Annagloria Del Piano. Un ritratto di don Andrea Gallo, il prete da marciapiede | | 05 Giugno 2013
Era questa, insieme a tante altre, la definizione che don Gallo – morto il 22 maggio scorso – ha lasciato più volte, raccontando di sé. Un prete che ha sempre camminato con gli ultimi, gli emarginati dalla vita dei più, incontrati davvero sui marciapiedi del mondo. Fin dal principio, fin da quando, nel 1960 (un anno dopo la sua ordinazione), venne inviato come cappellano alla nave-scuola Garaventa, noto riformatorio per minori. L’incontro fra don Andrea Gallo e quei ragazzi fu decisivo per l’impostazione educativa che don Gallo volle imprimere a quella realtà: sostituire i metodi repressivi con una pedagogia della libertà e della fiducia. Da allora, questa è stata sempre l’ottica di don Gallo attraverso cui condurre il suo sacerdozio al servizio degli altri. Dopo vicissitudini varie, che lo portarono più volte a scontrarsi con le gerarchie ecclesiastiche, le quali di lui lamentavano una certa insubordinazione e la veemenza con cui portava avanti le sue innovative convinzioni, don Gallo venne accolto dal parroco di San Benedetto al Porto, don Federico Rebora, dove diede vita a quella Comunità che poi sarebbe divenuta la sua missione, la sua stessa vita.
Da quel momento il suo impegno fu ancor più radicato e radicale: dare assistenza e possibilità di futuro a tutti i diseredati che si avvicinavano a quella realtà, dapprima in modo circospetto o casuale, poi sempre più convinti di trovare in don Gallo e nei suoi fedeli aiutanti, rimasti per decenni al suo fianco, la boa a cui ancorarsi al riparo da esistenze allo sbando, fatte di droga, di prostituzione, ma anche di fallimenti, di delusioni e mancanza di fiducia in se stessi, con niente e nessuno come quella comunità, come quel prete, a proporre una possibilità di rinascita.
Ma don Gallo, che dormiva qualche ora di giorno per essere sempre “sul campo” la notte, allorché più gli si richiedeva di intervenire, manteneva anche altri progetti e sapeva spendersi su tanti altri fronti: quello della difesa del territorio e dei beni comuni, quello contro ogni guerra o intervento militare (lui che l’aveva conosciuta, la guerra… partigiano a sedici anni al seguito del fratello comandante di una formazione), quello per una finanza e una politica etiche, quello all’interno della sua grande madre Chiesa, per un rinnovamento di tanti suoi aspetti. Primi fra tutti: la riconsiderazione del tema dell’omosessualità sotto un punto di vista cattolico, della donna e del suo ruolo nella società e quindi anche all’interno delle istituzioni religiose (il sacerdozio femminile), la discussione sull’abolizione del celibato per i sacerdoti, l’accoglienza in toto di una autentica povertà da parte della Chiesa tutta. Per tutti questi motivi, don Gallo auspicava di poter assistere ad un nuovo Concilio.
Un ricordo personale: quando don Andrea Gallo qualche anno fa venne a Sondrio la sala era gremita di persone venute per ascoltare quest’uomo, questo sacerdote così determinato e carismatico. Certamente il suo era un modo di porsi molto spontaneo, il modo di parlare era quello di una persona abituata a farsi capire senza troppi giri di parole e con l’immediatezza dovuta alle persone che chiedono concretezza e risposte, non filosofia, per intenderci. Ma su tutto il suo ininterrotto e accattivante discorso, sopra al suo gesticolare e non riuscire a star fermo, al di sopra di tutto questo spiccò la sua autenticità. Il suo andare avanti con coraggio, nonostante gli attacchi dell’età, dei benpensanti e anche quelli ricevuti da una parte della Chiesa, nella quale sempre e comunque – diceva – ha continuato a riconoscersi.
Nell’occasione di quella serata, volle leggere una bellissima lettera, scritta idealmente a Fabrizio De Andrè, di cui è stato uno dei più grandi amici, tanto da considerarlo scherzosamente “il quinto evangelista”, per l’attenzione che il cantautore sempre dedicò nelle sue canzoni a quei personaggi considerati da tanti minori…
«Quanti Michè, Marinella, Bocca di rosa», disse don Gallo, «vivono accanto a me nella mia città di mare. Anch’io di giorno, come prete, spezzo il pane e verso il vino per chi ha fame e ha sete, andando a distribuirlo non solo fra le mura del tempio, ma per le strade e per i vicoli più scuri. Nell’esclusione, nella emarginazione, nella carcerazione».
Consapevole che, proprio in quelle realtà, risuona forte e chiaro quel famoso verso della canzone “Via del Campo”: dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior…
Annagloria Del Piano
(per 'l Gazetin, giugno 2013)
SUI GIOVANI: Le nuove generazioni non hanno bisogno di maestri ma di testimoni, nessuna predica, solo esempi.
Oggi c’è una crisi che è di sistema. I giovani sanno che è di lunga durata e che bisogna costruire un tessuto nuovo. È faticoso, ma anche entusiasmante, e noi non possiamo deluderli. Gesù, ti ringrazio per la scintilla di soggettività antagonista insita nei giovani che vogliono riprendersi il futuro. Ragazzi: resistete con fantasia, indignazione, non abbandonate la creatività.
SULLE DONNE: Gesù mandò Maddalena ad annunciare la Resurrezione, in un’epoca in cui la testimonianza femminile non aveva alcun valore giuridico. Per non parlare del dialogo con la samaritana, quando per un ebreo era proibito addirittura fermarsi a parlare con una donna. Sono esempi decisivi del Vangelo, riguardo alla donna. Eppure le donne sono le prime vittime di un’impostazione che vede il sesso come un problema da risolvere e loro come un pericolo e una tentazione. Invece la sessualità è un dono di Dio. Di questo Dio che è amore, padre e madre, come disse papa Luciani.
SULLA SOCIETÀ: Viviamo in un sistema che chiamerei delle spettanze, dove tutto è dovuto, e che per comodità si può articolare in tre A: apparire, avere e appropriarsi.
Proviamo a sostituire queste tre A con: amore, ascolto, accoglienza. Sarebbe una vera rivoluzione culturale.
SULLA CHIESA: Il rischio della Chiesa è la ripresa di un atteggiamento antagonistico rispetto alla società e alla modernità. Questo la porta a sentirsi assediata; occorre che eviti di rispondere in modo difensivo, che non aderisca ad un conservatorismo sempre pronto alle crociate.
La Chiesa non deve essere zittita nel suo annuncio a tutti del messaggio del Vangelo. Ma l’annuncio della parola di Gesù non può che essere mite e nel rispetto delle posizioni altrui. Abbiamo bisogno di una Chiesa che ascolti, che accolga prima di giudicare, che ami questo mondo prima di difendersene, che si nutra di creatività piuttosto che di paura, che sappia annunciare profeticamente piuttosto che accusare.
SU TUTTI I DISCRIMINATI PER LA LORO SESSUALITÀ: Bisogna puntare a una strategia antidiscriminatoria, tesa a garantire anche agli omosessuali, alle lesbiche, ai trans pari opportunità e dignità sociali, come sancito dalla Carta Costituzionale. Gran parte del disagio del cittadino omosessuale deriva dal diffuso atteggiamento intollerante, dalla sottile violenza della maggioranza, dall’oppressivo senso comune di massa che non sopporta le differenze, le diversità, i comportamenti che non rientrano nella norma quotidiana. Vorrei stimolare tutti ad avere un piano ambizioso. Sappiamo che molte proposte, anche se decisamente ragionevoli, si scontrano con strutture, organizzazioni, culture consolidate più grandi e più forti di noi. Ma sappiamo che questa è l’unica strada possibile per ridare dignità e speranza a chi non ne ha mai avuto, per riconquistare alla pienezza della vita civile e della democrazia una minoranza consistente del paese e soprattutto per conquistare il diritto di essere se stessi pubblicamente, esplicitamente, senza contestare le altre scelte di vita. È in primo luogo una battaglia di libertà e la libertà non si aggiunge semplicemente a quella altrui ma ne è parte integrante e costitutiva, poiché la libertà procede sempre da chi ne è stato storicamente escluso.
Nei box, alcuni estratti dal libro di don Andrea Gallo, Se non ora, adesso
(Edizioni Chiarelettere, 2011, pp. 155, € 8,00)
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