In morte di Nelson Mandela
«Amava le donne e il pugilato, ignorava l'odio»
(Toni Morrison, scrittrice sudafricana)
E come hai potuto volgere in sorriso
il tuo lamento, figlio della foresta e del deserto
boscìmano dal polso forte, nomade
della savana riarsa: come hai potuto vedere
da una finestra senza cielo, nera come la notte
di ebano, le cime dei baobab percosse
dai tam tam dell'est e dell'ovest
sulla pista dei leopardi e dei leoni?
Su strade di polvere insanguinata
cade la folgore del negriero.
Categoria D. Trattamento duro. Si dipana
la vita come un immobile giorno. Scrivere
non è malinconia, ma vivifico pane
per il detenuto 466/64. Breve la parola
immensa la terra. L'oceanica lontananza
confonde l'acqua e la sabbia, lega le mani
del tempo alle sbarre di Robben Island. Dormono
i leoni. Eppure qualcuno ti chiama, Nelson,
forse una donna abbandonata
forse il tuo popolo che non è di questo tempo
che cammina disperso sulla pista
diretta all'antico sapere di Timbuctu
è l'Africa madre delle piaghe e dei diademi
che brillano nel sorriso dei suoi figli.
Si è aperto tra le nuvole uno squarcio
di cielo. Varca l'oceano il suono dei tamburi.
Breve la terra, immensa la parola.
E tu, “prigioniero del giardino”, sai che non bastano
i meridiani e i paralleli a contenerla
né ventisette anni e novanta giorni (“quasi folata
in una stanza chiusa”) a spegnere la fiamma
a soffocare il verbo immortale dell'amore.
Dicembre 2013
Gino Songini