Diario di bordo
Il kayak dei diritti umani di Georges Alexandre prosegue verso Bruxelles
23 Agosto 2013
 

Milano – Mentre i profughi raggiungono le coste italiane, cercando una protezione umanitaria e una solidarietà che non troveranno quasi mai; mentre si consumano tragedie nei centri di “accoglienza”; mentre migliaia di rifugiati, che fuggono da spaventose crisi umanitarie, vengono bloccati sulle rive nordafricane a causa di patti iniqui con l'Italia e l'Ue; mentre il nostro ministro all'integrazione non riesce a svolgere le sue funzioni, perché accerchiato da politici intolleranti e minacciato quotidianamente da ogni sorta di violenti; mentre partono i barconi per un viaggio che ha poco senso chiamare “della speranza”; mentre prosegue la drammatica odissea dei migranti, il difensore dei diritti umani Georges Alexandre affronta nuove tappe del suo percorso in Kayak verso Bruxelles, dove incontrerà una delegazione del Parlamento europeo. Georges è partito dalla Tunisia nel 2011, ha raggiunto Lampedusa, Linosa, Malta e poi tutte le località del sud che i barconi raggiungono. Ha solcato, con il suo Kayak, le acque delle lacrime, della fede, della morte.

Il Gruppo EveryOne, di cui Georges fa parte e da cui ha ricevuto il Premio “Eddie Hamel” 2011 (riservato a chi protegge le minoranze emarginate attraverso lo strumento dello sport), segue con trepidazione il suo itinerario e ha vissuto con lui momenti drammatici, come quando l'attivista canadese fu aggredito e pestato a Lampedusa, a causa della sua opera a tutela dei profughi. Se la politica italiana ha ignorato la meravigliosa fatica di Georges, Parlamento, Consiglio e Commissione dell'Unione europea la considerano invece con attenzione e dalle foto, dalle notizie, dalle segnalazioni fornite dal difensore dei diritti umani sono nate posizioni dell'Ue fortemente critiche verso l'Italia dell'intolleranza.

Insieme a Georges, altri attivisti del Gruppo EveryOne hanno ricevuto intimidazioni, minacce e insulti, per la loro vicinanza a chi fugge dalle più terribili crisi umanitarie e per il grido di giustizia che essi levano all'unisono con i rifugiati. «Cari amici di EveryOne», ci ha scritto Georges stamattina, «spero che stiate bene. Vi comunico alcune novità. Ho ripreso il viaggio in Kayak il 12 agosto, da dove l'avevo lasciato. L'ho ripreso da Torvaianica, a sud dell'estuario del Tevere. Oggi sono arrivato a Le Rochette, in Toscana. Mi fermo due giorni, poi proseguo, pagaiando per i diritti umani. Sono sereno. Un eurodeputato italiano appoggia la mia petizione. Fisicamente sono in grado di andare avanti, senza forzare come nella prima fase: percorro in media venti chilometri al giorno, ma avanzo con sicurezza. In dieci giorni di pagaiate ho fatto 222 chilometri. Il 15 agosto scorso, partendo dalla spiaggia di Santa Marinella, ho incontrato O. (omettiamo il suo nome per evitare problemi al profugo), che vendeva calze e accendini per sopravvivere. Era sbarcato dalla Nigeria nel 2008, a Lampedusa. Attende ancora i documenti per lavorare in regola. Mi ha detto che molti suoi compatrioti vorrebbero tornare in Africa, ma non hanno il denaro per il viaggio e le istituzioni non provvedono neanche a questo. Vado avanti per lui, per loro. E per chi soffre ingiustamente in mare. E per chi soffre ingiustamente sulle coste italiane (quanti ne abbiamo conosciuti, amici miei!). E per chi soffre ingiustamente nei centri di concentrazione, nei Cara e anche – questo vale per i pochi 'fortunati' che ottengono asilo o protezione formale – nelle città italiane che accolgono i rifugiati, ma non li aiutano, perché i fondi destinati a loro seguono altre 'vie' e la solidarietà, verso di loro, non esiste».

 

Gruppo EveryOne

 

 

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