Sfoglio gli ultimi Twitter di Yoani e i pochi post che scrive tra un viaggio e l’altro. Progetta un periodico digitale, una cosa moderna, da diffondere a mezzo Internet, un giornale che racconti il futuro. Leggo che a Cuba si torna all’ora legale e la blogger ci tiene che i suoi connazionali rimettano le lancette al momento giusto. Scrive che novembre è il mese migliore dell’anno, non fa troppo freddo e neppure troppo caldo, una notizia che ti cambia la vita. Yoani si lamenta perché il governo ha chiuso i cinema privati in 3 D, le salette private che passavano colossal statunitensi e persino le sale munite di videogames. Mi sono sempre vantato di capire le persone a prima vista, io che sono così difficile nel concedere amicizia e confidenza. Forse il motivo dell’errore è che non l’avevo mai vista, non l’avevo ancora incontrata, avevo avuto a che fare con lei soltanto in maniera virtuale. La credevo un’eroina, l’avevo idealizzata. E non era il caso. Possibile aver lottato cinque anni al fianco di una persona che ha finito per narrare che non ci sono più le quattro stagioni? Oppure che le fontane dell’Avana non zampillano? Oggi mia suocera, cubana, in vacanza a Piombino, mi ha detto che Yoani Sánchez è una borghese, ha una casa grande e lussuosa, non fa niente per il popolo, ma solo per se stessa. Ho preso l’ultimo colpo. Mica per lei, no. Per me stesso, che ho buttato cinque anni della mia vita.
Gordiano Lupi