Francesco Belluomini
Sul crinale dell’utopia
Giuliano Ladolfi Editore, 2013, pp. 264, € 20,00
Due destini che finiscono per intrecciarsi, quelli dei protagonisti del romanzo di Francesco Belluomini, Sul crinale dell’utopia, pur geograficamente così lontani. Il primo, Eugenio Del Sarto, nato e cresciuto in Versilia all’inizio del XX secolo, si entusiasma e pone le speranze sue e del Paese nelle ideologie di sinistra, diventando il fondatore della sezione viareggina del PCI, pronto a rischiare il suo posto di lavoro di dipendente delle Ferrovie dello Stato e la sicurezza stessa della famiglia in nome del suo credo politico. L’altro, Fiodor Leviskilyj, transcaucasico coinvolto nella rivoluzione bolscevica contro la sua volontà e al di là di una sua scelta personale, vive la tragedia della rivoluzione e della guerra civile col suo carico di morti, la distruzione di villaggi, l’espropriazione delle terre e la miseria. Lo seguiamo nel suo incredibile lunghissimo viaggio di ritorno verso la casa di famiglia, in divisa militare, durante una licenza che non basta nemmeno per arrivare sul posto, pertanto diventato disertore per il mancato rientro. I due si incontreranno nel gulag di Severo Vostocnyj, sul mar Caspio, dove Del Sarto è stato internato come oppositore politico, in quanto, arrivato in URSS come giornalista, con il carico della sua ammirazione e delle aspettative nei confronti della rivoluzione, osa sottolineare ciò che non funziona.
Francesco Belluomini porta avanti in parallelo le due storie, la prima reale – Eugenio Del Sarto corrisponde ad un personaggio viareggino realmente esistito – la seconda frutto di immaginazione per quanto riguarda il protagonista e la sua famiglia, ma inserita in una documentazione storica minuziosamente ricostruita. Infatti Sul crinale dell’utopia si legge come un libro di storia, in quanto analizza la situazione italiana, ma anche europea ed internazionale, a cominciare dall’inizio del XX secolo, inserendo l’odissea dei due personaggi nello scorrere degli avvenimenti.
Belluomini lascia il lettore a riflettere sulla natura delle utopie, che talora alimentano fanatismi che escludono l’uso della ragione e del buon senso. In modo oggettivo ne registra i limiti e le falle, ma non tralascia di riconoscere, attraverso la storia dei suoi personaggi, gli elementi di giustezza di certi progetti sociali e politici. Profondo tuttavia rimane lo iato che divide un pensiero politico forte, rivoluzionario, dalla sua realizzazione concreta, nel rispetto della dignità e dei diritti di tutti.
Il registro linguistico è quello dello storico, che espone i fatti, li mette in relazione e non si concede momenti di debolezza, nemmeno quando ci sono di mezzo i legami familiari. E i due protagonisti, le loro famiglie e tutti coloro che gravitano loro intorno finiscono per confondersi con i personaggi storici.
Marisa Cecchetti