Ecco una breve lista di quello che ho imparato, quest’estate, ai tavoli referendari:
- Spesso i cittadini non sono per nulla informati su quello che succede nel Paese, anche se sono convinti del contrario.
- Se qualcuno si avvicina con passo sicuro e inizia a parlare dicendo: “Io non sono razzista, ma…”, stai sicuro che esprimerà concetti che farebbero impallidire anche Joseph Gobbels e Wernher Von Brown.
- Sono più interessati alla vita politica gli over60 degli under25. È un’amara verità, ma qualcuno doveva pur dirla.
- Se viene a firmare una coppia di coniugi, al 99% sceglieranno gli stessi quesiti (firmarli tutti è spesso troppo complicato). Si tratta del cosiddetto “voto matrimoniale”.
- La grappa dopo pranzo, specie se ci sono 10 gradi ed è ancora metà settembre, può diventare un imperativo categorico.
- Dimmi per quale referendum vuoi firmare, e ti dirò chi voti (margine di errore dello 0,001%).
- Se qualcuno esordisce dicendo: “Io vi ho votato per tanti anni…”, non esultare. Concentrati piuttosto sull’uso del passato prossimo.
- La maggior parte della gente ne sa più te, ma farle capire che lo spazio previsto per la firma è quel rettangolo e solo quel rettangolo è impresa impossibile.
- “Ha firmato anche Silvio, quindi sono qui”. Sorridi e trattieniti. Uno vale uno, dicono.
- Gli ultimi giorni sono i più pieni, ma anche quelli in cui ti diverti maggiormente.
- C’è una differenza abissale tra la “scolorina” e il “bianchetto”. Io finalmente l’ho imparata, e la renderò nota solo ai sinceramente interessati.
- All’80% il firmatario che hai davanti ti saluterà dicendo: “Pannella sta facendo un altro sciopero della fame?”. E crederà pure di essere stato simpatico e originale.
- Almeno a Sondrio, nel pomeriggio prima delle 16:00 non c’è nessuno. E la tua pausa caffè è salva.
- “L’abbiamo già firmato altre volte, perché dovremmo crederci oggi?”. Perché, signora cara, subire passivamente le decisioni degli altri è meglio?
- Contare non fa per me. Non che ci volesse una raccolta firme per capirlo, in fondo era anche la mia strofa preferita in quella vecchia canzone di Venditti: la-matematica-non-sarà-mai-il-mio-mestiere.
- Salvo rarissime eccezioni, il Comune non ti fornirà i timbri necessari per completare i moduli. Scrivere cinquanta volte “Tizio Caio, consigliere comunale” ti riporterà indietro ai tempi delle elementari.
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Poi ho imparato tante altre cose, che sono però un pochettino più serie. Anzitutto ho conosciuto belle persone, che da anni, e con passione, ci provano davvero a cambiare un Paese che di cambiamento ha sempre paura di parlare. Ho imparato (e forse l’avevo già intuito) che tra destra e sinistra c’è davvero poca differenza, ma non importa. Quello che conta è la gente, contiamo noi. Ho imparato che parlare di Libertà è ancora difficile, ma è davvero l’unica cosa per cui vale la pena battersi, non solo su un foglio di giornale ma anche nelle piazze. Ho imparato che arrivare a casa stanca, dopo più di 8 ore di tavolo, ti lascia una soddisfazione che non puoi quantificare. Quella soddisfazione che deriva dal fatto che ci hai messo la faccia, che ci hai provato, che hai fatto la cosa giusta se è vero (come è vero) che “il peggior reato è restare con le mani in mano”.
Claudia Osmetti
(da Radicaweb.it, 30 settembre 2013)
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Radio Radicale, 30 settembre 2013