanza riempire i buchi finanziari prodotti da una gestione assassina dei cosiddetti rifiuti. Ma non si chiamano rifiuti: si chiamano risorse, se si vuole.

 

Una domanda si pone

Non si può evitare di porre una domanda a chi è tenuto a dare una risposta.

Chi risarcirà le vittime di questa sporca guerra non dichiarata, chi ridarà loro gli anni spesi in tante battaglie che sembravano perdute in partenza, attaccati sempre ad un filo di speranza senza farsi sommergere mai dalla disperazione. Chi risarcirà studi interrotti, progetti rimandati o annullati, salute compromessa, lutti in famiglia? Ma per questo tipo di conti è ancora presto. Si sta ancora sulla breccia, all’erta più che mai: i colpi di coda di certi pesci grossi, di certi squali insaziabili, non vanno mai sottovalutati. I Movimenti contro discariche e inceneritori questo lo sanno bene, tanti anni di lotta hanno fatto scuola. Perciò, visiera abbassata e pronti ad ogni evenienza.

 

Giunta Comunale di Albano Laziale e sindaci di bacino

La lunga inchiesta condotta dal NOE che ha portato per ora all’arresto di sette persone fra cui il Grande Vecchio e Bruno Landi, ex presidente della Regione Lazio, riguarda in buona misura la discarica di Roncigliano e l’inceneritore dei Castelli Romani, nel comune di Albano Laziale. Luca Andreassi, consigliere delegato ai rifiuti, in una nota stilata con tutto comodo esterna il dubbio che forse esistono “falle enormi nel sistema di gestione dei rifiuti della Regione Lazio”. È già un passo avanti, e chissà quanto gli sarà costato. E teme di dover imbracciare la ramazza per ripulire le strade di Albano. O Cerroni o monnezza la sua ristretta visuale, ma ognuno ha i suoi limiti. Più che altro Andreassi sembra vagare in un deserto. Mentre il sindaco Nicola Marini, caduto dalle nuvole, così esprime la sua meraviglia: “Da quanto apprendiamo sembrerebbe che le accuse siano molto gravi e che riguarderebbero anche la discarica presente nel nostro territorio”. E auspica che si muova la raccolta differenziata “rinunciando definitivamente alla politica del passato basata su discariche e inceneritori”. La Giunta Marini forse dovrà vedersela col Grande Vecchio, che adesso penserà solo a riscuotere enormi crediti, bussando forse anche ad altri palazzi castellani.

Degli altri sindaci di bacino non ci giunge voce, forse stanno ponderando. Non hanno mai creduto sul serio di poter bloccare il Sistema Cerroni attraverso manifestazioni di piazza, ma facevano diligentemente la loro comparsa o mandavano i loro rappresentanti per rilasciare dichiarazioni standard. Sempre molto affaticati, per non dire riottosi, quasi sentendosi presi per la collottola. Però all’ultimo corteo, nell’ottobre del 2013, c’erano quasi tutti, perché era imponente ed esuberante, non una passeggiata di rito. E dunque non si poteva mancare, per dovere istituzionale.

 

Roma Capitale e Città del Vaticano

Alla discarica di Roncigliano, oltre ai rifiuti di Fiumicino e Ciampino, arriva parte della spazzatura indifferenziata di Roma Capitale e della Città del Vaticano. Il Sindaco Marino sulla vicenda ha detto la sua alla maniera di Pilato, del tipo: “Ci sono stati degli arresti ma non ho informazioni privilegiate. Quello che credo sia importante é rendere il Comune in ogni sua area strategica una casa di vetro dove legalità e trasparenza sono al primo posto”. Mentre Papa Francesco non sembra occuparsi affatto di queste miserie umane, per quanto dimostri grande attenzione ai problemi terreni e concreti, in ambiti anche lontani da San Pietro. Ma avrà i suoi santi motivi per astenersi dall’entrare in argomento, anche se una sua parola di vicinanza molto potrebbe essere di conforto non solo per gli abitanti di Roncigliano e dei Castelli Romani, che si stanno saturando i polmoni anche con i miasmi della Città del Vaticano, meta di pellegrinaggio da tutto il mondo e quindi molto produttiva in fatto di monnezza, ma anche per tutta quella gente che sta subendo un lento avvelenamento di massa in un ambiente disastrato e irrecuperabile come per esempio in Campania, nella “Terra dei fuochi”. Qui da noi non ardono fuochi, l’inferno si trova sottoterra e sta tutto corrompendo senza rimedio. E questo non è un mistero per nessuno. Eppure si continua a bluffare, tirando in ballo un’emergenza rifiuti pianificata a tavolino.

 

Il ferro di Roma e i giorni della verità

Le indagini del NOE intanto vanno avanti, scavando soprattutto nei rapporti del Gruppo Cerroni con la politica. Sull’altro fronte, i legali preparano il piano di difesa per i sette arrestati, tutti ai domiciliari. Domani, martedì 14 gennaio, dovrebbero apparire dinanzi al giudice per le indagini preliminari Giuseppe Rando, manager e fedelissimo di Cerroni, e Giuseppe Sicignano, direttore della discarica di Roncigliano, nel comune di Albano Laziale. Mercoledì 15 sarà la volta del Grande Vecchio e di Bruno Landi, suo alter ego. Giovedì interrogatori per Raniero De Filippis, funzionario pubblico, l’imprenditore Pietro Giovi e Luca Fegatelli, il dirigente regionale accusato tra l’altro di aver tentato d’inquinare le indagini del Noe di Roma. L’ordinanza del Gip prevede anche il confronto con Piero Marrazzo, accusato di falso e abuso d'ufficio. Peccato, proprio adesso che l’ex governatore del Lazio, dopo esperienze di trans e cocaina e purificazione in ospitali monasteri, si era rifatto una verginità, una nuova giovane compagna dopo la separazione dalla pazientissima signora Serdoz, e si era ripresentato come rinato in Tv. Perché costui non si trova in galera da quel dì, uno si domanda. E forse la risposta stavolta verrà. Intanto le acque (nere) si agitano per gli arresti del Grande Vecchio e Company. Dice la sua Renata Polverini – succeduta a Marrazzo dimissionario alla Regione – ma si ripete invano, parole trite; dice la sua Francesco Storace – vicepresidente del Consiglio regionale ed ex governatore del Lazio – in difesa di Nicola Zingaretti “lasciato solo di fronte al ‘cerronismo’” e recrimina sul silenzio di Alemanno, Veltroni e Rutelli e anche di molta parte della destra, mentre vede in fibrillazione il centrosinistra per le eventuali rivelazioni del Grande Vecchio. Dice la sua Marco Vincenzi, capogruppo Pd alla Regione, ribattendo che tutto è stato fatto presto e bene, fino alla chiusura di Malagrotta.

In tutto questo non si accenna minimamente da parte di nessuno a quello che si deve aspettare un povero cittadino di questa terra dei fuochi spenti, dove il marciume genera marciume e fra collusi e collisi tutti sembrano avere a che fare con il Grande Vecchio, che si aspetta pure di venir santificato a suo tempo.

 

Maria Lanciotti


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