Deve essere accaduto “qualcosa” ieri al Sole 24 ore se, alla fine, l’articolo sugli 8 senatori contestati sia stato affidato a Roberto D’Alimonte piuttosto che a un altro giornalista (Franco Colasanti) che mi aveva telefonato nel pomeriggio chiedendomi informazioni sui nomi dei senatori che sarebbero subentrati e su quelli che sarebbero decaduti in caso di accoglimento del ricorso della Rosa nel Pugno.
D’Alimonte ha scritto così un articolo killer contro le tesi della Rosa nel Pugno, per di più poco documentato visto che sbaglia sulle forze politiche possibili subentranti: non è vero che due degli otto seggi andrebbero alla lista Verdi-Comunisti italiani che, invece, ne avrebbe solo uno, mentre l’altro seggio spetterebbe all’Italia dei Valori.
D’Alimonte fa un goffo tentativo di buttarla in caciara. Vediamo perché.
Non è vero che i radicali contestano la legge che li avrebbe “ingiustamente esclusi”. Ne chiedono l’applicazione, visto che è chiarissima: se una coalizione non prende il premio di maggioranza perché con le sue forze supera il 55% dei seggi, non è previsto lo sbarramento del 3 per cento che, invece, è stato erroneamente applicato ai danni della liste della Rosa nel Pugno, dell’Italia dei Valori, dell’UDC, del Nuovo PSI, dei Verdi-Comunisti (Lista Uniti per l’Ulivo).
D’Alimonte sciorina una serie di suoi giudizi parlando di «insipienza del legislatore» e di «errore evidente» commesso nel non prevedere la soglia del tre per cento in tutti i casi. E – pur di contestare il ricorso della RNP – racconta frottole. Scrive che ad un certo punto il legislatore aveva notato l’errore, ma che «aveva deciso di non intervenire fidando che fosse sufficiente l’interpretazione letterale del testo per escludere futuri contenziosi». D’Alimonte fa finta di non sapere che è proprio l’interpretazione letterale ad essere richiamata dai ricorrenti e, soprattutto, evita di ricordare che un emendamento a firma di Nicola Mancino teso ad introdurre lo sbarramento del tre per cento fu bocciato, quindi l’intervento del legislatore c’è stato, solo che non è andato nella direzione auspicata da D’Alimonte che giudica il ricorso radicale «manifestamente pretestuoso», cosa che non fa il Ministro degli Interni Giuliano Amato che – rispondendo recentemente ad una interrogazione dell’on. Crema – ha testualmente affermato che in materia elettorale «l’interpretazione analogica sia molto opinabile quando si risolva in limiti a diritti politici fondamentali».
Mi auguro che il killeraggio di Alimonte nei confronti dei radicali, di Pannella e della Rosa nel Pugno, non nasconda la posizione ufficiale del giornale di Confindustria.
Rita Bernardini
(da Notizie radicali, 26 settembre 2006)