Pieno sostegno all’iniziativa del senatore Luigi Manconi e della senatrice a vita Elena Cattaneo che stamane, insieme con il professor Giuseppe Remuzzi, presidente della Società mondiale di nefrologia, si sono recati in visita al centro clinico del carcere romano di Regina Coeli per incontrare Brian Gaetano Bottigliero, il detenuto affetto da grave insufficienza renale e sottoposto a dialisi tre volte a settimana. Dal suo ingresso in carcere, avvenuto nel luglio 2011, il ragazzo di 24 anni ha perso oltre 18 chili. Il ricorso al Tribunale della libertà è stato rigettato, con la motivazione di pericolo di reiterazione del reato. Motivazione che deve trovare fondamento preciso e deve essere rapportata alla situazione grave di salute del detenuto.
Come ha sottolineato il professor Remuzzi: il detenuto «ha una malattia che compromette il sistema immune e al ragazzo non giova affatto stare nelle stessa stanza con altri malati, in condizioni igieniche precarie, e assumere cibo inadeguato per le sue condizioni. Tecnicamente la detenzione non è incompatibile con un dializzato; ma Brian Gaetano Bottigliero è in attesa di trapianto, dunque non può rimanere in carcere».
Lo stato tecnicamente illegale della realtà carceraria italiana è noto: detenuti ben oltre il numero massimo ospitabile; agenti di custodia sott’organico; medici, psicologi e operatori sanitari in numero irrisorio; l’emergenza è divenuta tragedia quotidiana. Lo ha ribadito il Presidente della Repubblica nel suo messaggio alle Camere lo scorso 8 ottobre dichiarando che «La rieducazione dei condannati – cui deve, per espressa previsione costituzionale, tendere l'esecuzione della pena – necessita di alcune precondizioni (quali la non lontananza tra il luogo di espiazione e la residenza dei familiari; la distinzione tra persone in attesa di giudizio e condannati; la adeguata tutela del diritto alla salute; dignitose condizioni di detenzione; differenziazione dei modelli di intervento) che possono realizzarsi solo se si eliminerà il sovraffollamento carcerario».
Il trasferimento delle competenze sanitarie dal Ministero della Giustizia al Servizio sanitario nazionale e ai Servizi sanitari regionali infatti, anche se è stato definito con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell´1 aprile 2008, ad oggi ancora non è attuato pienamente, a discapito dei detenuti. Ci aspettiamo una immediata risoluzione della vicenda perché il diritto alla salute non venga meno dietro le sbarre: è un diritto fondamentale che deve essere sempre garantito; ignorarlo vuol dire violare i diritti umani. Soprattutto in questa vicenda lo Stato e la magistratura non possono rendersi complici del peggioramento del quadro clinico del detenuto.
Ci auguriamo dunque che al più presto al detenuto, e a tutti i detenuti nelle sue medesime condizioni, vengano concessi i domiciliari o sia trasferito in una struttura sanitaria adeguata al trattamento della sua patologia.
Filomena Gallo
Segretario dell’Associazione Luca Coscioni