Ricordi? Eravamo ancora innamorati quando la spiaggia di Trani conservava i nostri pensieri nascosti da vecchie mura. Adesso cos’è rimasto dei sogni di due ragazzi che si amavano? Cosa cercano i tuoi sguardi spaventati sotto il vento di libeccio? Non so che dire, vorrei rivederti solo per un istante e non essere costretto a scriverti, facendo volare la penna sui sentieri del passato, sulle coste pietrose distrutte dal tempo, su piccoli episodi d’un antico abbandono, dolorosi e dolci come un intermezzo di parole d’amore che riscaldano cuori impauriti. Debora, io lo so che i tuoi occhi di donna ricercano ancora le strade d’un dolce passato, magari nei momenti del risveglio mattutino, quando osservi le barche dei pescatori che approdano nella piccola rada, quando ricordi il calore dei nostri baci sul lungomare, quando voli con il falco sulle pendici dei tuoi pensieri a rincorrere lo stambecco per dirupi inaccessibili, quando sei felice nel vedere i tuoi bambini coperti dalle coltri dei giorni di festa. Li vedi dormire e li culli con dolcezza di madre e ricordi quando bambina ti lasciavi portare lontano tra le braccia della notte, nei risvegli lenti e tranquilli delle giornate senza scuola, quando correvi sulla spiaggia dei nostri pensieri. Debora, quella spiaggia è il panorama inconsolabile di perdute speranze, di lotte cruente, di giorni coltivati a raccogliere sogni da far volare oltre un confine stabilito. I nostri ricordi sono desideri confessati alla notte e a un letto disfatto, portano con sé il colore dei tuoi occhi che percorrono l’infinito e conservano il magico dolore del mare in burrasca. Ripenso un amore nelle lunghe sere d’estate, quando percorrevamo tramonti sul lungomare, osservando le onde frangersi sui muri in granito, scagliando sassi verso le stelle che cadevano troppo vicini alla luce dei nostri cuori. Ricordo sensazioni vissute, dolori giovanili che colgono di sorpresa e non fanno vivere momenti di abbandono. Ricordo il tuo sorriso, le tue lacrime sconfitte, il tuo sguardo di sfida verso il mondo. Sei sempre stata più forte di me, cara Debora, con la tua semplicità mascherata di trepida dolcezza e un cuore grande aperto verso il mondo, con le tue domeniche a messa tra canti d’organo e chitarra, corde tese sul limitare del tempo, sostegno d’un cuore innamorato. Ricordo che ti guardavo senza capire, ti attendevo fuori dalla chiesa per correre verso il mare come due innamorati che chiedono ai loro giorni solo tenerezza, con la mia indifferenza di figlio d’un mondo diverso, con la mia noncuranza di fronte alle tue preghiere e alla fede che ti rendeva sicura nei momenti più duri. Non abbiamo mai litigato, cara Debora, come due perfetti compagni di viaggio, come due complici che attraversano un mare solcato dalle onde nell’abbandono della notte. Come potevamo? Non ci siamo mai chiesti niente più di quel che potevamo concedere, non siamo rimasti in silenzio a sfogliare ricordi, ma abbiamo vissuto e sognato insieme. Adesso mi verrebbe da chiederti se sei felice, con un cuore diviso tra bambini che sorridono alle tue carezze e un uomo che forse hai sposato ma che è troppo cambiato nel volgere degli anni. Sarebbe una domanda che conterrebbe solo nostalgia del passato, pretenderebbe una risposta che non puoi darmi e forse mi farebbe capire di non averti amato abbastanza. Non la voglio quella risposta, cara Debora, perché forse non sarei stato migliore del tuo uomo, sarei cambiato pure io con il tempo che passa, e ti avrei deluso, come spesso la vita delude chi cerca un sogno d’amore. Vorrei ancora vederti come un amico lontano, persa tra i ricordi, nella luce del mare cristallino che riflette il marmo bianco del lungomare, forse sarei ancora capace di coltivare i tuoi sogni, con la stessa cura maniacale con cui coltivavi le tue piante e un magico giardino della casa di mare, la casa dei nostri sogni perduti, come quelle sere lontane passate a rincorrere sorrisi. Da quanto tempo non sorrido più, cara Debora, da quanto tempo sono solo con i miei ricordi che cerco di riordinare e catalogare nel confuso panorama del passato! Di tanto in tanto osservo le stelle nella notte, scrivo parole che corrono nel vento e si cancellano nelle sere di tempesta, scruto il domani come un vecchio marinaio che cerca nel divenire il modo di fermare il tempo, mi ritrovo a pronunciare (come facevo a Trani, ricordi?) tristi parole d’amore che servirebbero solo a farti piangere. “Giovanni, dimmi una frase d’amore, ma senza abbandono…”, diresti. Non ne sarei capace. Le mie parole nascono sconfitte, sono un silenzio interrotto nelle sere invernali, un panorama di tristezze nella notte dei ricordi, campagne inesplorate e marine tranquille dopo venti di libeccio. Siamo così lontani, cara Debora, ma ancora mi resta nel cuore il sapore dei tuoi baci e il calore del tuo sorriso, quando pensavamo che il mondo fosse nelle nostre mani e la nostra vita una favola da vivere insieme decidendone la fine. Sono ancora un uomo che crede nelle fiabe e nel colore dei tramonti, che attende un cormorano planare sul balcone d’una casa di mare, in un panorama di vecchi ricordi, tra nubi rossastre della sera e il silenzio interrotto da lacrime perdute. Vorrei ancora vederti sorridere come un tempo, forte del nostro amore sul lungomare, vorrei non doverti scrivere per recuperare il sapore di giorni lontani. Il nostro mare è ancora davanti a noi che ci attende e la piccola spiaggia del nostro passato è il presente di tanti nuovi sogni che attendono soltanto di spiccare il volo.
Gordiano Lupi