Diario di bordo
Marco Lombardi. Artisti per la libertà 
La Turchia in piedi
19 Giugno 2013
 

Manifestare il proprio dissenso stando in piedi, senza muovere un muscolo, né emettere un fiato. Sembra una contraddizione, eppure il non agire è una forma espressiva assolutamente vitale. Come la fiamma di una candela, che solo osservandola da vicino svela imprevedibili guizzi. D'altronde anche i neurologi non sempre associano lo stato catatonico con un'assenza di movimenti, bensì col ripetersi degli stessi in modo lento o segmentato. Il binomio tra protesta ed immobilità non è peraltro inedito, si pensi alle forme di resistenza passiva nel sessantotto e, prima ancora, l'approccio nonviolento di Gandhi al cambiamento sociale. Eppure la contestazione “dell'uomo in piedi”, che sta diffondendosi in Turchia contro gli estremismi del regime di Ankara, ha una sua originalità. Ciò che le telecamere riprendono nelle strade e nelle piazze turche, infatti, è qualcosa di assimilabile ad una forma d'arte. Arte moderna, che meriterebbe un posto nella prossima Biennale di Venezia e chissà che non lo avrà. Quelle sagome umane, di sessi, età, stazze e portamenti diversi, singole o in gruppo, lanciano messaggi artistici mai uguali. Messaggi di libertà creati all'interno della cornice urbana. Non è un caso che questa forma di protesta sia stata ideata e messa in atto per primo da un coreografo, un professionista cioè della rappresentazione scenica di sentimenti ed emozioni. È facile prevedere che la forza pubblica dello Stato raderà al suolo queste opere d'arte viventi, ma non potrà mai cancellarne la traccia che hanno lasciato. In un mondo di freddi calcolatori, dove i numeri dell'economia sembrano spiegare tutto, forse sarà proprio l'arte a salvarci.

 

Marco Lombardi


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