Nessun pregiudizio sulla natura “democristiana” di un governo, se questa richiama, in un momento storico dove nessuna forza politica sembra poter prevalere sulle altre, la capacità di saper ricomporre fratture ed aggregare interessi. Sarebbe però un grave passo indietro se essa comportasse l'involuzione confessionale del paese. Difficile allora non notare che Enrico Letta, nel discorso alla Camera, ha citato espliciti passi della liturgia cattolica. Ad esempio denunciando che “nessuno può considerarsi fino in fondo assolto dall'accusa di aver contaminato il confronto pubblico con gesti, parole, opere o omissioni”, in un richiamo diretto del Confiteor recitato nella santa messa. Ancora più evidente la conclusiva citazione biblica di Davide e Golia nella Valle di Elah, forse ispirata da un celebre monologo cinematografico di Tommy Lee Jones, ma qui utilizzata come metafora talmente forzata, da far pensare più ad una specie di rassicurazione ufficiale rivolta non solo ai deputati in aula.
Non si tratta di far questioni di lana caprina, ma di prendere atto di un orientamento che può condizionare l'esito di importanti riforme per il paese. Enrico Letta non ha parlato di unioni civili, definite invece una priorità in campagna elettorale, né di discriminazione omofoba, che ci vede inadempienti verso l'Unione Europea. Nessun riferimento anche alla bioetica, in termini sia di fine vita, sia di procreazione e non si tratta di temi marginali, visto che la legge 40/2004 sulla fecondazione assistita viene letteralmente smantellata da sentenze di tribunali sovranazionali e nazionali. Queste omissioni non sono frutto del caso, ma il risultato di un preciso indirizzo politico del tutto estraneo alla necessità di garantire al paese un laico governo di larghe intese. Un prezzo che si può scegliere di non pagare.
Marco Lombardi
(da R-esistiamo newsgroup, 30 aprile 2013)