Per spiegare cosa fosse la suspense, uno specialista in materia come Alfred Hitchcock usava contrapporla alla sorpresa.
Per lo spettatore di un film, la sorpresa non dura che pochi istanti. Per esempio: un uomo scarta un pacco che ha l’apparenza di un regalo, e gli esplode tra le mani perché si tratta di una bomba.
La suspense, che Hitchcock prediligeva, ha una durante più lunga e può dare tensione a un intero film. Si sviluppa in vista di un evento prevedibile, ma che non si sa se e quando avverrà. Per esempio: un uomo ha aggiunto delle gocce di veleno nel bicchiere che contiene la medicina di sua moglie. Il bicchiere è in bella vista sul comodino accanto al letto, ma la donna, per una serie di contrattempi, quella sera tarda a berlo.
A partire da tale distinzione, si può affermare che il cinema di Abbas Kiarostami è tutto intriso di suspense, che la suspense è forse il suo principio fondamentale.
Come molti ricorderanno, Kiarostami è uno degli esponenti più noti di un gruppo di cineasti iraniani che hanno ottenuto grandi riconoscimenti nei più importanti festival cinematografici del mondo; e che sono stati in parte dispersi e repressi dal regime di Ahmedinejad. Uno di loro, Jafar Panahi è finito in carcere e gli è stato interdetto da un tribunale di realizzare film per venti anni: un divieto che egli trasgredisce come può: per esempio, girando un nuovo film interamente nell’appartamento in cui è recluso.
Kiarostami è oggi di fatto un esule. Ha realizzato un paio di film in Italia; mentre il suo ultimo, Qualcuno da amare, è una coproduzione franco-giapponese e si svolge a Tokyo.
Come è applicato in questo film il principio della suspense?
Beninteso: qui non si parla di omicidi. Il film ha per protagonista una prostituta e affronta i temi della passione e della gelosia. Ma ecco: i tre personaggi principali hanno un tratto in comune: un desiderio, ognuno il suo, che non riescono mai a realizzare.
Chi conosce un po’ il cinema di Kiarostami sa che una situazione ricorrente dei suoi film è quella in cui un personaggio, magari un bambino, per ottenere ciò che vuole, fossero solo pochi spiccioli per un comunissimo acquisto o l’indicazione di una strada, è costretto a sfibranti trattative, a infinite querimonie. Ora, finché girava i suoi film in Iran, poteva sembrare questa un’allusione a una società paludosa, immobilista, ancorata a tradizioni paralizzanti.
Ma ora anche nel Giappone di Qualcosa di amare si ritrova una dinamica – o una staticità – molto simile.
Così una prostituta vorrebbe prendersi una notte di libertà per salutare sua nonna, giunta apposta a Tokyo dal suo paese, avendo perso da tempo la tracce della ragazza, e non può perché il suo protettore, con modi signorili ma irremovibile, la costringe a incontrare un cliente di riguardo.
Il cliente – un professore universitario in pensione – vorrebbe passare la notte in compagnia della ragazza. Ma la ragazza, dopo una cordiale conversazione, si addormenta sul suo letto e l’uomo è troppo cortese per svegliarla.
Quanto al fidanzato della ragazza – che ignora il suo mestiere e sogna di sposarla – vorrebbe, se non passare la notte con lei, almeno sapere con certezza dove si trova: ma è depistato dalle bugie che, sia pure a malincuore, la ragazza gli propina in continuazione.
Ora, questo studio intorno a una situazione minimale – chi si aspettasse dal film sviluppi romanzeschi, resterebbe deluso – è dipinto con grande finezza, con sfumature sapienti, con la cura di un magistrale miniaturista. Trapela dal racconto se non l’ammirazione, almeno il fascino, per una società, quella giapponese appunto, attenta alle buone maniere, alla misura e all’eleganza dei gesti e dei comportamenti, dove la prostituzione – qui si tratta di una prostituzione, come si dice, di alto bordo, ma che sembra obbedire a un’antica tradizione – è esercitata con grazia.
Tuttavia il differimento spasmodico della realizzazione dei propri desideri – sopportata con rassegnazione inerte dalla ragazza, con ironica saggezza dal vecchio professore – è esasperante.
E questa esasperazione sembra materializzarsi in un sasso che rompe il vetro di una finestra dell’appartamento del professore, lanciato dal fidanzato geloso. E tra tanta discrezione, il gesto suona come una piccola esplosione.
Così, almeno per un momento, per dirla con Hitchcock, sulla suspense prevale la sorpresa.
Gianfranco Cercone
(da Notizie Radicali, 7 maggio 2013)